La Fiat 500 L made in Kragujeva: dietrologia

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Foto di Bruno Maran

Ugo Pierri - Tempi moderni

Giorni fa l’amico Ugo Pierri mi ha inviato l’acquerello “Tempi moderni”, la sua personale visione del mondo della fabbrica oggi, poi ho visto che è nata la 500 L Fiat. La nuova vettura è nata infatti il 4 luglio, come la prima mitica 500 del 1957,oggi è quasi un suv e un semi-monovolume, che nasce per essere globale. La 500 L sarà ordinabile da questo mese, il prezzo di lancio parte da 15.550 euro. Il lancio vero avverrà a settembre. Progressivamente sarà commercializzata in cento Paesi, compresi gli Stati Uniti, dove debutterà forse nel 2013. La nuova Fiat sarà una superaccessoriata. Tra le curiosità c’è anche una partnership con la Lavazza. la 500 si è evoluta e ora fa anche il caffè… No, non è uno scherzo o una  battuta. La nuova auto avrà a bordo anche una macchinetta progettata da Fiat e da Lavazza, perfettamente integrata in uno specifico alloggiamento, che permetterà di fare un caffè. Un vero espresso italiano, assicurano Fiat e Lavazza….

La 500L è prodotta in Serbia, a Kragujevac, nello stabilimento inaugurato lo scorso aprile dopo tre anni di  continuo lavoro per riqualificare le infrastrutture e ristrutturare gli edifici, compresi gli interventi di bonifica e l’installazione delle nuove linee.  La sua ristrutturazione è stata completata grazie ad un investimento complessivo di circa 1 miliardo di Euro, 350 milioni coperti dal governo di Belgrado, 250 milioni dalla Fiat e 400 milioni da un finanziamento della Banca Europea per gli Investimenti. Grazie alla nuova progettazione e alla più completa osservanza del metodo WCM, World Class Manufactoring, capacità produttiva dello stabilimento di Kragujevac supera le 700 vetture al giorno.  A pieno regime saranno prodotte circa 200 mila vetture l’anno, dicono, al massimo saranno 60-70 mila….

A produrre la 500 L sono i circa 2500 operai superstiti del taglio operato nel passaggio da Zastava Auto a Fiat Auto Srbija – FAS negli anni dal 2008 al 2010 (su cui torneremo nella seconda parte).

La Zastava era stata fondata nel 1862 e produceva cannoni per gli Imperi ottomano ed austro-ungarico, divenne nel secondo dopoguerra la più importante realtà industriale dei Balcani. Produsse per anni auto derivate da modelli Fiat, da ricordare l’equivalente della 600, prodotta in quasi un milione di esemplari. Produsse poi modelli elaborati direttamente dagli uffici tecnici interni, la più famosa fu la Yugo, esportata anche negli USA.

Durante la guerra “umanitaria “ del 1999 fu pesantemente bombardata con 36 missili Cruise, feriti 108 operai che facevano gli scudi umani alle bombe. Colpita tra l’altro la centrale termica, che produceva energia per la città, provocando una preoccupante situazione ambientale con pericolosi effetti, ancora presenti, sulla popolazione oltre che sugli operai, specie tra quelli che rimossero le rovine. Da qui la bonifica a lungo termine pretesa da Fiat per lavorare nello stabilimento.

Il 1 febbraio 2010, la Fiat ha preso il completo controllo della fabbrica, espellendo i sindacati (guarda guarda..) e assunto solo 500 operai con contratto  a termine, negli anni d’oro la Zastava Auto impiegava oltre 36.000 dipendenti. Il suo nome  durante l’epoca della Jugoslavia socialista era Savodi Crvena Zastava – Stabilmento Bandiera Rossa e, fino allo sfascio della Jugoslavia, produceva 220 mila vetture l’anno, con più di 50 mila lavoratori e 280 imprese dell’indotto dislocate in 130 città jugoslave.

L’inaugurazione dello stabilimento della FAS è avvenuta il 16 aprile scorso presente Marchionne, il presidente della Repubblica Boris Tadić e gran parte dei ministri; non va dimenticato che il 6  maggio ci sono state le elezioni presidenziali, politiche e municipali…, ma Tadić è stato sorprendentemente trombato. Come già nel 2008, la Fiat cerca sempre di dare una mano… al governo serbo, anche in quell’anno infatti il protocollo d’intesa tra Fiat e governo serbo fu firmato il 29 aprile e le elezioni si tennero l’11 maggio successivo (alla faccia delle coincidenze!!!)

