Cara Fabbrica/ Ciano del marmo

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foto 2Si chiamava Luciano, ma lo avevano soprannominato Ciano i colleghi che ogni tanto lo vedevano al bar vicino alla ditta; a volte, più spesso d’inverno, capitava che vi si fermasse a bere un bicchiere con loro o a prendere un caffè a fine turno, magari guardandosi una partita.

Lavorava da circa 15 anni in ditta, era uno dei più bravi e si dedicava con buona lena e massima attenzione al taglio delle lastre di marmo. Era un tutt’uno con quella macchina enorme di cui sapeva a memoria rumori, cigolii, stridii e simili. Sapeva riconoscerne ogni minimo rumore sospetto anche mettendosi per sfida dalla parte opposta dell’officina. Negli anni ne aveva studiato tutti i movimenti e si vantava con gli amici di saperla regolare così bene da “poterci” registrare i secondi dell’orologio. Ne era dipendente e dal mattino appena chiuso l’uscio del suo appartamento di periferia, giù dove la città finisce verso la campagna, la “macchina” pareva essere il suo pensiero fisso almeno fino a quando rincasava.

Il “Tasi-tì” un operaio strafottente, uno di quelli che pensano di saperla lunga e di aver solo da insegnare agli altri, un tipo basso tondo come una palla che veniva da Foggia e si era trasferito qui a Padova con la famiglia, seguendo la moglie dipendente pubblica ospedaliera, aveva sempre da ridire su Luciano, sul suo operato e su quella mania della macchina che oramai era diventata – gli diceva con una risata sguaiata – meglio della f…  – e bisticciavano con la frequenza di almeno una volta alla settimana, arrivando alle mani se qualche compagno non li fermava in tempo. La moglie di Tasi-tì era infermiera ed andava in giro a fare medicazioni a vari pazienti immobilizzati a casa o anziani che ne avessero necessità. In una di queste sue visite, era andata a casa del Ciano che aveva madre e padre ammalati cronici. La moglie di Ciano non ce la faceva a seguirli, dato che aveva anche tre pargoli in età scolare da crescere e faceva la parrucchiera in nero per le case.

foto 6I due si conoscevano bene, ma al lavoro Ciano non voleva saperne di relazionarsi col Tasi-tì e quando questi aveva domandato al capo-reparto di stare alla stessa macchina di Ciano per poterla sistemare meglio, visto che lui aveva il diploma di perito elettronico, Ciano era andato in escandescenze ed aveva detto forte il suo “no”! Non voleva avere nulla a che spartire con quel tipo e la sua macchina l’avrebbe seguita e coccolata lui solo.

Quel giorno arrivò un cliente straniero, uno svizzero che aveva una ditta di esportazione di marmi in Medio Oriente e cercava una partita di lastre di marmo rosa Portogallo da portare ad un cliente di Dubai. Il capoarea chiamò subito Ciano per riferirgli di accompagnare il cliente svizzero a vedere il materiale e gli suggerì di portare anche Tasi-tì. Ciano di malavoglia lo portò con sé, ma se pentì subito. Si accorse subito di qualcosa che non andava alla “sua” macchina e che c’era qualche movimento fuori-fase rispetto al solito, ma il Tasi-tì lo contraddisse per altro di fronte al cliente che capiva molto bene l’italiano e insistette nel dire che non c’era nulla di anomalo nella macchina e che era già tardi per riaccompagnare il cliente all’aeroporto. Ciano controvoglia non si fermò e visto che era oramai l’ora della chiusura – saranno state le 18:30 – decise di andarsene a bere uno spritz al bar appena fuori la ditta coi colleghi dell’ufficio e con Giovanni e Mario che di solito lo aspettavano lì seduti a leggere la pagina del calcio.

