Alla scoperta del caffè arabo (che non è quello turco)
Il caffè in arabo viene chiamato qahwa, ed è una bevanda molto importante legata alla cultura araba e all’ospitalità, in particolar modo quella relativa ai beduini del deserto . Quando un ospite si presenta in casa, il caffè deve essere sempre offerto, così come l’ospite deve rigorosamente accettare perché il non farlo sarebbe un gesto di scortesia.
Parlando di caffé arabo accade spesso di confondersi con il caffè turco, credendo che sia appunto quello arabo, quando invece sono due bevande totalmente diverse. Quello turco non lo si può bere subito, è più denso e lo si deve lasciare a depositare, così che la miscela del caffè e le spezie si depositino in fondo alla tazza. Quello arabo, invece, viene versato su una tazza diversa e molto più piccola rispetto a quella utilizzata per il caffè turco, si versa solo per 1/3 della tazza, lo si deve bere velocemente ed inoltre c’è un determinato rituale da eseguire sia da parte dell’ospite che il padrone di casa, che vi dettaglierò in seguito (vedere figura uno).
La particolarità del qahwa è il suo forte profumo esotico, dovuto al cardamomo principalmente, anche se può anche essere realizzato con altre spezie, come cannella o zafferano e allungato a volte con l’acqua di rose. Queste profumazioni vengono aggiunte ai chicchi del caffè che sono stati tostati e, successivamente, con l’utilizzo di un mortaio particolare fatto in legno chiamato (mihbaj), vengono pestati tutti a assieme fino a ottenere una polvere sottile.
A questo punto questa polvere profumata viene mescolata assieme all’acqua e portata ad ebollizione dentro una particolare caffettiera chiamata (dallah). Questa operazione va ripetuta due o tre volte e serve a rendere più denso e ricco il caffè. Da notare che il caffè viene servito tipicamente amaro, motivo per cui spesso viene servito assieme i datteri. La combinazione di un sorso di caffè e un pizzico di dattero, enfatizza il profumo esotico delle spezie, marca maggiormente il gusto amaro del caffè, restituendo allo stesso tempo il gusto dolce naturale del dattero.
Quando arriva l’ospite, il padrone di casa ha il compito di servire il caffè di persona, e lo fa seguendo un determinato rito composto da sguardi e gestualità con la mano, che vengono eseguiti tra i due. Si inizia con il versare il caffè nella tazzina e porgerla all’ospite con la mano destra. La tazza del caffè non viene mai servita piena, ma si fanno solitamente 3 giri di caffè, per un determinato significato (vedere figura due).
Nel caso l’ospite volesse ancora un giro di caffè, basta porgere con la mano fissa la tazzina al padrone di casa; in caso contrario, scuotere la tazza davanti a lui o mettere la mano sopra la tazza, sono segni di sazietà o che semplicemente si intende saltare quel giro. Questi rituali sono legati ai vecchi significati che si erano instaurati nelle tradizioni beduine, e che sono passati poi di generazione in generazioni e tutt’ora, almeno fino ad oggi, fanno parte anche dei riti della tradizione araba.
Questo tipo di bevanda non viene bevuto quotidianamente nella società araba, come avviene invece per il caffè turco o il the, per colpa del suo lungo tempo di preparazione e anche perché è riservato principalmente all’arrivo degli ospiti; viene comunque preparato in occasioni molto speciali, come la nascita di un figlio, ai matrimoni, in ricorrenza con le feste religiose, ai compleanni e addirittura per le occasioni di funerali.
Fatima Abbadi
Articolo pubblicato per la prima volta il 26 settembre 2013