A Nordest di Coventry

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Li chiamano cervelli in fuga, ma sono molto di più. Sono persone. Sono i ricercatori e dottorandi italiani che, per scelta o necessità, lavorano e studiano all’estero, a tanti chilometri da casa. La storia di Giuseppe (Coventry, UK) su Quadrante Delta.

A 1995 km da casa.

Giuseppe, post-doc @Coventry (UK)

Proprio un anno fa sostenevo il colloquio per una posizione post-doc all’Università di Warwick, in Coventry, Inghilterra, il cui esito positivo mi venne comunicato un paio di settimane più tardi, ancor prima di concludere e sostenere l’esame finale discutendo la mia tesi di dottorato a dicembre. Ammetto che non è stato male avere già la certezza di un posto di lavoro ancora prima di concludere formalmente il dottorato di ricerca. Sapevo benissimo che non ci sarebbe stata la possibilità di rimanere nella mia università, dove ho svolto l’intero ciclo di studio, e da tempo avevo rivolto lo sguardo fuori. Nonostante tutto, non mi piace definirmi un cervello in fuga: questa definizione mi è scomoda. Sentivo, come sento tutt’ora ugualmente dentro di me, l’ intenzione di passare del tempo fuori, fare nuove esperienze, accrescere il mio bagaglio di conoscenze: credo che per chi si occupi di ricerca andare fuori sia un aspetto indispensabile nella propria formazione.

Dopo l’Erasmus durante la laurea specialistica e nei tre anni di dottorato mi sono un po’ abituato all’idea di avere la valigia pronta e di essere peregrino, un po’ di qua, un po’ di là, vuoi per partecipare a conferenze, vuoi per trascorrere dei periodi di studio fuori. L’Inghilterra non rappresenta la prima volta fuori ma assume una nota un po’ particolare, considerando che si tratta del mio primo contratto di lavoro, seppur a breve termine. E’ ovvio che lo stare qui non è esente da difficoltà, vuoi anche per il mio carattere introverso: del resto mi sorprendo io stesso di riuscire a stare fuori sebbene mi consideri un tipo “pantofolaio”, amante del restare a casa, un po’ per conto proprio, del quieto vivere.

Rispetto al resto d’Europa, il Regno Unito rappresenta un bel cambiamento in termini di abitudini, stile di vita. E’ un fatto che non esiste l’euro, ma gli inglesi sono affezionati alla loro cara sterlina. All’inizio avevo una certa difficoltà per via del cambio: ora col tempo, mi sono abituato alle loro banconote e monete: è forse un po’ strano o curioso vedere su di esse il volto della Regina impresso (se andate in Galles però, il volto della Regina non lo trovate).
E poi un altro grosso cambiamento lo si nota in strada: il senso di marcia è contrario al nostro e a volte mi sorprendo ancora di come gli inglesi possano avere il lato guida opposto a noi e utilizzare il cambio con la mano sinistra. Sembra innaturale! Non ho la macchina quindi il problema per me non si pone: faccio solo attenzione quando vado in bici o devo attraversare la strada. Ormai anche a questo mi sono abituato. Del resto anche altre cose vanno al contrario qui: l’ho notato con le le viti (sono sinistrorse, per avvitare occorre girare verso sinistra) e i rubinetti dell’acqua. Senza contare che di rubinetti nel lavandino del bagno non se ne trovano uno ma due: uno per l’acqua calda e l’altro per la fredda! Sciacquarsi la mattina diventa un’impresa.
Insomma, in Inghilterra parecchie cose vanno al contrario rispetto a buona parte del mondo. Del resto si sa, gli inglesi amano distinguersi.

Altro punto dolente dello stare fuori a cui difficilmente ci si abitua è la cucina: con l’esclusione di cheese cake e muffin, non ho trovato nessun piatto tipicamente british, o particolarmente interessante. Solitamente pare che gli inglesi vadano avanti a panini. Ma di certo io, un bel piatto di pasta non me lo faccio mancare.
A volte le giornate possono sembrare un po’ grigie, influendo un po’ sull’umore: il tempo purtroppo non offre granché: piove molto e spesso, e quelle poche giornate di sole che capitano vanno godute fino in fondo, soprattutto se cadono nel fine settimana. D’altra parte l’Inghilterra sorprende per la sua natura “piatta”: non vi sono colline o montagne, ma una vasta pianura di un bel verde vivo. E il verde è tanto qui e rigoglioso: noto spesso dalla finestra del mio ufficio in un piccolo prato con alberi scoiattoli o conigli che fanno capolino, timidamente escono fuori, rosicchiano qualcosa e vanno un po’ girovagando. Questi incontri non sono comuni da noi!
La città di Coventry non è molto bella devo ammettere. Ha anche avuto una storia tragica: essendo stata un centro industriale e produttivo molto importante in Inghilterra, sede di fabbriche automobilistiche (e lo è tuttora) è stata rasa al suolo dalle V2 tedesche, quasi a voler simbolicamente colpire il cuore del paese. E infatti ci troviamo quasi al centro: tra le città inglesi è quella più distante dal mare, e il mare un po’ mi manca, soprattutto il mio di mare!

Col passare del tempo, mi chiedo sempre più spesso come la mia vita possa evolvere in futuro, a quali cambiamenti andrà incontro, cosa farò io da grande! E’ una domanda che non dovrei più pormi considerando che probabilmente ho indirizzato la mia vita verso una certa strada, ma continuo a chiedermelo. La precarietà, il tempo di crisi che stiamo vivendo, non offrono molto di positivo ma condizionano parecchio creando un senso di smarrimento o di dubbio. Ora sono qui, domani chissà dove, e dopodomani chissà dove ancora! Tutto questo lo vedo e l’ho visto con ragazzi come me o più grandi che hanno intrapreso la strada della ricerca, italiani e non. E vedo tanti ragazzi da ogni parte del mondo, tante culture che si incontrano in uno stesso e piccolo posto. E’ bello fare ricerca, dedicarsi ad essa, ma può costare in termini di lontananza da casa, famiglia, amici. Posso dire che a me piace, anche se a volte faccio un sacco di fatica, tanta, e cerco sempre di motivarmi trovando delle novità in ciò che faccio. Penso alle volte: “Ma ha senso fare tutto questo? ”. Forse non sempre quello che si fa è particolarmente importante, non sarà probabilmente un lavoro da premio Nobel, ma certamente chi ricerca qualcosa di buono prima o poi trova! E non solo per se stesso!

 

(Fine quinta puntata. Siamo a 25844 km da casa.)

Antonio Pilello

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