I Kalenjin, popolo della corsa. Viaggio a Kericho: fra tè, maratoneti e multinazionali

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8 a.m. Wake up! Alla mattina ci si sveglia acciaccati, dopo 4 giorni in Kenya il tipico mal di schiena da matatu inizia a farsi sentire. La fame di scoprire cose nuovo si alterna alla voglia di starsene a letto a dormire. Il cielo coperto e il fresco tipico dell’agosto kenyano non aiutano certo ad alzarsi.
Oggi  sara’ poca la distanza stradale da percorrere ma sara’ tanta la distanza culturale, di tradizioni e di stili di vita che dovremo coprire, ci lasciamo alle spalle la terra luo per entrare in terra Kalenjin.
Kalenjin? Gia’ sentito? La prima cosa che dovrebbe venirvi in mente a sentire questo nome sono le scarpe da corsa Kalenji della Decathlon. Il nome non è di fantasia ma è stato invece ‘rubato’ al gruppo etnico dei Kalenjin, il terzo in ordine di grandezza in Kenya. Per completezza la Decathlon ha ‘rubato’ anche il nome delle tende Quechua dall’omonima popolazione che vive tra Peru’, Bolivia ed Ecuador.
I kalenjin in realtà non formano un vero e proprio gruppo etnico omogeneo ma sono invece la somma di tanti piccoli gruppi etnici accorpati al tempo del colonialismo considerando la continuità geografica delle terre da loro abitate e una certa omogeneità di lingua e storia. I kalenjin sono famosi per essere i migliori corridori al mondo (mezzofondo e maratona) questo per la loro naturale e culturale propensione alla corsa. Avete presente tutti quei kenyani che monopolizzano tutte le maratone, da quella di Paese a quella di New York? Il 95 % son Kalenjin. Per loro correre è la cosa più naturale del mondo. Fin da piccoli si svegliano, corrono per raggiungere la scuola e poi corrono per andare ad allenarsi. Una volta finiti gli allenamenti tornano a casa, correndo.
Dopo una lauta colazione si parte alla volta della citta’ Kericho, capoluogo dell’omonimo distretto che si trova nella parte sudoccidentale del Kenya e si erge sulle colline della Rift Valley. Grazie alla sua altitudine oltre i 2000 metri e alle sue pioggie giornaliere Kericho e’ terra di produzione del migliore te nero africano. Il Kenya e’ il quarto produttore mondiale di te dopo la Cina, lo Sri Lanka e l’India. Il paesaggio che s’incontra e’ di una bellezza rara con campi verdi che si stagliano per circa 40 Km. Benvenuti nel mondo della monocultura e delle multinazionali del te. La piu’ conosciuta e’ sicuramente la Unilever (produttrice del te Lipton) ma ce ne sono tante altre. Sulla scia del successo della campagna ‘Diciamo no all’uomo Del Monte’ molte multinazionali per paura di finire nell’occhio del ciclone han dovuto migliorare gli standard retributivi e offrire servizi alle comunita’ ospitanti.
A Kericho le multinazionali han costruito case per i loro dipendenti ma anche scuole, cliniche, centri ricreativi e chiese. Tutto ruota attorno alle attivita’ di produzione del te con tutti i lati positivi e negativi che questo puo’ avere. Il lavoro a Kericho non e’ difficile da trovare…ovvio pero’ che ci sia poca scelta e che il grosso dei profitti se ne vada in Europa a riempire le tasche al marchio che oltre al te Lipton fa anche  la maionese Calve’, i bastoncini Findus, i gelati Algida, il dentifricio Mentadent, il profumo Axe e pure il Cif. Una piccola casa e’ accessibile a molti anche perche’ spesso data dalla multinazionale stessa…certo pero’ che ci si deve accontentare di abitare in un’anonima casetta circondata da altre centinaia di casette tutte uguali, in fila, regolari, tutte terribilmente bianco panna…sembra di vedere tante case dei Puffi.
La cosa fa sorridere: la multinazionale iper capitalista che per massimizzare spazio e moneta costruisce case sul modello del villaggio comunista piu’conosciuto al mondo, quello dei Puffi per l’appunto.
Lasciamo la strada asfaltata ed entriamo in una strada sterrata che ci porta fino alla Momul Tea Factory, gestita dal consorzio kenyano KTDA. Ad accoglierci un responsabile dell’azienda che ci da dei camici bianchi che ci riportano con la mente agli esperimenti di chimica delle superiori. Visitiamo tutta l’azienda seguendo tutto il percorso del te: dalla ricezione allo sminuzzamento, ai vari pasaggi di essicazione fino all’impacchettamento…e chiaramente alla degustazione. Nel pomeriggio invece andiamo in campo a vedere e realizzare noi stessi l’unico processo, e in realta’ il piu’ importante, che ci siam persi…ossia la raccolta del te. Siamo gli unici punti bianchi in un mare verde.
La serata a Kericho passa veloce su morbidi divani e davanti ad un caminetto accesso. Chi agli amici ha raccontato che andava in Kenya, alla ricerca del sole e del caldo africano rimarra’ deluso.
La crema solare utilizzata a Mathare e’ ormai un ricordo.
Luca Marchina

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