La Serbia offre molti vantaggi ai capitalisti: è l’unico Paese dei Balcani ad avere un regime di libero scambio con gli altri Stati dell’ex Jugoslavia, la Turchia, la Russia e la Bielorussia. Anche se il regime esentasse non è valido nell’auto per la Russia: sono in corso trattative con Mosca per sbloccarlo. In caso contrario Fiat aprirà uno stabilimento direttamente in Russia. Uno dei grandi capi Fiat è già da mesi a Mosca per costruire la cabina di regia dell’operazione.

L’accordo in Serbia prevede tra l’altro, che la Fiat sia esonerata dalle tasse locali e nazionali per dieci anni, riceva gratuitamente il terreno di cui avrà bisogno per eventuali sviluppi (al momento ha già ricevuto 20 ettari), che la città di Kragujevac sia zona franca. Il governo ha promesso la realizzazione di una bretella autostradale per collegare Kragujevac all’autostrada Belgrado-Niš (circa 30 km) ed il potenziamento della ferrovia. Si dice che tutte le spese siano  a carico dal Governo serbo (con la sua tranche di 350 milioni nella joint venture con la Fiat) e dal prestito dei 400 della Banca Europea degli Investimenti, garantito da un credito ipotecario aperto dal Governo sui capannoni. Si confermano i benefits anche per aziende dell’indotto, Fiat in primis: almeno 5 mila euro per ogni nuovo assunto, esenzioni delle tasse di qualunque tipo per dieci anni, zona franca doganale.

Secondo Glas Srbije, le aziende dell’indotto saranno quattro; secondo altre fonti potrebbero essere cinque o sei, tra cui Magneti Marelli, Arexons, ecc.

Queste le considerazioni raccolte da un dirigente sindacale serbo nel marzo 2011: Se non arriva l’indotto della Fiat tutto quello che è stato fatto finora si risolverà in un disastro. La fabbrica da sola non darà lavoro ad un grande numero di persone, sono previsti in totale 2433 lavoratori con una produzione massima di 200 mila automobili a pieno regime, che non è una grande produzione e non risolverebbe neppure il problema della disoccupazione a Kragujevac. Saremmo solo un piccolo granello di sabbia nell’impero Fiat. Senza l’arrivo dell’indotto il pericolo è che qui a Kragujevac si assembleranno pezzi di provenienza dall’Italia; si faranno lavorare circa 2500 lavoratori, avendo perduto 7500 posti di lavoro. In questo modo avremo regalato anche 350 milioni di euro (l’investimento del governo serbo) e creato 5 mila posti di lavoro in Italia. Qui non c’è produzione, non ci sono investimenti, siamo ad un passo dal baratro”.

In Serbia, oltre a Fiat, lavorano già molte imprese italiane, che “vanno assolutamente menzionate”» perché sono «ambasciatrici dell’economia italiana», come Golden Lady-OMSA e Benetton, ricordò a suo tempo Tadić.  Sono tutte imprese che hanno scelto la Serbia anche per i “valori aggiunti”, che Belgrado offre agli imprenditori stranieri. Tra i tanti, il salario medio, circa 400 euro netti al mese. Una manodopera fra le più specializzate della regione. Terreni e infrastrutture a prezzi concorrenziali, più incentivi statali per ogni operaio (anche fino a 10mila euro, che equivalgono nella peggiore delle ipotesi a 15 mesi di stipendio dell’operaio,  che finisce per essere pagato dal governo serbo. Governo, che deve provvedere già all’assorbimento dei prepensionati e la sussistenza dei cassaintegrati.

Alla luce di queste considerazioni sorprende il prezzo di lancio della 500 L, oltre 15 mila euro a fronte di paghe comprese tra 350 e 400 euro con punte di mille per i dirigenti serbi; quelli italiani distaccati laggiù hanno ben altri compensi, che possono arrivare anche a 10 mila euro al mese solo di stipendio per il capo supremo, l’uomo-Fiat che sta a Belgrado. Pochi euro ai lavoratori serbi, selezionati uno per uno e altamente ricattabili, grandi benefits ai colonizzatori italiani e alto prezzo finale per il mercato. Una volta a basso costo corrispondevano bassi prezzi di vendita e alta concorrenzialità, ora nella marchionneide non più, si produce a basso prezzo, ma si vende a caro prezzo, maggiori per chi? Ha un senso o un disegno tutto ciò?

A pensar male si fa peccato, ma si spesso si indovina (Giulio A.)

Fine della prima parte

Bruno Maran

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