Il poliziotto che sognava di migrare

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Con questo contributo prende il via MediterrAnima, la rubrica che il collega Marco Mostallino* (ex inviato del gruppo E Polis) dedica alle migrazioni del Mare Nostrum.

 

Il mare è come una donna: prima ti abbraccia e sorride, poi all’improvviso si agita in tempesta e tu non sai né quando né perché questo accadrà“. Vabbè, te lo aspetti da un poeta, non dalle labbra di un poliziotto algerino che, seminascosto sotto la visiera abbassata del gran cappello, nella pioggerella sparge pensieri, sogni e riflessioni insieme al fumo della Marlboro che gli hai offerto. La carriera di Boubaker e del suo collega Nacer non è brillante: a far la guardia, di notte, ad un grande magazzino chiuso non si guadagnano né gradi né dinari. Trentotto anni, Boubaker vive ad Annaba, città industriale in declino che con le sue cinquecentomila anime, per metà senza lavoro, ricorda tanto e troppo Taranto, il Sulcis in Sardegna o Priolo. Annaba dista appena 150 chilometri di mare dalla Sardegna, prima meta degli harraga (migranti) i quali a bordo di barchini da sei, otto posti lasciano l’Algeria in cerca di fortuna, diretti in Italia o Francia, ma che non sempre arrivano. L’ultima tragedia, taciuta dai media italiani, racconta di 43 ragazzi dispersi in mare, mai ritrovati, mai sepolti, abbracciati prima, stritolati poi solo da quel mare che, rivela Boubaker, assomiglia tanto ad una donna.

La sigaretta con i due poliziotti, entrambi di 38 anni, è il rito serale sulla via del ritorno all’albergo. Pochi stranieri in città, nessun turista, solo ingegneri italiani, capi cantiere spagnoli e tanti, tanti uomini d’affari cinesi impegnati negli appalti di autostrade, palazzi, interi quartieri in un’Algeria terra di conquista per le multinazionali del gas, petrolio e del cemento.

 

Boubaker aspira la Marlboro e la guarda, girandola fra le dita ogni due o tre tirate, quindi soffia lento un fumo umido di pioggia, poi continua a raccontare. “Les harraga sono partiti anche la notte del compleanno del Profeta, mentre la gente qui faceva festa con petardi e carne di montone. Si sono imbarcati giù, sulla spiaggia di Sidi Salem”. Lo guardi stupito, lui sorride e previene la domanda: “Certo che espatriare senza visto è vietato, ma ogni uomo nella vita ha diritto alla sua opportunità”.

Nacer ha due bambini, Boubaker non ha figli e così la sua mente galoppa senza briglie. Racconta che il lavoro è monotono e lo stipendio povero: al cambio coi dinari, appena duecento euro al mese. “Ma io – e il fumo subito si infradicia di pioggia oltre la visiera del chepì – voglio andare in Francia. Là si vive bene e i flic son ben pagati, là sì che val la pena di fare il poliziotto”.

Ciao Nacer, ciao Boubaker. L’ultima notte è asciutta e le Marlboro insieme stavolta sono tre, quattro, presto diventano un pacchetto fra tre uomini che salutano così la loro serena consuetudine.

Qualche mese dopo, il telefono squilla di notte mentre l’hai lasciato in casa. Torni, trovi la chiamata, è un cellulare algerino. E’ Boubaker. Che però non risponde e non risponderà. Domande, ricerche, ipotesi, quindi la scoperta. L’amico poliziotto è sbarcato con altri algerini in Sardegna e, assolto dal processo per immigrazione clandestina, ha trovato il suo nuovo posto nella vita: è il mediatore culturale e interprete della questura a Cagliari. Boubaker ha solcato un mare buono, che l’ha abbracciato senza scuoterlo via, regalandogli la sua opportunità.

 Marco Mostallino

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