Tra Gerusalemme e Gerico, dove riposa (forse) Mosè

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E’ li sperduta in mezzo al deserto, nascosta dietro ai tornanti di una strada secondaria, immersa tra le colline spoglie e polverose, avvolta dall’aria tersa e frizzante di una bella giornata di febbraio, scolpita dalle lunghe ombre del pomeriggio inoltrato.
In tutte le direzioni vedo una successione interminabile di ondulazioni, brulle e pietrose, sfumate nel delicato intreccio tra il marron nocciola della terra e l’azzurro indaco del cielo. Là sotto, in fondo al mio sguardo, c’è l’ultimo lembo della Valle del Giordano ed un lontano miraggio: la città di Gerico. Là dietro, al di là delle ultime colline, mi immagino il Mar Morto, invisibile da qui. E ancora oltre si disegna un’ultima linea sull’orizzonte: è l’altopiano della Giordania.
In questa semplice e accogliente moschea ai margini del mondo abitato dicono riposi in pace la buon’anima del profeta Mosè. In realtà sono solo i musulmani a crederci: nella tradizione ebraica e cristiana Mosè morì in Giordania, prima di poter calpestare la terra promessa, e nessuno sa dove sia stato sepolto.
A me sapere chi ha ragione interessa poco. Sono venuto a godermi la serenità di questo paesaggio immutabile, la bellezza estetica del santuario, il silenzio infinito del deserto, la pace dei sensi.
Vorrei sdraiarmi al suolo e osservare il cielo ad occhi spalancati fino all’arrivo delle prime stelle messaggere. Vorrei allargare le braccia e iniziare a girare e a volteggiare nell’aria pura e immota. Vorrei scendere a piedi per i sentieri di pietre antiche fino alle sponde del Mar Morto. Vorrei risalire per i pendii scoscesi fino alle alture di Gerusalemme. Vorrei, vorrei…
Quattro Appunti

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