Messner: «Inventare e difendere l’impossibile per renderlo possibile»

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Reinhold Messner e «il fascino dell’impossibile», un viaggio emozionante nella storia dell’alpinismo attraverso tredici cime leggendarie. Non poteva che essere uno storyteller d’esperienza e capace di trasmettere sensazioni forti come Reinhold Messner ad aprire l’edizione 2017 del Trento Film Festival #TFF. Con l’ausilio di esclusive immagini elaborate tramite rilevazioni satellitari, ci ha portato nella quarta dimensione della montagna, ovvero la dimensione che aggiungiamo noi quando la avviciniamo: l’emozione!

«L’alpinismo è l’incontro tra la natura selvaggia fuori e quella dentro di noi – afferma Messner – nella storia dell’alpinismo l’uomo si è posto sempre sfide impossibili, che una volta raggiunte sono diventate possibili».

Le cime e la date che tracciano la storia dell’alpinismo moderno

Ed è proprio attraverso queste sfide accolte e superate che si è sviluppato l’alpinismo moderno, nato nel 1786 con la prima salita alla cima del Monte Bianco. La montagna fino a quel momento era impossibile, mancavano i mezzi, l’uomo aveva paura e non nutriva interesse per le vette.

La scalata del Cervino nel 1865 ha determinato una tappa fondamentale, è da qui che inizia un nuovo approccio alla montagna, ci sono più mezzi, più possibilità economiche soprattutto per gli scalatori inglesi, i primi industriali d’Europa. Ed è così che non è più la cima la motivazione per salire e trovare nuove sfide, in quanto le cime più alte sono state scalate tutte, ma la sfida è la scelta della via per salire alla cima: chi riesce nella via più difficile è l’alpinista d’avanguardia. Dal 1865 ci sono tutti gli ingredienti per raccontare la montagna dei seguenti 150 anni.

Nel Novecento sono state tante le vie riuscite, considerate impossibili, ma rese possibili, dalle cime nella catena del Caucaso all’Aconcagua nelle Ande argentine al Nanda Devi in India, ma fino al 1950 nessuno aveva mai scalato un 8000 metri. Queste altezze erano impossibili con l’esperienza, il know-how e gli equipaggiamenti disponibili all’epoca.

Il primo 8000 scalato fu l’Annapurna, il gran massiccio nel Nepal e nel 1953 subito il secondo: per la prima volta si conquistò l’Everest, tracciando così la conquista di tutti gli 8000, il terzo fu il Nanga Parbat, sempre nel ‘53. Nel 1978 è stato possibile scalare l’Everest senza ossigeno, aprendo così la porta a molte idee che sembravano impossibili e che sono diventate possibili nei 40 anni successivi.

Gli ingredienti per fare un’avventura

Negli ultimi 50 anni l’alpinismo è diventato globale, come tutto il resto, c’è chi lo pratica su parete artificiale o tramite spedizioni turistiche. Ma Messner getta comunque delle sfide, rilancia sulla necessità dell’uomo di allontanarsi dal mondo urbano e civilizzato per far vivere l’alpinismo tradizionale, che si sviluppa solamente se ci sono queste due premesse: possibile ed impossibile. «Oggi ci sono ancora tante traversate e sfide per le generazioni del domani. Ora non conta più la difficoltà, è la lunghezza della via che conta, questa è la fida che dobbiamo metterci davanti», esorta Messner e continua: «Ripetere è molto più facile che andare a cercare di aprire nuove porte e per fare un’avventura servono 3 ingredienti: difficoltà da superare, pericolo ed esposizione, ovvero uscire dal mondo civilizzato e caricarsi di responsabilità. Il nostro istinto più forte è la sopravvivenza, sembra quasi schizofrenia andare dove si può morire per sopravvivere, ma quando si ritorna, questo da un senso di soddisfazione, come una sensazione di essere rinati».

Un uomo affascinante, capace di raccontare con la fantasia di un giovane sognatore anche con i suoi 73 anni. «Possiamo continuare a chiederci se ha un senso che l’uomo imiti gli scoiattoli e le scimmie, come aveva scritto a suo tempo il Times – dice Messner – ma a questo non c’è una risposta, io avrei ancora qualche bella sfida per i prossimi anni, non si devono più conquistare cime, anche gran parte delle vie sono state fatte, invito i nuovi alpinisti a trovare sfide strane, ci vuole creatività, inventando l’impossibile per renderlo possibile», conclude l’alpinista.

Se non ci fosse racconto, non ci sarebbe l’alpinismo

Il ritorno da queste avventure spinge gli alpinisti a raccontare, come Odisseo nella mitologia greca. Fino a domenica 7 maggio abbiamo la possibilità di seguire questi racconti attraverso il cinema e gli incontri proposti dal Trento Film Festival, una rassegna senza confini, che quest’anno vede come paese ospite l’Islanda.

Link: http://trentofestival.it/


Y:UFFICIO STAMPA2.Fotografie2.3 MessepersonalFoto 2016High ResMesse Bozen corporate portrait-43Cristina Pucher, nata a Trento e laureata ad Innsbruck in Lingue e Letterature straniere. Oggi lavoro come PR Manager – Brand & Communication di Fiera Bolzano e sono titolare di Rileggo, una piccola libreria nel centro storico di Trento.

 

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