Gelli, Pecorelli e l'agente Kominform

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Il 1979 è l’anno della crisi del governo di solidarietà nazionale e dell’estromissione di Andreotti dalle primarie responsabilità politiche nella direzione del paese.

E’ anche un anno di particolare attivismo della P2, i cui esponenti sono coinvolti, direttamente o indirettamente, in drammatiche vicende. Le agitate vicende del 1979, dal delitto Pecorelli all’ENI-Petromin, prospettano una revisione dei rapporti fra Andreotti e la Loggia. Manovre e operazioni illegali di quel che è stato definito il potere occulto della P2 sono tanto più attive quanto più il potere legale sfugge al controllo di Andreotti. Sembra esserci un rapporto di causa effetto fra operazioni della Loggia tese a creare un sottofondo di affari, di coinvolgimenti, di compromissioni e di ricatti a livello occulto e l’azione di Andreotti per mantenere o recuperare porzioni di potere a livello palese. In questo senso l’affare ENI-Petromin, come hanno testimoniato in molti, non poteva essere solo un grande affare, ma qualcosa di più importante con ripercussioni sugli equilibri politici. Diverse testimonianze hanno riferito, per esempio, della volontà degli esponenti della P2 di operare tra il 1979 e il 1981 per la soluzione del conflitto fra Andreotti e Craxi. Lo ha sostenuto Vanni Nisticò, riferendo del contenuto del colloquio avuto dal Maestro venerabile con il segretario del PSI  e lo ha accennato con linguaggio cifrato, lo stesso Gelli.

Così ancora è nel 1979 che i Servizi segreti (o una parte di essi?) consegnano a Pecorelli la citata informativa COMINFORM, perché questi ne faccia uso.

La Commissione d’inchiesta parlamentare Anselmi sull’Informativa COMINFORM.

Il 20 gennaio ’79 perviene ad un Centro SIFAR periferico una nota proveniente dall’Ufficio romano. L’Ufficio scrive al Centro periferico che “organo collaterale ha segnalato quale sospetto agente del Kominform un tale Gelli, non meglio indicato, da Pistoia” e chiede di svolgere accertamenti. Nel febbraio, il Centro risponde che il Gelli segnalato deve identificarsi in “Gelli Corrado”, né peraltro l’organo rispondente fornisce alcuna spiegazione circa l’identificazione proposta, per quali motivi cioè la notizia in possesso della sede centrale possa essere riferita a un nominativo (Gelli Corrado) con esclusione di un altro (Gelli Licio).

Nel settembre successivo, il Centro periferico invia all’Ufficio il documento noto come “informativa COMINFORM”, smentendo così la sua precedente segnalazione. Anche in questa occasione il Centro non fornisce alcuna spiegazione di tale strano modo di procedere, poiché non rende ragione né di questa sua definitiva identificazione, né delle ragioni dell’errore nel quale era incorso precedentemente, quando tale identificazione aveva negato. Risalta in altri termini, dalla corrispondenza, che accompagna l’informativa, un quadro invero singolare di rapporti tra una sezione periferica subalterna ed il centro, che mal si concilia con la subordinazione gerarchica esistente tra i due organi corrispondenti; la corrispondenza che accompagna il documento appare in tale contesto più il pretesto formale, burocraticamente indispensabile, per l’incardinamento dell’informativa nel fascicolo, che la reale rappresentazione cartolare di una procedura di acquisizione di notizie tra organi posti in posizione di subordinazione gerarchica e funzionale.

Nel rapporto si sostiene che Gelli, legato al partito comunista fin dal 1944, è per lo meno dal 1947 un agente dei servizi segreti dell’Est (Kominform). Avrebbe mascherato questa sua attività dietro quella di industriale e commerciante prima (trafilati di ferro e di rame) e di libraio in un secondo momento. Nella necessità di ottenere a tutti i costi un passaporto, Gelli si sarebbe iscritto prima alla Democrazia Cristiana, quindi al Partito monarchico e infine al Movimento sociale italiano. Vanterebbe relazioni con eminenti personalità politiche ed è in grado di spendere quantità di denaro esagerate rispetto alle sue probabili entrate. Il solito Centro periferico comunica all’Ufficio centrale il risultato dell’unico riscontro che era stato effettuato in ordine alle notizie contenute nell’informativa: la libreria di Gelli era stata sottoposta ad attenta sorveglianza e l’attività in essa svolta dal Gelli non aveva dato luogo a nessun sospetto. Non era inoltre risultato che al Gelli fosse stata perquisita l’abitazione perché sospettato di traffico d’armi e di spionaggio a favore dei paesi dell’Est, né tanto meno risultava che egli fosse stato segnalato dalla questura di Livorno quale elemento in relazione con una banda di contrabbandieri di armi e di esplosivo. Dopo una nota in data 1953, che riepiloga in termini molto blandi il tenore dell’informativa, segue nel 1960 un ultimo documento nel quale il Gelli è sostanzialmente presentato come un uomo di affari che non si occupa più di politica. A partire da questa data cade il silenzio su Gelli per ben 13 anni, per arrivare al 1973, quando con una nota si chiede se è possibile identificare Gelli con tale Luigi Gerla, segnalato nel 1964 per avere reso servizi ai Servizi segreti ungheresi (A.V.H.). Nella stessa nota si sostiene che “il soggetto afferma di avere avuto connessioni con il SIFAR e sembra avere connessioni con i circoli ungheresi”.

