"Come pesci nell'acqua": l'incontro tra mafie, impresa e politica in Veneto

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Pubblichiamo un estratto dall’introduzione a “Come pesci nell’acqua. Mafie, impresa e politica in Veneto” di Gianni Belloni e Antonio Vesco (Donzelli, 210 pagine, 28 euro). Un libro importante perché i due autori, un giornalista il primo e un antropologo il secondo, indagano il tema con un taglio che va oltre la cronaca. Gli strumenti sono quelli delle scienze sociali e dell’inchiesta giornalistica: interviste in profondità, studio delle carte processuali, confronto con testi teorici e racconto di casi esemplificativi del modello inedito dato dall’incontro fra organizzazioni mafiose e imprenditoria in Veneto. Ringraziamo gli autori e l’editore. Segnaliamo la recensione apparsa su Veneto Economia.

L’oggetto principale di questo lavoro non sono le organizzazioni mafiose in sé, ma gli effetti del loro incontro con il contesto imprenditoriale e politico veneto. Da qui il titolo del volume, che fa riferimento alla centralità assunta dal contesto per le dinamiche operative delle mafie. Le interazioni tra gruppi di criminalità organizzata, impresa e politica in questa regione si strutturano infatti in forme del tutto peculiari e dipendono fortemente da pratiche imprenditoriali diffuse che sono rese particolarmente evidenti dalle dinamiche di interazione tra attori mafiosi e attori economici. In questa prospettiva, le mafie divengono un utile punto di osservazione per inquadrare le più ampie trasformazioni che hanno investito l’universo economico e politico locale nel corso della lunga crisi economica degli ultimi anni. L’analisi dell’operato dei gruppi mafiosi presenti in Veneto ha rappresentato un vero e proprio fenomeno rilevatore, una lente che deforma e ingrandisce i caratteri dell’economia, della politica e della società locale segnalando, in controluce, alcuni importanti cambiamenti avvenuti in questo territorio. Fin dal titolo, abbiamo dunque fatto riferimento ai mafiosi in quanto soggetti che trovano in questa regione un contesto favorevole per le proprie attività criminali.

Questo rovesciamento di visuale rispecchia una sensibilità di ricerca sempre più diffusa tra gli studiosi di criminalità organizzata, i quali interpretano la formazione e l’operato dei gruppi mafiosi come un fenomeno strettamente correlato alle caratteristiche dei contesti nei quali questi operano. Del resto, come è stato sottolineato, «i fattori che consentono la formazione della criminalità organizzata non sembrano derivare, se non in parte, dal mondo criminale, ma piuttosto da malformazioni, disfunzioni o incrinature delle istituzioni e delle regole del gioco» (Becchi 2000, p. 36).

La situazione veneta va inquadrata nelle più generali modalità che caratterizzano le interazioni tra gruppi di criminalità organizzata e circuiti economici nel contesto internazionale. Il mercato diviene dunque il principale spazio di azione dei fenomeni criminali indagati in questo volume. proprio attraverso il loro inserimento nelle reti lunghe dell’economia di mercato i clan mafiosi delocalizzano le proprie attività economiche in nuove sedi (si veda Martone – Vesco 2016). Sebbene proiettata in un immaginario economico-criminale di portata globale, l’azione dei gruppi studiati in Veneto si svolge in territori circoscritti, ovvero in contesti sociali specifici, fortemente connotati dal punto di vista delle culture d’impresa e delle culture politiche locali. Come vedremo, sia nei casi di espansione di gruppi criminali provenienti dal Sud Italia sia nei casi di genesi di nuovi gruppi in territorio veneto, il mercato rappresenta il principale terreno di incontro tra organizzazioni mafiose e società locale.

In altre parole, la prospettiva privilegiata in questo volume è dedicata alla strutturazione locale dell’economia di mercato, ovvero alle specificità dell’incontro tra i gruppi di criminalità organizzata e gli universi economici locali. Le pratiche mafiose e le attività dei gruppi criminali descritte negli studi di caso del volume (capitoli III, IV, V e VI) si costruiscono nel cuore del funzionamento del mercato, in seno ai sistemi di relazioni e ai processi di lungo periodo che ne influenzano e ne determinano l’effettiva regolazione.

Oltre a costituire una risorsa economica a disposizione delle organizzazioni criminali, i nuovi territori di espansione divengono spazi in cui i mafiosi sperimentano forme inedite di appartenenza ai propri gruppi di riferimento e alle composite reti di relazioni nelle quali si inseriscono. Come vedremo, in questo contesto i meccanismi di reputazione e le dinamiche di appartenenza a un gruppo criminale assumono forme peculiari e appaiono fortemente influenzati dalla ricezione delle interazioni tra i membri dei gruppi mafiosi indagati e i diversi soggetti locali con i quali interagiscono: imprenditori, professionisti, politici locali e altri soggetti con i quali essi instaurano relazioni di complicità. La percezione, mediatica e giudiziaria, della presenza mafiosa nelle aree interessate ha naturalmente conseguenze sulle forme assunte dall’interazione tra gruppi criminali e società locale, ovvero sulle modalità con cui si è strutturato l’incontro tra mafiosi e imprenditori. Per questo si è rivelato prioritario indagare i discorsi che compongono la diffusa narrazione intorno alle pratiche corruttive e criminali che caratterizzerebbero questo territorio. Il materiale empirico richiamato in queste pagine è stato letto anche alla luce delle narrazioni dei (e sui) soggetti coinvolti, a diversi livelli, nei casi studiati, a partire dalla constatazione, maturata nel corso della ricerca, che le dinamiche criminali e illegali messe in atto da imprenditori e mafiosi in Veneto non sono soltanto pratiche quotidiane vissute e agìte dai soggetti, ma costituiscono al tempo stesso elementi costantemente enunciati da questi ultimi nelle proprie conversazioni private. Oltre a fornire informazioni sui presunti reati commessi dai diversi imputati, le intercettazioni ambientali e telefoniche contenute nei documenti giudiziari e investigativi gettano luce sulle auto-rappresentazioni dei soggetti e sugli immaginari criminali di cui essi si fanno portatori, consentendo di tenerne conto nell’analisi.