La sera a casa se ne restò tranquillo davanti alla TV con la più piccolina sulle ginocchia per farle cavalluccio e ridere un po’ prima di addormentarsi, se non fosse stato che la moglie gli nominò il Tasi-tì e i suoi genitori e lui si incupì come faceva appena glielo nominava e per un attimo ritornò con la mente alla officina e ripensò alla macchina e a quel rumore anomalo che aveva sentito. Alla moglie non ne parlò: ci aveva provato una volta dicendole che la macchina era davvero bella, la migliore che ci fosse mai stata in ditta, una di quelle a cui ti puoi affezionare e che non molleresti nemmeno per un lavoro in ufficio e lei lo aveva liquidato in fretta dandogli del matto.

Ciano aveva un diploma di ragioniere, ma quando era entrato in ditta aveva ottenuto il posto come operaio qualificato, visto che aveva esperienza nel settore e che si era fatto anche tre anni all’estero in Germania in una ditta di prodotti per levigare e lucidare il marmo. La macchina era oramai ciò che dava un senso al suo lavoro, se la curava fino all’ultima vite e all’ultimo filo e conosceva anche le più lievi patologie sia meccaniche che elettroniche di cui quel modello potesse “soffrire”.

L’indomani mattina entrò puntuale presso l’officina, ma sentiva che c’era qualcosa che non andava: aveva come un presentimento e infatti da lontano intravide che attorno alla macchina, la “sua” macchina c’erano almeno quattro persone chine ad osservare e il Tasi-tì che andava e veniva dalla macchina ad un carrello pieno di strumenti e di materiale di elettronica. Si precipitò come un fulmine e in attimo vide che oltre il capannello c’era la “sua” macchina sventrata, aperta dove c’era la parte del computer da cui lui controllava le operazioni di taglio, il loro spessore, lo spostamento delle lastre e roba simile. Fu per lui peggio che se gli avessero dato una pugnalata: quando poi vide che ad intervenire e mettere mano nella hardware del computer, in un intervento “a cuore aperto” era proprio il Tasi-tì, gli prese una tale rabbia che dall’emozione svenne tutto ad un tratto e sarebbe caduto disteso per terra se non l’avesse sorretto Gianni, la guardia notturna che si era trovata lì a fine turno verso le sette e trenta ed era accorso a curiosare.

Quando rinvenne si trovò sdraiato sul divanetto dell’ufficio dove di solito si facevano accomodare i clienti per servire loro un caffè in attesa dei colloqui col direttore o del responsabile commerciale. Subito si alzò e si precipitò di nuovo alla macchina senza che riuscissero a fermarlo e con grandissima sorpresa vide che tutto era normale, che la macchina continuava a funzionare e che non c’era nessuno vicino ad essa. Chiese allora in giro cosa fosse successo e chi l’avesse aggiustata e come avessero fatto e perché non avessero chiamato lui; gli fu risposto “ma a cosa ti riferisci, Ciano? Guarda che qui è tutto normale da sempre; sei tu che all’improvviso sei svenuto davanti alla “tua” macchina e abbiamo dovuto portarti su in ufficio per farti rinvenire!”…”ma cosa dici?” ribatté Ciano e intanto si precipitò a guardare la macchina in tutti i suoi particolari, la torre dove si collocano le lastre, il carrello per lo spostamento delle stesse, e soprattutto il pannello di controllo con la tastiera e i vari monitor: in effetti era tutto in ordine  e davvero non capiva cosa fosse successo. Che fosse stato uno scherzo degli amici e chissà poi perché era svenuto? Magari mi hanno fatto bere qualcosa che mi ha fatto male… pensò tra sé e sé; ma poi gli venne in mente che poteva essere opera del Toca-tì. E andò a cercarlo per l’officina e nel parcheggio, nell’area relax dove di solito stava a fumare quel sigaro puzzolente che gli aveva impregnato d’odore i vestiti e la tuta e si inoltrò persino giù nella portineria, dove tutto era fatto di vetri ed era splendente di marmo lucido. Ma non lo trovò. Pensò comunque che prima o poi lo avrebbe incontrato e allora se ne sarebbero viste delle belle!!

