Uccidere il padre, rendez-vous con Amélie Nothomb

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Amélie Nothomb, belga di nascita, è diventata un po’ parigina di adozione. E’ da poco uscito il suo     ultimo libro “Tuer le père” che si è imposto sugli scaffali della gran parte delle librerie.

Un po’ per caso, un po’ per fortuna passeggiando per la città, passo di fronte alle Librairie Gallimard, poco distanti dai Giardini del Lussemburgo. Sulla vetrina trovo un piccolo manifestino di un incontro con l’autrice. Molto soddisfatto della scoperta attendo che si avvicini il giorno fissato.

Un pochino in ritardo arrivo di fronte alla libreria e trovo una lunga coda che termina in strada. Con non poca sorpresa scopro che quella che credevo fosse una presentazione del libro è invece un vero e proprio incontro con l’autrice o meglio una caccia all’autografo e una chiacchierata di un paio di minuti. Un po’ deluso e tentato di andarmene, perchè follie del genere le avevo viste solo in qualche telefilm, alla fine scelgo di rimanere per soddisfare una piccola curiosità.

Rimango in coda un’oretta circondato da lettori ma soprattutto lettrici vestite, pettinate e truccate come la scrittrice. Amélie, con un bicchierino di vino che ogni tanto sorseggia, parla con tutti, gli bacia, gli abbraccia. La frase buona per tutti è “quanto amo la tal città…sono molti anni che vorrei venire a visitarla”.

Una volta giunto alla meta, guadagnata la mia dedica, mi dice che sono il quarto italiano della giornata e che alcuni sono venuti apposta dalla Sicilia. Fatico a nascondere una certa incredulità. Allora le dico che io invece ero convinto di venire a sentirla parlare del libro e lei molto tranquillamente mi dice “spiacente”. Mi dice però che l’11 ottobre ci sarà una vera presentazione. Poi le dico che tutto sommato, vista la coda, bisogna essere piuttosto ostinati per poterla incontrare. Lei mi risponde che siamo tutti vivi e contenti e che quindi non siamo più di tanto ostinati – risposta quasi scontata – .

“L’ostinazione è contraria alla natura, è contraria alla vita. Le sole persone perfettamente ostinate sono le persone morte”. Il libro inizia con questa citazione di Aldous Huxley. Ed effettivamente non è la condizione di essere morti, vale a dire il non poter scegliere e quindi il fare una scelta obbligata, a rappresentare l’ostinazione. Ma è proprio l’ostinazione come caratteristica di un atteggiamento o di una scelta di una persona che la uccide.

Norman Terence, protagonista del libro, rincorre il “figlio” Joe, il figlio che lui ha scelto, lo stesso figlio che non può dargli quello cerca, che lo aveva voluto ma che ora non lo riconosce come padre. Otto anni in cui lo cerca, lo segue, ma non gli parla, perchè alla fine la loro similarità, l’essere due maghi bravissimi, che ha fondato la loro vicinanza, non si è rivelata sufficiente a tenerli uniti, non era quello che gli serviva.

E infatti la buona Amélie semplicemente si limita a sentenziare che ormai “Norman era diventato folle”.

Mattia Gusella

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