Kosovo a due velocità

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Roberta Polese,  giornalista, è appena ritornata dal Kosovo. Continuerà a seguire, anche da qui, il percorso di ricostruzione, decostruzione… le ragioni di un conflitto che non si è esaurito ma che “bizzarramente” l’Italia e l’Europa sembrano, o vogliono, dimenticare.

Il Kosovo a due velocità. Quella di un’Europa che lo vuole sempre più moderno  ed emancipato, e quello della tradizione che lo isola, lo rende facile preda della criminalità. Si fa presto a fare i paladini dei diritti dei kosovari. Ma  i kosovari sono consapevoli dei propri diritti? La vogliono davvero una “democrazia” calata dall’alto? ma soprattutto sono disposti i kosovari a  rinunciare ai propri regolamenti di conti, a quell’anti-europea idea del “farsi giustizia da soli”?

Copyright Luca Barbieri

Mentre forze americane e europee difendono il territorio, presidiano i  confini, insegnano come funziona uno Stato Moderno, nei confini estremi del paese vige ancora la legge del taglione: il Kanun. L’antica legge non scritta  delle montagne è lontana da Pristina, che si sta organizzando per diventare una brutta copia di una città americana. E’ lontana anche da Mitrovica, dove la  guerra è diventata tensione permanente, dove i nemici sono i Serbi. E mentre gli albanesi del kosovo aspettano la libertà, mentre i grandi centri sembrano  un grande bazar filo-americano, c’è una legge parallela che si estende nelle montagne.  

Il kanun rende schiave decine di famiglie le une dalle altre. Occhio per  occhio dente per dente. Una famiglia che subisce un omicidio ha diritto imprescindibile di far pagare il pegno alla famiglia dell’omicida. La colpa si estende al primogenito fino alla terza generazione. La fine arriva solo quando giustizia è fatta. Risultato: per colpe dei padri centinaia di nuclei familiari  ora si trovano intrappolati nelle loro stesse case. Il “regolamento delle montagne” mette in riga le donne, sulle quali i loro padri e sposi, hanno pieno  potere. Una legge che fa di una promessa un patto di sangue. Una tradizione che trova forte radicamento nell’onore e in un principio totalmente anarchico:  “Tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio, ognuno ha diritto di difendere il proprio onore”. In questa autogestione la famiglia diventa il perno attorno a  cui ruota la vita sociale.  La famiglia allargata diventa clan, il capo è il componente maschio più anziano, i clan si dividono territorio e affari.  Qualcosa che assomiglia molto alla nostra camorra. Non è un segreto che gli albanesi facciano  affari con la malavita campana per la spartizione della droga in Italia.  

L’entrata del Patriarcato di Pec (Foto Luca Barbieri)

Tutto questo non trova posto nelle grandi strade nuove di Pristina, nei palazzi dell’Unione Europea, nelle belle stanze dell’Eulex, Osce Unimick e tutte le diavolerie che l’Europa si è inventata per “mettere ordine” in Kosovo. Per tutti quanti i nemici sono i serbi, i nazionalisti, guerrafondai, e  “crudeli” serbi. Meglio tenerli buoni, che se mettono le mani sulla terra del  gasdotto russo l’America comincia ad avere gli incubi. E intanto, ai confini della “regione che non c’è” c’è una legge non scritta molto più forte della  legge che l’Europa vuole imporre dall’alto.  

Roberta Polese  

Approfondimenti: Osservatorio Balcani 

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