Bye Bye Babylon, la guerra del Libano e i ricordi pop a colori

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Quel che più stupisce di Bye Bye Babylon, opera di grafic journalism di Lamia Ziadé, è l’esplosione di colori. I disegni ricordano la confezione Brillo di Andy Wharol, un concentrato pop sul fondo tragico della guerra civile libanese.

Il libro ricostruisce i primi anni della guerra, quelli dal 1975 al 1979, gli anni dell’infanzia di Lamia. Ci rimarrà incastrata, insieme ai suoi coetanei, dai 7 ai 22 anni. Quindici anni che possiamo leggere ancora oggi in un Paese roso dall’ansia di vita e di ricchezza, un’attitudine che fa sembrare Beirut una ricca capitale occidentale in una frenetica vigilia dell’apocalisse.

Ma inframezzati ai suoni delle granate, nella testa di quegli ex ragazzi rimangono i colori dei primi cartoni animati (quando la luce elettrica c’è), delle gomme da masticare, dei cioccolatini. Come se la privazione e la carenza avessero amplificato e ancor più mitizzato quei prodotti che altrove hanno segnato gli anni di un pacifico boom.

“...nei periodi di tregua i miliziani, strafatti, sprofondano nelle poltrone di velluto rosso dei bar dall’atmosfera ovattata, scolandosi in bicchieri di cristallo litri e litri di Dom Pérignon e di Martini, di gin e di Chivas mentre strimpellano al pianoforte, il kalasnikov sempre a portata di mano, e i cadaveri dei nemici ai loro piedi. E’ una guerra disinvolta. Da noi l’importante è lo stile”.


Il libro alterna i ricordi dell’autrice a disegni coloratissimi che tracciano una galleria di personaggi, situazioni ed emozioni che non solo hanno segnato la storia del Libano ma anche l’immaginario pop degli anni Ottanta. Pennellate di Beirut, pennellate di storia, che alternano tragedia e leggerezza. Se c’è un difetto nel testo, è il casino libanese in quanto tale, difficile da maneggiare e semplificare per chi non conosca bene la storia del Paese.

“Il disastro è totale, in poche settimane di tutti quei piccoli paradisi dove mi piaceva andare con mia madre quando ci recavamo in città non resta più niente. Abitavamo nel quartiere di Achrafiehm a solo poche vie dal Borj e dalla place del Martyrs, ma quando mi ritrovavo nel Borj, a Bab DDriss, nel Suq el-Jamil, in place Riad el-Solh o in rue Allenby, mi sentivo a Babilonia. E poi, d’un tratto, Babilonia è scomparsa“.

Bye Bye Babylon, Rizzoli-Lizard, 20 euro

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