La versione di Vera

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Detenuti in campi di concentramento, torturati, assassinati e gettati in fosse comuni, oppure storditi e lanciati nell’Oceano Pacifico mentre erano ancora vivi durante i cosiddetti “voli della morte”. Tutto questo nella più assoluta segretezza, per i loro familiari erano semplicemente scomparsi nel nulla: “desaparecidos” durante la dittatura militare argentina.
Il rapporto «Nunca Mas» della Commissione Nazionale argentina pubblicato nel 1984 ha documentato ufficialmente 8.960 casi, ai quali se ne sono aggiunti in seguito molti altri grazie a testimonianze e inchieste. Una verità che è emersa e continua a emergere grazie anche all’attivismo delle Madri di Plaza de Mayo, l’associazione delle madri dei “desaparecidos” che fin dal 1977 lotta per ottenere la restituzione dei loro figli e denunciare a livello internazionale questa strage.

Una verità che ci riguarda da vicino, che ha visto protagonisti, sia dalla parte delle vittime che dalla parte dei carnefici tanti emigrati italiani e che ha visto l’ombra lunga della P2 allungarsi fino a Buenos Aires.

Vera Vigevani Jarach, attivista delle Madri di Plaza de Mayo, porterà la sua testimonianza nella conferenza dal titolo Memoria e giustizia in America Latina. I conti con le dittature militari in Argentina, Cile e e Brasile, che si terrà venerdì 7 dicembre alle ore 15.30 in Aula M a Palazzo Cesarotti, in via Cesarotti 12 a Padova.

L’incontro è organizzato dai corsi di laurea in Scienze Sociologiche e in Studi Europei dell’Università di Padova in collaborazione con il Corso di aggiornamento professionale in Studi Latinoamericani diretto da Antonella Cancellier.

La conferenza si aprirà con una relazione da parte di Bruno Groppo, docente dell’Università di Padova e ricercatore del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica di Parigi, che approfondirà i risultati raggiunti dalle Commissioni di verità in Argentina e in Cile e Brasile, altri paesi sudamericani in cui si sono verificati casi di “desaparecidos”. A seguire gli interventi di Antonella Cancellier e Filippo Focardi dell’Ateneo patavino.

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