Giappone, bellezza e perfezione da scoprire dietro all’apparenza

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La prima impressione che ho avuto del Giappone non corrispondeva esattamente a quello stereotipo di ordine e perfezione rigorosa che si era creato nella mia testa, un po’ per luogo comune, un po’ per i racconti di chi c’era già stato e per le immagini che avevo visto.

Una volta atterrata all’Aeroporto Internazionale del Kansai (dopo quasi 20 ore di viaggio), mi aspettava un lungo tragitto in treno per raggiungere Yonago, che avevo atteso con entusiasmo poter per spiare i primi scorci di Giappone. Ho così attraversato, con il famoso “treno proiettile”, lo Shinkansen, le grandi città di Osaka, Kobe, Okayama. Dal finestrino del treno appariva di fronte ai miei occhi una vera e propria giungla urbana. Enormi palazzoni grigi, da cui risaltavano colorate e disordinate insegne pubblicitarie in caratteri kanji, si alternavano a interi quartieri di piccole abitazioni su due piani dall’aspetto fatiscente, talvolta con i panni stesi fuori, talmente vicine le une alle altre da sembrare compresse. I fili elettrici sospesi tra le case, tantissimi, ovunque, sembravano creare un’unica copertura sopra alle strade. Dove sono finiti, mi chiesi, i classici tetti in stile giapponese? O il famoso design minimalista della moderna architettura nipponica? 

Non avevo ancora imparato che la sua bellezza, il Giappone, non te la rivela subito, la devi scoprire pian piano, la devi cercare senza soffermarti all’iniziale apparenza

Tramonto sul Lago Nakaumi

 

La bellezza del Giappone io l’ho scoperta scorgendo, sempre dal finestrino di un treno, una gru appollaiata su un masso nel mezzo di un torrente, uno dei tanti che scorrono fra le verdi colline dell’entroterra tra Okayama e Yonago. L’ho assaporata poi guardando il mio primo tramonto sul lago Nakaumi, là dove spesso mi soffermo ad osservare le barche a vela all’orizzonte, oppure risalendo la collina lungo il sentiero che porta alle rovine del castello di Yonago. L’ho apprezzata osservando una enorme trota, di un arancione stupefacente, fra le acque di un ruscello a Tamatsukury, dove si può stare all’aperto con in piedi in ammollo nell’acqua termale; oppure spiando delle tartarughe che si scaldavano al sole, sopra ad un masso in mezzo al laghetto del parco. L’ho gustata durante la mia prima nuotata nel Mar del Giappone, in una spiaggia a Kaike, dove quella giornata dal cielo limpido mi regalò una splendida vista sul monte Daisen. E alla fine ho ritrovato anche quei famosi tetti in stile giapponese, in una stradina dove si susseguono una serie di piccoli bellissimi ma semplici templi, ognuno con la sua campana, la statua del Buddha e qualche alberello dalla forma strana. Li ritrovo ogni giorno quei tetti, su bellissime abitazioni sparse nei quartieri della città che attraverso in bicicletta, le stesse abitazioni da cui a volte riesco anche a scorgere, attraverso qualche cancello aperto, dei meravigliosi giardini, sempre in stile giapponese. 

  

  (Piccolo tempio buddista a Yonago)

 

 

L’ordine e il perfezionismo che caratterizzano questa cultura, non stanno forse nel panorama urbano osservato dal finestrino dello Shinkansen, ma si scoprono e si imparano nei molteplici gesti quotidiani che ci si ritrova a compiere vivendo qui. Basti pensare che, come è ben noto, in qualsiasi abitazione e spesso anche nei luoghi di lavoro, la regola è togliersi le scarpe prima di entrare, per preservare la pulizia e l’igiene dell’ambiente in cui si vive. Anche per entrare nei bagni che, sebbene siano sempre impeccabili, sono ugualmente considerati una zona “non pulita”, si mettono delle apposite ciabatte da bagno disponibili all’entrata. Quando in ristorante ci si siede a tavola, viene servito innanzitutto un asciugamano caldo e umido (oshibori), in una confezione sigillata, che serve a pulirsi le mani. Le bottiglie PET vuote da riciclare, prima di essere riposte negli appositi contenitori, vengono lavate, quindi si tolgono l’etichetta ed il tappo, che vanno buttati separatamente in altre due diverse tipologie di rifiuti. È vietato fumare all’interno di tutto il campus in cui lavoro, anche all’aperto nei piazzali e nei parcheggi, i fumatori devono quindi uscire all’esterno, in strada. Qui se c’è una regola, viene rigorosamente rispettata. Un esempio per tutti è il fatto che il sabato sera, di fronte ai locali in cui si beve e ci si lancia poi nel celebre karaoke, è un affollarsi di taxi pronti a riportare a casa chiunque abbia alzato il gomito, disponibili anche con un secondo autista per l’auto privata. Nessuno si mette al volante dopo aver bevuto. Il Giappone, in generale, è considerato uno dei paesi più sicuri del mondo, in cui vi è un’incidenza molto bassa di furti e reati. A me ha stupito come qui le persone, non soltanto spesso non chiudono le proprie biciclette a chiave o con lucchetti di sicurezza ma, fuori dai negozi e dai supermercati, lasciano tranquillamente nel cestino alcuni oggetti personali o acquisti precedenti, senza preoccuparsi di non ritrovarli poi all’uscita. I miei colleghi si sono fatti delle grosse risate quando ho raccontato loro che a Padova giriamo con vecchie biciclette e le chiudiamo con grosse catene e lucchetti. Questi sono solo alcuni esempi, alcuni frammenti di vita quotidiana, alcune usanze ho appreso stando qui. Possono sembrare banali, ma nel complesso contribuiscono a dare la sensazione di vivere in una società altamente ordinata e organizzata. 

Ogni giorno qui per me è una scoperta. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo. Ogni giorno ho l’occasione di apprezzare il posto in cui mi trovo e di conoscere un po’ di più la cultura di questo luogo.

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