Quanto agli imprenditori, al di là delle condotte collusive e delle utilità perseguite attraverso le proprie relazioni con i gruppi di criminalità organizzata, abbiamo ritenuto prioritario identificare alcuni dei tratti di un’identità costruita attorno all’emergere del Nord-est come complesso fenomeno culturale e sociale, oltre che economico. Fin dagli anni dell’esplosione del modello Nord-est, l’imprenditore ha rappresentato una figura sociale di riferimento, a cui è attribuita la materiale trasformazione di questo territorio e il riscatto economico che ne è seguito. Su questo soggetto sociale si è addensata la retorica del Veneto che fa da sé, potente dispositivo ideologico in grado di performare e indirizzare i caratteri della crescita di un territorio. La profonda crisi di questa narrazione ha portato con sé una divaricazione tra il lavoro d’impresa e il suo significato sociale, il suo senso condiviso.

Un’operazione altrettanto complessa è stata quella di individuare le trasformazioni che hanno investito la sfera politica. Figure tradizionalmente ritenute ai margini della costruzione dello sviluppo di questi territori, proprio dalla loro posizione marginale i politici incontrati nelle vicende affrontate hanno assunto un ruolo attivo nella costruzione delle dinamiche economiche che fanno da scenario all’incontro tra impresa e criminalità organizzata. In questo contesto, come vedremo, l’attore politico non si limita al ruolo di spettatore in nome della necessità di liberare il mercato dai vincoli della regolamentazione, ma rivendica le proprie prerogative e la gestione del proprio campo di competenza nel facilitare dinamiche illegali.

L’obiettivo della presente ricerca non è dunque quello di scandagliare le diverse componenti della società locale allo scopo di individuare la presenza mafiosa. Al contrario, le vicende in cui sono attivi gruppi di criminalità organizzata sono state analizzate allo scopo di rispondere ad alcuni interrogativi di fondo relativi alle caratteristiche dello scenario politico ed economico più ampio e alle logiche che ne regolano il funzionamento. Perché le diffuse pratiche di corruzione imprenditoriale riscontrate nel corso di questo lavoro appaiono legittimate socialmente? In che modo questo fenomeno – e l’immaginario sociale che lo sostiene – interagisce con l’azione criminale dei gruppi mafiosi presenti nella regione? Domande alle quali è possibile rispondere soltanto tenendo presenti le interazioni tra le concrete dinamiche politico-economiche diffuse in questo territorio e la costruzione sociale di un orizzonte comune di azione per mafia e impresa nel Nord-est. Vedremo così come il terreno della corruzione diviene il luogo predestinato d’incontro, l’inevitabile approdo di una serie di condotte proprie del fare politica e del fare impresa in contesto veneto. Nella prospettiva che proponiamo, la corruzione rappresenta la messa in pratica dell’economia di mercato in un territorio interessato da peculiari forme di impresa e dalla degenerazione di una peculiare subcultura politica (quella bianca di matrice cattolica raccontata dalle note inchieste sociologiche degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso).

La varietà dei soggetti coinvolti nei casi studiati è tale da mettere in crisi le categorizzazioni abitualmente utilizzate per definire le figure sociali che compongono l’universo imprenditoriale locale. In tale varietà sembra però rintracciabile un filo rosso che attraversa orizzontalmente – l’intero sistema economico veneto – e verticalmente – piccoli e grandi imprenditori, consulenti di successo, professionisti e mediatori finiti nel tritacarne della crisi economica – la cultura politica e d’impresa espressa da questo territorio. Una cultura che non possiamo intendere, naturalmente, come un tutto omogeneo, ma che delinea un orizzonte simbolico comune – il Nord-est – all’interno del quale i soggetti inscrivono le proprie condotte individuali. I due assi che attraversano la società produttiva del Nord-est, quello orizzontale e quello verticale, lungi dall’appiattire le diverse categorie sociali che incontrano (imprenditori, professionisti, mediatori, politici, funzionari ecc.) in un’unica grande classe che condivide idee e modalità di gestione dell’impresa, le scindono infinite volte, rendendo fluido ogni passaggio dal successo all’insuccesso e sfumata ogni responsabilità nella creazione di uno stile prevalente di fare impresa.

L’arco temporale in cui si concentrano molte delle vicende che abbiamo analizzato coincide con la grande crisi economica di questi anni. Diversi interlocutori hanno identificato la crisi come fattore propulsivo della presenza delle mafie. Alla luce dei casi analizzati è plausibile piuttosto ipotizzare che la crisi abbia accelerato dinamiche e tendenze già in atto, provocando la definitiva rottura degli equilibri economici e sociali che si erano consolidati in seguito alla grande crescita dei decenni passati. Il nuovo assetto economico che sta oggi prendendo forma conduce a nuove concezioni dello spazio e del territorio; e il territorio stesso assume un ruolo inedito nelle dinamiche produttive. La crisi ha accelerato l’entrata del sistema economico veneto in un nuovo mondo in cui l’incontro tra mafie, imprenditoria e politica assume forme peculiari. Sono questi nuovi assetti che il volume si è proposto di indagare.

“Come pesci nell’acqua” è disponibile sul sito di Donzelli editore.

Ti potrebbe interessare