Bunad sotto attacco, la Norvegia si divide

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Bunad, vestito tipico norvegeseIl vero norvegese ama il geitost (formaggio di capra) al punto da mangiarlo pure a colazione, si dedica a lunghe camminate con qualunque condizione atmosferica,inserisce l’argomento petrolio regolarmente nei discorsi, celebra le vittorie sportive dei connazionali come propri trionfi e sfoggia il bunad il diciassette maggio. Secondo i sondaggi, il settanta per cento dei norvegesi indosserà il bunad per celebrare la festa nazionale.

Il costume tradizionale norvegese ha origini rurali e varia nei colori e negli ornamenti a seconda della regione di provenienza. Proprio ora che si prepara a invadere le strade nelle parate della festa nazionale, questo simbolo del passato e della tradizione, è stato oggetto di polemiche accese sul quotidiano di Stavanger. Tutto è partito da un post sul blog “håndarbeiden” (letteralmente, lavori manuali) in cui l’autrice proponeva di personalizzare il bunad secondo il proprio gusto.

Perché non sostituire la tradizionale camicia bianca del costume di Stavanger con qualcosa di più vistoso, come una blusa di seta rossa? Perché non sfoggiare un bel paio di scarpe con il tacco, anziché il mocassino vecchio stile (molto vecchio stile) che di norma accompagnerebbe il vestito?In fondo, ha aggiunto, il diciassette maggio è il giorno in cui si entra in contatto con il maggior numero di persone, perché non ci si dovrebbe sentire a proprio agio? Perché limitare la propria personalità in nome della tradizione?

Le risposte non si sono fatte attendere. Molti, moltissimi non hanno gradito tale suggerimento. Il bunad, hanno scritto, è il simbolo dell’unità nazionale norvegese: i vestiti hanno tanti colori diversi, come tanti dialetti diversi parlano i norvegesi, ma tutti sono legati da una radice comune di orgoglioso legame con la tradizione. Almeno il diciassette maggio, tale orgoglio si deve manifestare, indossando il bunad così come è sempre stato.

I sostenitori a oltranza del fronte libertà personale, subito ribattezzati bunadrebeller, hanno invece lanciato l’ashtag su Twitter #pimpmybunad, postando foto delle personali modifiche apportate ai propri costumi; purtroppo è già stato rimosso, non so se per limiti di tempo o patriottica censura.

C’è anche chi, con tono più o meno scherzoso, ha definito il diciassette maggio il giorno più misogino dell’anno, in quanto costringe le donne a indossare ogni anno lo stesso costume, realizzato in un anacronistico tessuto non elasticizzato e stretto sotto il seno facendole sembrare un esercito di muffins.

Ora che la festa nazionale si avvicina i toni della polemica si abbassano gradualmente . I norvegesi ripescano dall’armadio il proprio bunad che, una volta indossato, li avvolge un’ondata di rassicurante tradizione che cancella qualunque dubbio e annulla, almeno per un giorno, la paura di rinunciare alla propria individualità.

Camilla Bonetti

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