Trasporto pubblico, come farlo funzionare

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Trincerati dietro il dogma indiscusso della richiesta di servizi pubblici come soluzione del problema, non si discutono gli aspetti dell’efficienza. Le imprese di trasporto pubblico sono tutte abbondantemente sovvenzionate (con le nostre imposte) poiché le entrate non riescono a colmare le spese. Su questo niente da dire. Però richiedere maggiore efficienza nel modo di spendere in nostri soldi è pure una necessità, soprattutto in tempo di tagli. Anche perché il servizio è pessimo e non si vede come possa migliorare senza un’adeguata riorganizzazione. Nella situazione attuale, ulteriori finanziamenti comporterebbero solo nuovi sprechi.

 

Il trasporto pubblico è organizzato sulle esigenze delle scuole. Gli studenti costituiscono fino ai tre quarti dell’utenza su alcune linee di autobus. Ma la scuola funziona per meno di otto mesi l’anno e il trasporto prevede spostamenti di meno di due ore al giorno per utente. In quelle due ore – mattina e primo pomeriggio – gli autobus sono superaffollati. Per il resto del tempo corrono semi vuoti. Per fare fronte alle esigenze del trasporto pubblico scolastico di quelle due ore giornaliere e otto mesi l’anno, i calcoli aziendali dimostrano che è conveniente acquistare autobus enormi, snodabili a tre assi. Anche se, quando viaggiano semivuoti, consumano più carburante e intralciano il traffico. Sono fastidiosi, pericolosi, inquinanti (per passeggero portato) e costringono gli autisti a un’attenzione particolare. Le aziende non si curano di questi aspetti.

La mancanza di flessibilità organizzativa delle imprese e la rigidità dei sindacati sono la causa di gravi sprechi e di queste disfunzioni. Di cui nessuno parla per inerzia mentale e timore di vedere messi a rischio interessi e rendite corporative. Le imprese sono costrette a utilizzare e pagare il personale per tutto l’anno e per tutto il giorno. Ci si scontra con la resistenza a contratti di lavoro part-time. Né si pensa di assegnare l’utenza studentesca a imprese specifiche. Ma scaricare questa parte di utenza, provocherebbe una perdita di potere da parte di chi gestisce denaro pubblico. Un caso eclatante di come gli interessi costituiti di sindacati e imprese costituiscono un ostacolo ai risparmi e all’efficienza. 

La soluzione consiste nel separare l’utenza scolastica da quella normale. In questo modo sarebbe possibile avere due imprese diverse che rispondono a esigenze radicalmente differenti. Per la scuola si potrebbero fare contratti di lavoro più flessibili per gli autisti e gli altri addetti. Le linee e gli orari potrebbero essere adattati con maggiore flessibilità all’utenza specifica. Per l’utenza normale – di dimensioni ridotte – si potrebbero utilizzare autobus di dimensioni minori. Inoltre, anziché concentrare gli investimenti sui soli autobus – sponsorizzati da chi li fornisce e non ha interesse a offrire altro – si potrebbe investire in sistemi a chiamata, centri di elaborazione dati e call center. Si otterrebbero notevoli risparmi e un trasporto pubblico moderno. Questa operazione, che rientrerebbe nella logica del risparmio di qualsiasi azienda, non si fa perché i rappresentanti politici sono ignoranti e succubi di lobby aziendali che da questa situazione ottengono vantaggi. E sono imbelli anche di fronte a sindacati che – seppure talora si chiamano federali – rappresentano sempre più interessi corporativi senza curarsi di altri lavoratori e dell’efficienza dei servizi.

Corrado Poli

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