Dopo le considerazioni svolte sulla protezione accordata a Gelli dai Servizi non può non destare meraviglia che questo comportamento sia rovesciato radicalmente quando non solo il silenzio su Gelli è rotto, ma addirittura l’informativa COMINFORM finisce in mano al giornalista Pecorelli che, data la sua professione, inizia a farne un sapiente uso con il dosaggio delle notizie in essa contenute. Dosaggio parziale, che non è portato a compimento perché il Pecorelli è assassinato pochi giorni prima della preannunciata pubblicazione integrale del contenuto del documento. Documento che non poteva non avere effetti devastanti per il capo riconosciuto di un’organizzazione a carattere segreto con accentuata colorazione politica anticomunista, perché essa in sostanza conteneva due informazioni che certo non avrebbero fatto piacere ai sodali di un capo che si veniva a sapere era un delatore, un ex agente dei Servizi dei paesi dell’Est.

Nota: nei citati documenti dei Servizi inviati alla Commissione Anselmi, le indicazioni dei mittenti e dei destinatari sono sempre cancellate e non è quindi possibile stabilire con certezza la provenienza e la destinazione delle note.

20 marzo 1979, Mino Pecorelli, tessera P2 1750, giornalista in contatto con i Servizi segreti, direttore di Op, piduista anomalo che voleva giocare in proprio, depositario di mille misteri italiani, è crivellato di colpi nella sua automobile.

Le strade di Pecorelli e Gelli si sono incontrate due volte riguardo a dossier che Pecorelli voleva pubblicare, ma non appartenevano entrambi alla P2?

Sono interessanti i tre argomenti più scottanti che aveva trattato negli ultimi mesi di attività della sua rivista OP. Le rivelazioni sul passato di Gelli/Informativa COMINFORM e sulla sua collocazione politica; lo Scandalo petroli con le responsabilità dei generali Giudice e Lo Prete; la minaccia di pubblicazione delle fotocopie degli assegni per alcuni miliardi, che sarebbero stati pagati al presidente Andreotti. Nei giorni precedenti la morte del giornalista, Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, gli aveva consegnato 30 milioni di lire al fine di bloccare la pubblicazione della copertina della rivista tutta dedicata ad Andreotti (titolo previsto “Tutti gli assegni del Presidente”).

Nel fascicolo proveniente dal SISMI sono contenute due note scritte, nel 1972 e nel 1974, da ufficiali del Centro di Firenze su incarico dell’allora comandante del Raggruppamento Centri. Dal testo emerge che Gelli avrebbe affermato, in data precedente il giugno 1971, di essere un agente del SID. La confidenza fu fatta a più persone, alle quali Gelli fornì anche una serie di elementi di riscontro, risultati poi attendibili, tra questi il suo nome di copertura nel Servizio, Filippo.

Gelli si era trasferito nel 1962 a Frosinone come uomo di fiducia del commendator Pofferi, proprietario della Permaflex, che lo aveva nominato direttore dello stabilimento. Risalgono a quel periodo le commesse di materassi per la NATO, ottenute dal Pofferi grazie all’intermediazione di Gelli, ma qualcosa d’altro avvenne poi a Frosinone perché Gelli è accusato, secondo la nota del ’74, di essersi appropriato di 300 milioni della Permaflex. Alla fine del 1967, Gelli lasciò Frosinone per Arezzo, passando ai materassi della società Dormire, dove comincia il suo rapporto con i fratelli Lebole. Per la prima volta nella nota si parla dell’appartenenza di Gelli a logge massoniche. L’interesse della vicenda sta nella a dir poco singolare disparità di trattamento che i Servizi di informazione riservano a Gelli in sede periferica e in sede centrale.

La cronistoria dei fatti legati alla Loggia riporta che il 12 giugno 1979 è firmato il contratto ENI Petromin, auspice il presidente del Consiglio Andreotti, coinvolgendo il Segretario generale del ministero degli Esteri, Malfatti di Montetretto, il ministro del Commercio estero Stammati e il presidente dell’ENI Mazzanti, tutti della P2.

Il 10 luglio a Milano è assassinato Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata, da parte di un killer inviato, secondo l’imputazione, da Michele Sindona. Il 18 luglio, è autorizzato da Stammati il pagamento di una tangente del 7% sul contratto ENI Petromin con l’accordo del presidente del Consiglio dimissionario Andreotti.

Nella prima settimana di agosto, dopo il fallimento di un tentativo di Craxi, l’on. Cossiga forma il governo da cui rimane fuori Andreotti. Il Maestro venerabile Gelli convoca il presidente dell’ENI Mazzanti e lo minaccia di rivelare lo scandalo della destinazione della tangente del contratto ENI-Petromin. Nelle settimane successive lo scandalo dilaga e la fornitura del petrolio è interrotta. Con novembre l’affaire ENI Petromin diviene di pubblico dominio e ne è investita l’autorità giudiziaria e poi l’attività inquirente in sede parlamentare.

Verso la fine del 1979, Alfredo De Felice, della cerchia dei neofascisti, assistette ad un incontro tra Gelli e il ministro del Commercio estero Stammati, che doveva sottoporre a Gelli le bozze di un decreto economico del Governo…

Il deputato democristiano si iscrisse alla loggia P2 nel 1977 e, poco dopo, divenne ministro del governo Andreotti. Dopo le elezioni del giugno 1979, l’incarico di formare il nuovo governo fu dato a Cossiga, che affidò il ministero del Commercio estero proprio a Stammati, quando, precedentemente, lo aveva promesso al liberale Altissimo. Alle inferocite rimostranze dei liberali, Cossiga rispose: “Non ne ho potuto fare a meno; ho ricevuto tante pressioni…”. Nello stesso tempo Gelli, nella sua stanza all’Excelsior, si vantava con gli amici di avere imposto Stammati.

Leggi la prima, la seconda,   e la terza puntata, e la quarta ella storia della P2

Bruno Maran

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