Eliade, Cioran, Ionesco e il "patto del silenzio" sul fascismo romeno

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Rubrica “Il romeno della porta accanto” di Teodor Amarandei, secondo post

La trinità culturale romena, formata da Mircea Eliade, Emil Cioran e Eugen Ionesco, ha portato un contributo gigantesco al sapere universale. Nati all’inizio del Novecento segnarono in modo indelebile il loro secolo. Anche se romeni, vissero a Parigi e scrissero quasi tutta la loro opera in francese, figli di quella Romania francofona che diede i natali alla Giovane Generazione, movimento che lasciò la sua impronta su tutta l’evoluzione  culturale romena del secolo scorso. Eliade, dopo un viaggio iniziatico in India, pose le basi della storia delle religioni svelando all’Occidente il misticismo orientale. Cioran, tradotto molto anche in italiano, fu considerato il filosofo della disperazione per la sua visione sul mondo. Invece Ionesco inventò il teatro dell’assurdo, raggiungendo un successo immenso in Francia. Anche la loro vita fu straordinaria, il loro destino intrecciandosi in una lunga amicizia che nascondeva però un patto di silenzio sul periodo più oscuro del secolo scorso, compreso tra gli anni ’30 e ’40 e sulla sospetta rottura dei loro rapporti alla fine della seconda guerra mondiale.Cosa nascondeva il loro silenzio?

 

In Romania i tre intellettuali sono oggetto di venerazione tutt’ora, ma nessuno ebbe la curiosità, l’onesta intellettuale oppure il coraggio di mettere in discussione la loro rettitudine politica tra le due guerre. Questo silenzio imbarazzato e imbarazzante fu rotto solo dieci anni fa dalla scrittrice francese Alexandra Laignel- Lavastine con la pubblicazione del libro “Il fascismo rimosso: Cioran, Eliade, Ionesco. Tre intellettuali rumeni nella bufera del secolo”.

Per la prima volta veniva reso pubblico lo stretto rapporto tra l’opera di gioventù di Eliade e Cioran e l’apologia fascista della Guardia di Ferro, anche se in verità sono sempre esistite voci che sostenevano questa tesi, fortemente  smentite dai diretti interessati. In più, risulta difficile di capire la posizione di Ionesco, noto per le sue simpatie socialiste, che pur conoscendo il passato interbellico di Eliade e Cioran, decise di aderire al patto di silenzio e di non parlare mai di queste vicende.

Il libro provocò scandalo sia in Romania che in Francia. Per quanto mi riguarda, fu il secondo libro che scosse fortemente la mia coscienza personale e nazionale (dopo” La banalità del male” di Hannah Arendt).  Questo perché sono stato educato in una società che non ha mai fatto un percorso di riconoscimento e di pentimento sul ruolo avuto nella seconda guerra mondiale e nel genocidio degli ebrei (come ha fatto la Germania, ma non l’Italia e in questo siamo di nuovo maledettamente simili). Tutta la società romena negò la sua partecipazione agli orrori del Novecento, percorrendo un processo di cancellazione di questi eventi dalla memoria collettiva, finendo per inventarsi una nuova storia a cui credere veramente. Pur avendo messo in atto leggi razziali e aver partecipato direttamente e indirettamente allo sterminio degli ebrei, come anche l’Italia, la Romania  ha sempre negato la verità. E’ assurdo che, dopo quattro anni di guerra a fianco di Hitler, a scuola ci insegnano che il nostro paese fu tra i vincitori, per aver cambiato gli alleati quando ormai i sovietici premevano sul confine orientale.

Quindi la posizione di Cioran ed Eliade, di nascondere il loro passato, è purtroppo l’espressione del comportamento negazionista di tutta la società romena, che fatica a fare i conti con il suo passato. I tre passaggi riportati sulla copertina posteriore  (edizione italiana) mettono a nudo tutta la verità nascosta dai tre protagonisti del libro. Eliade constatava – forse deluso –  che “gli antisemiti tedeschi si sono limitati ad applicare le leggi rigorose contro gli ebrei senza abbandonarsi al minimo atto di brutalità”, mentre Cioran affermava entusiasta che non esisteva “nel mondo un uomo politico che mi inspiri più simpatia e più ammirazione di Hitler. La mistica del Fuhrer in Germania è assolutamente giustificata”.

Più difficile da capire è la scelta del silenzio da parte di Ionesco, nonostante dichiarasse in quegli anni che “per quanto riguarda Eliade e Cioran, non li posso vedere. Anche se non sono più legionari (come dicono), non possono troncare un coinvolgimento intrapreso una volta per tutte, essi rimangono legionari, quand’anche non lo volessero”. Queste rivelazioni mi hanno ricordato un passaggio ripreso da Hannah Arendt in cui si un ufficiale tedesco a Bucarest descriveva la crudeltà con la quale i romeni ammazzavano gli ebrei nei mattatoi senza tenere la contabilità.

Ma quello che mi tocca personalmente è il fatto che queste letture hanno svegliato in me ricordi d’infanzia che consideravo innocenti nei quali mio nonno, che per me rimane il migliore del mondo, mi diceva di stare lontano dal Tempio della nostra città perché gli ebrei bevono il sangue dei cristiani. Il mio nonno, uomo del Novecento, non ha più avuto il tempo per fare i conti con la storia, ma forse è arrivata l’ora che li facciamo noi con onestà intellettuale. Questo  per riconoscere e combattere i nuovi estremismi, perché colpisce come anche oggi pochi in Italia si scandalizzano delle posizioni della Lega e in meno ancora considerano il partito di Bossi per quello che lo è: un partito estremista. E questo perché romeni ed italiani abbiamo una maledetta coscienza collettiva selettiva.

Teodor Amarandei

Leggi il blog Il romeno della porta accanto

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