A Nordest Di Boulder (Simone cervello in fuga)

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Li chiamano cervelli in fuga, ma sono molto di più. Sono persone. Sono i ricercatori e dottorandi italiani che, per scelta o necessità, lavorano e studiano all’estero, a tanti chilometri da casa. La storia di Simone (Boulder, USA) su Quadrante Delta.

 

A 8633 km da casa Simone, astronomo a Boulder (USA)Mi sto trasferendo a Boulder, piccola cittadina del Colorado, Stati Uniti d’America. Nelle settimane precedenti la partenza mi sono spesso abbandonato a voli pindarici circa la mia nuova vita, i quali, inevitabilmente, si riempono di domande.Come sarà il clima? Forse un po’ a sorpresa, è questa una delle prime cose che mi sono chiesto. Dicono sia continentale, ovvero estati calde seguite da inverni freddi. Tuttavia non avendo vissuto in una regione dal clima simile in passato, non capisco bene cosa ciò voglia dire e l’informazione mi è di poco sollievo. Come sarà la nuova casa? La porta d’ingresso, per esempio, ricorderà il portone metallico della mia vecchia dimora o, forse, sarà di legno massiccio simile a quelle dei rustici di montagna? E cosi’ via, per ore intere a cercare di immaginare, o meglio, prevedere, i dettagli di tutto ciò che di nuovo mi aspetta. Suppongo che questo porsi domande, anche le più banali, sia il mio modo di convivere con l’incertezza del futuro, soprattutto quello prossimo.In mancanza di punti di riferimento il mio fantasticare si focalizza su l’unica cosa di cui sono sicuro, il nome. Boulder non è un nome casuale, penso, visto che significa sasso o pietra. I nomi delle città europee non hanno perlopiù alcun significato apparente. E quando invece ce l’hanno, sovente si è trasformato nei secoli di storia e nel susseguirsi delle vicende umane sino a diventare irriconoscibile. Molte città americane, al contrario, hanno nomi ovvi, quasi banali, a testimonianza della loro recente fondazione. Alcuni sono copiati o semplicemente adattati da città europee. Altri riflettono la presenza di peculiarità delle popolazioni indigene che li abitavano o magari dei luoghi. Mi chiedo se Boulder rientri in questa categoria. Se cosi’ fosse, cosa avranno di speciale le pietre di questi luoghi per meritarsi di dare nome ad una città? Mi soffermo a pensare che la città si trova ai piedi delle Montagne Rocciose, maestosa catena che come una spina dorsale attraversa il Nord America. È evidente che le montagne siano fatte di roccia, dunque perché sottolinearlo nel nome? Certo, non posso escludere che i primi esploratori fossero dotati di poca fantasia, ma se invece, al contrario, ci fosse qualcosa di speciale in queste rocce tanto da dare nome a città e catene montuose? Come in uno stato onirico il tempo altera il suo naturale scorrere, ed i vecchi quesiti cedono il passo a nuove e sempre più dettagliate domande, in un filo continuo che a tratti sembra farsi materiale, tanto da avvolgermi.

Tutto d’un tratto uno scossone mi riporta nel mondo reale. Il boing 767 su cui mi trovo da un tempo che mi sembra infinito si sta finalmente avvicinando al Colorado dopo aver sorvolato una moltitudine di laghi canadesi. Il paesaggio scorre sotto di me, e si tramuta lentamente in una distesa arida color oro. A poco a poco, l’orizzonte si increspa e le Montagne Rocciose prendono forma. Tra poco vedrò con i miei occhi cosa hanno di speciale le pietre di questi luoghi. Chissà se anche io, una sorta di esploratore moderno, ne rimarrò colpito come lo furono i primi esploratori del nuovo mondo.

 

(Fine seconda puntata. Siamo a  9780 km da casa.)

Antonio Pilello

 

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