Ritornò alla macchina e continuò a seguirla per tutto il giorno; anche alla pausa pranzo, che di solito era di un’ora, fece il possibile per mangiarsi solo un panino veloce e tornare poi alla sua fidata amica. Ogni giorno che passava in fabbrica, la sua maniacale attenzione per la macchina aumentava e cercava ogni scusa per non staccarsi mai da essa; i colleghi addetti alle macchine più piccole pensavano che fosse andato via di testa per via della malattia dei suoi genitori e a causa di quella brutta caduta in moto che aveva fatto qualche tempo addietro. In realtà Ciano stava vivendo in un mondo tutto suo una specie di sdoppiamento: a casa era tranquillo padre di famiglia e marito affettuoso, in ditta fanatico tutore della macchina, unico motivo che gli consentisse di pensarsi come “qualcuno” che contava all’interno dell’officina e di valere almeno qualcosa rispetto agli altri operai che erano numeri e strumenti per i proventi del proprietario.

Dopo due settimane dall’episodio dello svenimento, Ciano ebbe altre due manifestazioni del suo malessere: giramenti di testa, cefalee, una specie di nausea che lo prendeva alla bocca dello stomaco e non lo mollava per almeno una mezzora. Dopo era ridotto uno straccio, ma resisteva imperterrito davanti alla macchina. Anche ai controlli sanitari di rito non compariva nulla; all’improvviso quando stava fuori dalla officina tornava il Ciano di sempre, normale e sano come un pesce.

foto 7Un bel giorno, era verso la tarda primavera, una di quelle giornate di sole che non vorresti stare al chiuso in officina, ma farti una scampagnata in relax tra il verde – o almeno così dicevano i colleghi di Ciano al bar mentre prendevano un caffè di fretta prima del turno del mattino – appena entrati in officina Luigi e Santino, che erano in quel periodo vicini di macchina di Ciano, fecero l’amarissima scoperta: avvicinandosi alle loro postazioni per accendere i pannelli di controllo e avviare le macchine per la nuova giornata di lavoro, si accorsero che due lastre erano scivolate verso il pavimento e sotto c’era qualcosa di grosso che le faceva ancora oscillare. Si avvicinarono con un po’ di timore e scorsero un mano che usciva da sotto la lastra: chiamarono subito soccorsi e un collega col muletto dopo aver legato la lastra di marmo, la issò e ne emerse sopra la pozza di sangue il cadavere già freddo. Era supino con un braccio a coprire la testa come se avesse tentato di difendersi e si fosse accorto che qualcosa gli stava cadendo addosso. L’altro braccio era steso al di fuori della lastra. Non era un bel vedere nemmeno per quegli operai più forti e temprati da anni di lavoro: chiamarono subito l’ambulanza e gli addetti alla sicurezza, oltre che i Carabinieri per la denuncia. Il proprietario della ditta rientrò anticipatamente dal viaggio di lavoro fuori provincia ma dopo che il cadavere era stato rimosso e portato all’ ospedale per gli esami autoptici di rito.

Due giorni dopo ci fu il rito funebre; erano presenti quasi tutti i colleghi e il personale degli uffici, il proprietario con la moglie, il capoarea e davanti a tutti la signora Luisa, l’infermiera delle medicazioni a domicilio. Vicino a loro con la moglie, cupa in volto lei, stava “lui” con un sorriso ironico che gli illuminava il volto, come a dire: vedi che la macchina non mi ha tradito? Era Ciano.

Sul tragico episodio e sulla dinamica dell’incidente si sta ancora indagando, ma se si chiede in giro agli operai, son capaci di confidarti come hanno fatto a me, che Ciano dovrebbe farsi un esame di coscienza e che molti di loro lo avevano sentito qualche giorno prima minacciare il Tasi-tì che si era avvicinato alla “sua” macchina per dirgli che c’era qualcosa che non andava. Staremo a vedere…

Bruna Mozzi

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