Egitto, due anni dopo Mubarak. "Morsi come Hitler, uccidono la rivoluzione"

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“Morsi è come Hitler”, ed è “peggio anche di Mubarak”. “Stanno uccidendo la rivoluzione, speriamo nei militari”. Parole dure, amare che due giovani de Il Cairo hanno confidato ad And. Le fotografie sembrano avere immortalato gli stessi attimi, la stessa giornata, ma non è così. Due anni dopo l’Egitto è ancora in piazza, pronto a protestare. Si chiede “pane, giustizia, libertà sociale”: le stesse rivendicazioni che l’11 febbraio del 2011 segnarono la fine del regime di Hosni Mubarak. Ora, mesi dopo le prime elezioni democratiche con la salita al potere dei Fratelli Musulmani con il presidente Mohamed Morsi, la situazione rimane di grande instabilità, con la sensazione che ogni giorno possa essere l’ultimo o il primo, a seconda del punto di vista politico.

C. e S., fratelli di 32 e 28 anni de Il Cairo (lei ragioniera, lui ingegnere), hanno descritto ad And quanto sta succedendo. Avvertenza: Morsi non ne esce bene, peggio di Mubarak. E la rivoluzione del 2011 sembra essere rimasta nel cassetto. ” Non ci manca Mubarak, lo odiavamo così quanto odiamo la Muslim Brotherhood – spiegano i due fratelli –  era solo meno peggio. Lui e Morsi sono entrambi dittatori,  la MB  è musulmana e dovrebbe governare con l’etica islamica, ma non è quello che la gente si aspettava, per questohanno perso i loro sostenitori comuni. Perché ogni volta che promettono qualcosa, poi fanno l’esatto opposto”. Con Mubarak, c’era “corruzione ovunque nello Stato, dal Presidente all’ultimo impiegato” e la “Sicurezza Nazionale era troppo brutale, non c’era una legge giusta”.

Ora si sta peggio di due anni fa. “La situazione  è cambiata davvero in peggio – ricordano i fratelli –  I Fratelli Musulmani hanno preso il potere, comandano la giustizia. Usano la religione per raggiungere i loro scopi politici. Abbiamo iniziato ad avere paura delle “barbe lunghe”, come gli Americani temevano musulmani dopo l’11 settembre” E ancora. “Morsi è come Hitler. Sono una grande rete col Qatar e l’Egitto è stato venduto al Qatar. I giovani qui sono molto coraggiosi, ma il loro sangue viene sparso invano. Tutti  stiamo protestando, anche se spesso i media ingigantiscono gli eventi: cerchiamo di farlo nel modo più sicuro possibile, ma inevitabilmente si arriva alla violenza e non per nostra volontà”

I ragazzi non risparmiano accenni ad eventuali brogli elettorali. “Non abbiamo votato per Morsi.  E c’erano molte chiacchiere che dicevano che Shafik (il candidato del vecchio regime ndr) fu colui che vinse realmente. Ma sotto le minacce del MB di colpire in tutto lo stato, il risultato fu manipolato“.

Il racconto dei ragazzi non dà troppo spazio ad un futuro migliore “Speriamo che un giorno elimineremo o perlomeno ridurremo l’ignoranza e la mancanza di cultura in Egitto (risultato di 30 anni di dittatura). Solo dopo saremo in grado di avere una vera e sana democrazia. Altrimenti avremo solo sprecato le vite di alcuni giovani e accartocciato il nostro benessere. Non abbiamo un potente partito democratico che rappresenta il popolo. I nostri leader (come El Baradie e Sabahy) non sono veri rivoluzionari, fanno una politica che non ci porta da nessuna parte se non sotto un regime fascista”.

Come in una versione moderna del Gattopardo, tutto è cambiato per non cambiare, se non in peggio. “Sia la polizia e il MB /Salafis utilizzano la forza bruta per eliminare la nostra rivoluzione. Ci stanno perseguitando, molestando, sparano contro i giovani rivoluzionari, specialmente quelli che sanno che potrebbero essere una minaccia per loro – concludono i due fratelli – La nostra unica speranza adesso per un Egitto  migliore (non l’Egitto che vorremmo avere, ma migliore) è che i militari prendano il Paese. La sensazione principale è che stanno uccidendo la rivoluzione e abbiamo bisogno di un fermo controllo dei militari che riprendano il potere dalle mani degli islamici”

 Elena Griffante – Enrico Albertini

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