Longjing, tra piantagioni di the e traduzioni strampalate. Diario cinese / 3

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Terza puntata per il racconto di Silvia La Mura dalla Cina. Qui trovate la prima puntata introduttiva, e qui la seconda parte, sul viaggio a Hangzhou, una delle più belle città d’acqua della Cina, alla scoperta del suo magico Lago dell’Ovest.

Un posto in cui volevamo assolutamente andare era l’area di Longjing (龙井), famosa in tutta la Cina per il suo pregiatissimo (e costosissimo) the. Il nome della città, come al solito, è davvero simpatico e si traduce in “pozzo del drago”, e così anche dire di bere del the del Longjing diventa molto sciccoso, dal momento che si sta bevendo direttamente dall’acqua del dragone.

  • Longjing
    Longjing

Da bravi turisti abbiamo deciso di fare una visita al Museo Nazionale del The, aperto nel 1991, e che ora ricopre una superficie assurdamente vasta, includendo diverse piantagioni oltre che ai veri e propri palazzi che ospitano le esposizioni. L’opuscolo da solo valeva l’intera visita. Per chi non lo sapesse, i cinesi, governo compreso, hanno questa tendenza a perseverare in quello che si potrebbe definire “il becero uso di Google Translate”. Dai cartelli delle botteghe fino alla segnaletica, brochure, e quant’altro esista di cartaceo ufficiale, tutto viene tristemente tradotto in un inglese livello analfabeta o, alla meglio, in versioni senza senso, spesso sessualmente ambigue e il più delle volte completamente a caso (avreste dovuto vedere/leggere il giornale della scuola dove lavoravamo! Altro che Google Translate, usavano, pure male, solo Bing!). Tanto a loro non importa, un giorno non molto lontano conquisteranno il mondo e imporranno la loro lingue. L’imperialismo dell’inglese sta per finire, mwhawhawha!

Comunque, giusto per darvi un’idea, la guida del National Tea Museum ci dice che è “one of the first patriotism education bases in Zhejiang” e che sponsorizza “events concerning tea culture intercourse” e organizza corsi e conferenze su “International self-enjoyment tea seminar, Old people’s tea carnival etc…”. Forse è l’umorismo strano di chi studia lingue, ma io lo trovo divertente, e comunque non è che noi italiani siamo immuni da questi scempi linguistici. Questioni di traduzione a parte, il museo è interessante e si trova in una zona molto bella e profumata. Infatti, dal momento che per ogni casetta ci sono almeno dieci piantagioni di the, l’aria è impregnata di un profumo dolciastro, ma delicato, davvero piacevole.

Cosa abbiamo imparato quindi da questa visita, noi ignorantissimi di quella che è la cultura del the cinese?
1) Il the cura tutto, dal raffreddore all’impotenza.
2) Era l’equivalente dell’assenzio di Baudelaire & Co. per i poeti cinesi.
3) Come ci spiegano grandi tabelle con grafici, lo sviluppo dell’industria del the è alle stelle grazie al grande lavoro portato avanti da Mao in poi (la lisciatina al partito non poteva mancare).
4) Esempio di ode al the (questa è una mia traduzione veloce, per la versione “ufficiale” in inglese cercate “Thanking Meng for the Fresh Tea as a Gift” di Lu Tong):

Una ciotola di the placa la gola bruciante
Due allontanano la solitudine e i problemi
Tre accendono l’ispirazione e facilitano la scrittura
Quattro provocano una leggera sudorazione che calma la mente agitata
Cinque mi rinvigoriscono e sei mi rendono immortale
Sette sono più che abbastanza
facendomi sentire solo una leggera brezza salire da sotto le ascelle

Averle sapute prima queste perle di letteratura cinese, mi sarei iscritta a lingue orientali! Ironia a parte, la cultura del the in Cina è impressionante. Dal tipo di servizio da the che si può abbinare solo al the verde e guai al the nero, al tipo di acqua da usare per le infusioni, a come si versa il the, e così via.

  • Longjing
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Silvia La Mura
At the end of the rainbow

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