Germania, lavori in corso: li finanziamo noi

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Articolo di Fabrizio Tonello tratto da “Il Bo”, il giornale on line dell’università di Padova, http://www.unipd.it/ilbo

Per capire dove va la Germania oggi un buon punto di osservazione è la nuova biblioteca di Stoccarda, un brutto cubo bianco sporco che troneggia su un intero quartiere in ristrutturazione alla fermata di Mailänder Platz, che poi significa “Piazza milanese”. Dalla terrazza all’ottavo piano della biblioteca, aperta da pochi mesi, si vedono soltanto gru, decine di gru e centinaia di operai che, come formichine, scavano, trasportano, montano pali d’acciaio e posano tubi: un intero quartiere nuovo deve sorgere qui, dietro la stazione. Un’operazione urbanistica da miliardi di euro: solo la biblioteca, firmata dall’architetto coreano Euon Young Yi, è costata 79 milioni.

Stoccarda, Ulm, Monaco, Berlino: non c’è città tedesca dove i lavori stradali manchino di sconvolgere la circolazione, dissuadendo ulteriormente le automobili dall’entrare nei centri storici. I sindaci non hanno esitato a costruire parcheggi sotterranei ovunque, anche nelle piazze principali, e a rendere la vita così difficile ai veicoli a quattro ruote che tutti girano in bicicletta, o prendono gli efficienti tram senza protestare. Ma ora il denaro a costo zero ha moltiplicato le energie del governo Merkel e dei Länder: ci sono lavori pubblici sia nelle città che sulle autostrade, dove si rischiano incolonnamenti non per l’esodo di Ferragosto (che qui non si festeggia) ma per la circolazione su una sola corsia dove i pianificatori hanno deciso di ristrutturare, ampliare, migliorare. In maggio, il settore delle costruzioni ha registrato un aumento dell’attività del 12% rispetto allo stesso mese nel 2011.

Nelle polemiche quotidiane su Grecia e Germania, sui “falchi” dell’austerità a ogni costo e sulle “colombe” che vorrebbero salvare l’euro, si perde di vista un aspetto essenziale della situazione europea: in questo momento sono gli spagnoli, gli italiani, i greci a finanziare la Germania e non viceversa. La spiegazione è semplice: la fuga di capitali dai paesi mediterranei ha fatto affluire qui centinaia di miliardi di euro, investiti in titoli di Stato che danno un rendimento pari a zero, quando non addirittura negativo. I fondi di investimento o i semplici risparmiatori stanno di fatto pagando una piccola commissione al governo di Berlino perché tenga al sicuro i loro soldi, scommettendo che prima o poi nasca un “Euro del Nord” rivalutato del 10 o del 20% rispetto al valore attuale della moneta unica.

Può darsi che si sbaglino, ma per il momento il risultato è che dopo un decennio di stagnazione c’è un miniboom delle costruzioni e degli investimenti perché il denaro a costo zero ovviamente stimola l’attività economica tanto quanto il denaro al 7% o all’8% la deprime. Se nelle statistiche i risultati globali di questo miniboom interno ancora non si vedono è perché le esportazioni (che contribuiscono per il 33% al prodotto interno lordo e sono la spina dorsale dell’economia tedesca) vanno mediocremente: gli altri paesi europei stanno tirando la cinghia e non importano le meraviglie dell’industria tedesca quanto potrebbero se la situazione tornasse alla normalità.

Non solo: i consumatori tedeschi spendono con prudenza, assordati dall’incessante propaganda governativa sul tema della responsabilità, dei conti a posto, di quella “Haus in Ordnung” che è l’unica vera ideologia tedesca da 250 anni. Difficile, del resto, darsi alla bella vita quando il presidente della Repubblica Joachim Gauck è un austero pastore luterano e il cancelliere Angela Merkel severa figlia di un altro pastore protestante, per di più cresciuta nell’anticonsumistica Germania Est. Per accelerare e rendere durevole la crescita (circa l’1% del pil nel secondo trimestre 2012) occorrerebbe aumentare i salari e redistribuire il reddito: anche qui le disuguaglianze sono molto aumentate negli ultimi 30 anni. (1-continua)

 

Fabrizio Tonello

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