Ségolène Royal e le primarie del Partito Socialista francese

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Da una decina di giorni le primarie del Partito Socialista sono entrate nel vivo e sono prossime a conquistare il monopolio delle edicole di tutta Parigi. Vittima di questa tempesta mediatica non ho resistito ad andare a sentire un comizio di Ségolène Royal. Uscito dalla metropolitana con un volantino dell’iniziativa, rientro nella metropolitana in direzione Montreuil, una banlieu appena fuori Parigi: eccellente campione della base elettorale della candidata.

Reduce dalla sconfitta alle scorse presidenziali, la Royal per conquistarsi la corsa all’Eliseo nel 2012 dovrà fare parecchia fatica. Nonostante sia stato eliminato il candidato più forte, Dominique Strauss Khan in seguito a una vicenda “giudiziaria” un tantino inquietante, la Royal dovrà misurarsi con Martine Aubry, sindaco di Lille e segretaria del partito, e con Francois Hollande, ex nella vita e nel partito. Oltre ai due più quotati per la tornata elettorale del 9 e 16 ottobre si presentano anche Arnaud Montebourg, Jean Michel Baylet e Manuel Valls.

Pure qua, curiosamente, il dibattito interno è caratterizzato da questioni giudiziarie; DSK a parte, Baylet è indagato per avere favorito moglie e figlio nella concessione di un appalto, mentre la Aubry e Hollande convivono con sostenitori scomodi quali rispettivamente Jean Noel Guerini e Robert Navarro, “assidui” frequentatori di tribunali.

Un aspetto interessante invece è il resto del confronto politico che prende quasi sempre spunto da precedenti o attuali esperienze come amministratori di comuni o regioni. E’ forse il dettaglio più consistente, che fa assumere al dibattito un’attinenza alla realtà, spesso trascurata da una politica e da un discorso politico un po’ immaginifici e artificiali e molto in salute dalle nostre parti.

Tornando a Montreuil. Dopo aver ascoltato i dieci interventi di rito che fanno da antifona all’arrivo delle star, la bella Ségolène fa la sua comparsa nel centro congressi ospite dell’evento. Sala piena, gente ammassata nei camminamenti, fin sotto il palco. In generale c’era una grande entusiasmo, urla, canti (allons la gagner!!!) e fischi ogniqualvolta si citavano persone sgradite alla platea. Un pubblico molto partecipativo. Le presidenziali a differenza delle regionali animano ancora l’interesse dei francesi con il loro 75% di affluenza al voto contro uno scarsetto 50%.

Il coinvolgimento crescente raggiunge l’apice con la dichiarazione finale, con gli impegni finali che la candidata si prende di fronte agli elettori. E ta daaa! Arriva “il contratto con la nazione” versione socialista. Dieci punti in tutto, si va da una riforma istituzionale all’indipendenza dei media, dagli Stati Uniti d’Europa ai temi sociali, tra cui la famiglia al primo posto e a seguire scuola, sanità e sicurezza.


Un contratto con la nazione e non con gli italiani segna il passo a due approcci differenti nell’utilizzo di uno strumento pressoché identico. Due distinzioni di fondo. Innanzitutto la tempistica e le modalità di divulgazione: da un lato un volantino distribuito svariati mesi prima delle elezioni in una sala stracolma di gente, dove le persone si passavano sopra la testa i pacchi di fogli, dall’altra un contratto firmato in televisione a cinque giorni dal voto.

Due strategie differenti che più o meno si incontrano nella clausola rescissoria del contratto. Berlusconi promise di non ricandidarsi se non realizzava almeno 4 dei 5 punti siglati, dichiarazione di intenti sostenuta dall’intenso lavoro del Ministero per l’Attuazione del Programma; la Royal propone invece la costituzione di un Comitato di sorveglianza degli impegni presi, composto da maggioranza ed opposizione. Soluzioni un po’ diverse ma entrambe utili a sancire una credibilità, che nelle forme e nei contenuti, si fa un po’ fatica a trasmettere.

Mattia Gusella

Ti potrebbe interessare