AlabANDa #2: “Tutta la verità sulle foibe”

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Eric Gobetti – E allora le foibe? – Editori Laterza, pagine XVII – 116, Euro 13

Ha scritto Niccolò Machiavelli nei Discorsi sulla prima deca di Tito Livio: “La variazione delle sètte e delle lingue, insieme con l’accidente de’ diluvi o della peste, spegne la memoria delle cose” (Libro II, cap. V). Con la parola “sètta” – spiega Adriano Prosperi in un suo recente saggio intitolato “Un tempo senza storia” (Einaudi) –, Machiavelli intendeva la religione cristiana, artefice di una cancellazione del mondo pagano. Possiamo avvertire questa cancellazione come l’inabissarsi di un intero mondo di riferimenti, di significati, scoloritura di eventi dei quali restano poi solo flebili tracce, tracce che sarà poi compito degli storici sottoporre al difficile e controverso vaglio dell’interpretazione, al fine di ricostruire un’immagine residua di quanto scomparso.
Ma non sono solo le le religioni, le lingue, i diluvi e la peste a compiere l’opera di cancellazione. Si può infatti cancellare qualcosa persino scrivendoci sopra per conservarla, utilizzando insomma l’esibizione di certi fatti per coprire il contesto dal quale sono scaturiti e, evidenziandone alcuni aspetti particolari, dare così un quadro tendenzioso dell’accaduto. È questo il caso degli avvenimenti occorsi tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945 nei territori del cosiddetto “confine orientale” – ovviamente secondo la prospettiva italiana – a proposito dell’uccisione e l’occultamento di molte persone in seguito agli scontri tra nazifascisti e partigiani. Per illuminare quei tragici eventi, come noto, nel 2004 venne istituito un “Giorno del Ricordo” che, nel testo della legge, si riferisce alla volontà di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Ricordo che, purtoppo, è stato rianimato mantenendo una cospicua porzione di oblio.
È proprio a partire dal duplice riferimento alle “foibe” e alla “complessità” della vicenda ad esse sottesa che lo storico Eric Gobetti ha pubblicato “E allora le foibe?” per la nuova collana Fact Checking. La storia alla prova dei fatti di Laterza, un agile e utilissimo saggio per contrastare il pericolo di leggere (vale a dire riscrivere) quella storia in modo parziale o, peggio, falsificandola a fini ideologici (esattamente il contrario, cioè, di quanto ci si sarebbe proposti mediante l’istituzione del “Giorno del Ricordo”). Ecco il punto: “Pensato nell’ottica della riconciliazione nazionale fra opposti schieramenti ideologici, il Giorno del Ricordo è diventato invece fortemente divisivo, fonte di continue tensioni non solo all’estero, ma anche all’interno del nostro paese. La vicinanza temporale e terminologica con il Giorno della Memoria è funzionale alla volontà di assimilare i due fenomeni commemorativi, ma la vera contrapposizione è con il 25 aprile. Se i partigiani hanno una giornata di festa nazionale, sembra affermare questa costruzione memoriale, anche i fascisti devono avere la loro”.

Scoperto l’intento ideologico di una celebrazione “di parte”, il libro si dedica a decostruire le tante inesattezze raccontate per tratteggiare il fenomeno delle foibe secondo la narrazione diventata ormai dominante. Qui basti alludere per esempio a una delle “bufale” più clamorose, che concerne il numero degli “infoibati”. Nel febbraio del 2004, secondo una nota agenzia di stampa, l’allora ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri dichiarò che le vittime delle foibe ammontano a “milioni”. Ma non è solo l’insipienza dei politici ad alimentare fandonie. Anche un giornalista e storico come Paolo Mieli, alcuni anni dopo, parlò di “forse decine di migliaia, o addirittura centinaia di migliaia”. E questi sono “soltanto” errori numerici (le cifre corrette le potete leggere nel capitolo 8). Addentrandosi nel tema, Gobetti mostra con efficacia come le “sviste” siano in realtà funzionali all’edificazione di una grande impalcatura di senso, preparata per suggerire l’idea che – in quegli anni e in quelle regioni – gli italiani (in quanto tali e al di fuori di qualsivoglia storia precedente) siano stati soggetti ad una improvvisa e cruenta opera di pulizia etnica da parte degli slavi comunisti, e chi osasse mettere in discussione tale “fatto” finirebbe con l’essere etichettato alla stregua di un “negazionista”.
Ma non si tratta di “negare” alcunché, ribatte Gobetti. Anzi, rilancia, è proprio analizzando maggiormente quegli eventi storici che abbiamo la possibilità di scongiurare la loro cancellazione settaria e ristabilirne un contorno più esatto. Se non proprio tutta la verità, almeno più della sua programmatica metà. Il Giorno del Ricordo potrebbe così diventare ciò che avrebbe dovuto essere fin dall’inizio: “Una data per ricordare i drammi prodotti dal nazionalismo, dal fascismo, dalla violenza ideologica, dalla guerra e dalla sconfitta militare di un paese mandato al macello in maniera criminale non solo da Mussolini ma da tutta un’élite politica, militare ed economica che non ha mai pagato per le sue colpe. Rileggere la vicenda delle foibe e dell’esodo nel loro reale contesto storico, fare i conti col nostro passato più scomodo, consentirebbe una volta per tutte all’Italia democratica e repubblicana di liberarsi dal peso della colpa del passato regime”.

Gabriele Di Luca

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