E se ci muovessimo tutti meno?

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Le politiche del traffico sono inefficaci in tutto il mondo da almeno quarant’anni. Tutti se ne lamentano, tutti propongono le proprie soluzioni, nessuno prova a inventare qualcosa di nuovo. Se di tanto in tanto qualcuno esce con qualche idea nuova, il più delle volte viene deriso e giudicato “poco pratico”. Ricordo che alla fine degli anni ottanta un assessore di Padova – Mario Liccardo – per primo propose un piano del traffico innovativo nel quale inserì anche le piste ciclabili, che allora erano in Italia quasi non esistevano. Fu fatto segno di beffe e messo in ridicolo da una massa di ignoranti e corrotti. La maggior parte era sia ignorante sia corrotta: altri erano solo ignoranti; i restanti solo corrotti. Questi ultimi sottolineavano ad arte la presunta stupidità dell’assessore e il suo velleitarismo per il semplice fatto che sapevano bene che le sue idee erano valide e che avrebbero reso meno necessari i grandi investimenti in infrastrutture che essi proponevano. L’assessore non era assolutamente sprovveduto e sapeva bene che anche le grandi opere erano necessarie sia per risolvere alcuni problemi reali, sia perché gli imprenditori dei lavori pubblici sono così potenti che in qualche modo vanno comunque accontentati. Eppure, il solo proporre allora le piste ciclabili suscitava ansia tra chi non voleva vedere alterato un modo di pensare tale per cui solo grandi autostrade urbane, svincoli e tram potevano risolvere il problema del traffico.

Ricordo una famosa frase tratta da Memorie di Adriano di Yourcenar, che ho messo come introduzione al mio libro su Mobilità e Ambiente: “Come sempre s’invocavano ragioni pratiche per giustificare l’assurdo e condurre all’impossibile”. Ma i cosiddetti “pratici” non hanno risolto un problema di traffico da almeno quarant’anni e altri “pratici” si rivolgono ancora a chi ha ripetutamente fallito per risolvere il problema. Come chiedere al capitano Schettino una lectio magistralis su come gestire un naufragio! In effetti, queste persone il senso pratico l’hanno eccome! Ma solo per reiterare comportamenti vecchi con i quali fanno buoni affari.

Pensare diversamente al traffico si può e un’impostazione alternativa consentirebbe notevoli progressi sulla qualità della vita e sull’ambiente. Non è necessario nemmeno stravolgere tutto immediatamente, anche perché impossibile. Basterebbe iniziare un processo di cambiamento graduale. Di questo si ha paura e la paura è pessima consigliera. Oggi si resta legati all’idea che è necessario aumentare l’offerta di mobilità con nuove strade, nuove ferrovie, nuovi mezzi. Invece, l’idea base da cui partire per un nuovo piano del traffico urbano dovrebbe essere: come potremmo ridurre alcuni spostamenti inutili che ci creano solo disagio? Non è necessario stare a casa o nel proprio quartiere tutto il giorno, ma se in una settimana riusciamo a ridurre di un ventesimo o di un decimo i nostri spostamenti, la gran parte di tutti i problemi di traffico sarebbe risolta lasciando immutate le infrastrutture esistenti. La politica del traffico dovrebbe andare in questa direzione, vale a dire spostare risorse dalla mobilità inutile e dannosa, alla stabilità che consente una maggiore qualità della vita. Le telecomunicazioni lo consentirebbero. Quando nel 2008 negli Stati Uniti il prezzo della benzina improvvisamente raddoppiò, molti uffici ridussero le giornate lavorative degli addetti a quattro aumentando le ore di lavoro giornaliere o consentendo il telelavoro. Quando il prezzo scese di nuovo, ci si rese conto che il nuovo modello adottato per molti era molto più efficace e comodo di quello precedente. Fermo restando il diritto e il piacere di muoverci, perché non ridurre i movimenti penosi e inutili e inquinanti? Di questo si parla estesamente nel mio libro …

Corrado Poli

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