Geografia libanese - 1 (la linea verde umana)

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Durante la lunghissima guerra civile, durata dal 1975 al 1990, Beirut fu divisa in 2 dalla famigerata “linea verde”, che separava la parte Est della città, cristiana, da quella Ovest, musulmana. Un vero e proprio confine, con posti di blocco, cecchini appostati sui tetti e continui scontri tra le fazioni in lotta.

Questo confine non è altro che una lunga via, Damascus Road, che attraversa la città tagliandola quasi perfettamente a metà, in cui si succedono dai due lati chiese, moschee, palazzi in costruzione e vecchie case diroccate e abbandonate.

Anche oggi che è sempre intasata dal caotico traffico cittadino, questa strada è rimasta una specie di confine invisibile tra la Beirut cristiana e quella musulmana. Ogni volta che, in questi ultimi 20 anni di relativa tranquillità, vi è stata qualche recrudescenza di scontri, il fantasma della Linea Verde è tornato. I quartieri che si affacciano sul tracciato dell’antico limite sono stati teatro di incidenti più o meno gravi, dimostrando che sotto l’apparente calma covano sempre delle ceneri pericolose pronte a riaccendersi.

 

Ma il vero confine non è fisico, è nella testa e nei cuori delle persone. Cristiani e musulmani preferiscono sempre rimanere all’interno delle proprie zone, dei propri quartieri, e passano malvolentieri dall’altra parte, anche se la situazione sta sicuramente cambiando con le nuove generazioni. I centri della “movida” di Beirut, i quartieri di Hamra, musulmano, e Gemmayzeh, cristiano, attraggono giovani che hanno solo voglia di divertirsi, senza preoccuparsi troppo di quale chiesa o moschea frequenta il vicino di tavolo al bar o il DJ che mette i dischi.

Però in altri momenti la divisione è ancora forte.

Un mese fa, mentre rientravo in Italia, sono capitato in aereo seduto tra 2 libanesi: a sinistra (ovest) un adolescente musulmano, a destra (est) un cinquantenne cristiano. Con la loro consueta curiosità e socievolezza, entrambi hanno iniziato ad attaccare discorso con me. Il giovane musulmano era un po’ spaesato, andava in Brasile a raggiungere i genitori che non vedeva da 10 anni, da quando il padre l’aveva rimandato in patria a vivere con la nonna. Mi faceva un sacco di domande sugli aeroporti, gli aerei, mi raccontava la sua vita con l’entusiasmo ed il sorriso di un giovane che partiva per una grande avventura.

Il cristiano, sfogliando una rivista in arabo piena di foto di alti prelati e politici sorridenti e complici, mi raccontava della sua vita di immigrato in Italia, a Como, dove vive da 20 anni con i figli e la moglie. Si lamentava del fatto che il Libano fosse ormai invivibile, in mano ai musulmani sciiti, legati alla Siria e all’Iran, e che per i cristiani diventasse sempre più difficile mantenere un ruolo di potere nel paese. Prendeva un po’ in giro il ragazzo alla mia sinistra, la sua ingenuità ed ignoranza.

Insomma, per le 3 ore del volo Beirut – Roma mi sono trovato a mediare e negoziare tra le due fazioni. Da una parte la forza della gioventù araba, in continua espansione, dall’altra il rancore dei cristiani del Medio Oriente, timorosi di perdere il loro ruolo ed il loro status nella regione. E in mezzo? Una linea verde umana…

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