Singapore soffocata dallo smog - il serpente si mangia la coda?

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Immagine satellitare degli incendi.

Di solito, poco dopo essermi svegliato al mattino, mi siedo davanti al computer per leggere cosa è successo nel mondo. Vent’anni fa sarei invece uscito a cercare un giornale cartaceo da leggere a colazione. I tempi sono cambiati! Non saprei dire se siano cambiati in peggio, o se oggigiorno siamo semplicemente più esposti che in passato ad un flusso di notizie spesso catastrofiche che accadevano in ogni caso ma non ci pervenivano.

 

Il 18 Giugno il cielo sopra di me era azzurro, con delle nuvolette bianche da cartolina e col mare delle Andamane davanti a me che portava al mio respiro quella salinità energizzante tipica della brezza marina. In questo scenario idilliaco, a Krabi, in Thailandia, leggevo su internet notizie allarmanti: gli amici rimasti a Singapore si lamentavano della coltre soffocante di smog che aveva avvolto la città.
Il 19, già in aeroporto, di ritorno a Singapore, potevo avvertire quell’odore caratteristico di fumo di legna che stava tormentando tutti.  Appena uscito in autostrada, diretto verso casa, lo scenario davanti ai miei occhi era spaventoso e meraviglioso allo stesso tempo; ovunque una fitta nebbia limitava la visibilità come da noi in pianura padana d’inverno, solo che non si trattava di nebbia, ma di uno smog soffocante e velenoso.

La mia prima reazione è stata di chiedermi perché tutto questo stesse accadendo.

Una prima risposta, semplice, è che nell’isola di Sumatra, a meno di trecento chilometri da Singapore, la foresta pluviale stava bruciando e i venti prevalenti portavano il fumo fino a qui.

Una seconda, logica domanda è stata perché la foresta pluviale stesse bruciando. I commenti della gente rimandavano ai “soliti indonesiani che davano fuoco alla foresta per ottenere nuovi campi”. L’ addebbiatura è un antichissimo modo di ricavare terreni coltivabili incendiando la vegetazione preesistente. Sebbene il terreno ricavato sia molto fertile nel breve termine, si esaurisce molto rapidamente, dilavato dall’erosione, e diviene inutilizzabile nel giro di un raccolto costringendo alla ricerca di un nuovi spazi. Che si tratti di un metodo antico lo sappiamo non solo dalle testimonianze archeologiche, ma anche dai testi: già Giulio Cesare nel De bello Gallico scriveva a proposito degli Svevi che “privati ac separati agri apud eos nihil est, neque longius anno remanere uno in loco colendi causa licet“. (“Non ci sono campi privati e separati presso di loro, ne’ si possono fermare a coltivare uno stesso posto più a lungo di un anno).

Immaginavo, ridendo per non piangere, un gruppo di antichi Germani sbucare improvvisamente in autostrada dalla nebbia intenti ad incendiare qualche pezzo di foresta. Nelle foreste indonesiane di oggi esistono ancora moltissimi gruppi tribali nomadi che ne’ lo sforzo missionario dei colonizzatori olandesi e portoghesi negli ultimi quattrocento anni, ne’ quello del governo di Jakarta è riuscito a trasformare in sedentari. Le fotografie satellitari degli incedi in Indonesia tuttavia non mi convincevano di come pochi cacciatori raccoglitori avessero potuto creare un disastro di tali proporzioni: addirittura qui a Singapore alcuni uccelli cadono dal cielo, avvelenati dal fumo. [vedi foto a lato a destra]

La realtà è molto complessa ed affascinante anche se oggigiorno la complessità è fuori moda, non piace, la gente è stata indirizzata verso la pigrizia mentale e chiede slogan semplici che spieghino tutto. Quando questi non appaiono, la gente si arrabbia ed innervosisce.

Qual è il valore economico della foresta pluviale a Sumatra?

Innanzitutto vi crescono alberi di teak ed altre essenze pregiate, importantissime per l’industria dell’arredamento (mobili, pavimenti). Altri alberi di minor valore economico possono essere usati per produrre polpa di cellulosa, importantissima per l’industria della carta. Per chi semplicemente taglia la foresta e la spedisce via nave verso i mercati, il profitto immediato è enorme. Ogni volta che in Indonesia ci sono delle elezioni, i candidati contendenti hanno bisogno di grandi somme per poter finanziare le campagne elettorali e in alcuni casi, anche per comprare i voti. E come si ottengono le licenze per poter tagliare gli alberi? Con il vecchio metodo di chi paga la tangente più grossa al reggente della provincia. Naturalmente le ditte che prelevano legname hanno profitti talmente alti che per loro corrompere gli ufficiali in carica fa parte del business plan. Quindi ogni volta che in Indonesia ci sono delle elezioni importanti in vista, come il prossimo anno, il 2014, la corruzione aumenta perché aumenta il “bisogno” di denaro per finanziare le elezioni. Non appena la superficie è stata ripulita degli alberi entrano in gioco altri enormi interessi. Un altro modo del governo a maggioranza giavanese di assicurarsi il sostegno dell’elettorato è di promettere la terra ai diseredati dalla sovrappopolata isola di Giava. Questi  poveri vengono inviati dal governo ad occupare la terra appena disboscata a Sumatra, o nel Borneo, con la promessa di poter rivendicare la proprietà di quanto più terreno riescano a coltivare. Questa gente diventa il sostegno elettorale al partito che le ha concesso finalmente dei terreni in proprietà. Data la mancanza di mezzi economici, questi contadini primitivi riescono a mettere a frutto soltanto una parte della terra occupata, mentre il resto si degrada. Il fatto di averla ora in proprietà e non in concessione ne rende possibile la vendita.

A “soccorso” dei contadini impoveriti ed affamati intervengono quindi le ditte che producono olio di palma. Acquistano la terra a disponibile che è stata già resa disponibile tramite tutte le operazioni precedenti ad un prezzo irrisorio, senza dover affrontare i costi del disboscamento.

Qui i reggenti locali possono incassare altre tangenti per dare il permesso di piantare le palme da olio. L’Indonesia è infatti uno dei maggiori produttori di olio di palma ad uso industriale.

Se qualcuno di voi crede di essere innocente, forse è meglio che vi ricrediate: chiunque si lavi usa sapone che ha tra i suoi componenti i palmitati.

Quali altri aspetti comporta questa crisi ecologica? Perché il titolo Singapore soffocata dallo smog – il serpente si mangia la coda? Lo scoprirete domani, con la prossima puntata.

di Giovanni LOMBARDO, Singapore 22 Giugno 2013

Singapore soffocata dallo smog – il serpente si mangia la coda? [seconda parte]

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