Anima Loci, una rivista per esplorare il rapporto tra immagini e luoghi

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Grattando sotto la superficie liscia e patinata del marketing territoriale, i luoghi hanno ancora qualcosa di non scontato da dirci. Basta trovare la chiave giusta per interrogarli, un obiettivo tutt’altro che semplice da raggiungere: occorre spegnere temporaneamente il flusso di immagini e racconti – il famoso storytelling – che ogni giorno ci arriva addosso. Anima Loci è una rivista online di cultura visuale, con un piede a Verona e uno a Londra, nata proprio per esplorare i nessi tra immagini e luoghi, attraverso uno sguardo fortemente interdisciplinare. Ne parliamo con il caporedattore, l’artista e ricercatore Tommaso Gorla.

Quando nasce il progetto Anima Loci, qual è in sintesi il background dei fondatori e quale il format editoriale?

Anima Loci nasce nel 2018 in Inghilterra. Lo intendiamo come un diario di bordo compilato a più mani. Una volta al mese, un autore sceglie di raccontare un’immagine, e l’influenza che questa ha avuto su un luogo specifico, al punto di aver contribuito a renderlo ciò che è. Siamo persone provenienti da discipline e paesi differenti, ma tutte accomunate da un vivo interesse per il visuale, in particolare nella sua natura accidentale, culturale, raramente legato ad una pratica artistica in senso stretto.

L’obiettivo della rivista è – cito dalla presentazione online – «l’esplorazione interdisciplinare della relazione tra immagini e i luoghi che esse abitano»: trovo interessante questa idea che le immagini «abitino» i luoghi. Inoltre la vostra intenzione è indagare le immagini dei luoghi in quanto fortemente parziali, nel senso di definite da punti di vista socialmente e biograficamente determinati. Nel vissuto quotidiano tendiamo a dimenticare questo aspetto e a dare per scontati forme e significati dei luoghi che viviamo. Ragionare, scrivere, fotografare questi spazi può servire a ritrovarvi un senso, o a immaginarne uno nuovo?

Da un lato abbiamo le immagini. Che come sappiamo sono sempre di più e sempre più pervasive. Tanto che alcuni, per evidenziarne maggiormente il livello di diffusione e penetrazione, hanno fatto ricorso alla metafora dell’inondazione o del diluvio. Dall’altro abbiamo i luoghi, che per noi, giusto per restare in tema, fungono da ancore. Viviamo i luoghi come immagini cristallizzate – più a lungo di altre per lo meno – e cerchiamo di scovarne l’anima pulsante, insomma ci interessa scoprire qual è quell’elemento che rende il luogo ciò che è, a livello collettivo o individuale. In questo senso, le immagini fungono un po’ da strumento orientativo nell’oceano del visuale.

Ecoscandaglio di Venezia, alla ricerca della terza colonna di San Marco. Da Digital Shadows, di Fantina Madricardo.

Ecoscandaglio di Venezia, alla ricerca della terza colonna di San Marco. Da Digital Shadows, di Fantina Madricardo

Anima Loci ospita e accosta linguaggi diversi in modo molto libero: fotografia, illustrazione e archivio per quanto riguarda il lato visivo; saggio antropologico, racconto, reportage sul fronte dei testi. Come avviene la scelta degli strumenti – e a volte degli accostamenti tra chi cura la parte visuale e chi quello testuale?

Anima Loci è aperto alle discipline più disparate. I contributi che ci arrivano sono davvero vari. Detto questo, è una rivista molto piccola, e solitamente se uno ci scrive è perché si è imbattuto in noi cercando qualcosa di simile. Spesso chi scrive cura direttamente anche la parte visuale. Quindi abbiamo fotografi che scrivono, ricercatori che fotografano, semplici camminatori che fanno entrambe le cose.

La rivista è pienamente internazionale, i testi di ogni contributo sono disponibili in lingua inglese. Come vengono scelti i luoghi da indagare? C’è un focus geografico che vi interessa in particolare?

Non c’è un vero e proprio focus geografico. I contributi fino ad ora riguardano Hong Kong, Shanghai, Singapore, l’Africa Occidentale, Palestina, Stoccolma, Lisbona, il nord Italia e Londra.

Da qualche parte nell'entroterra veneto. Illustrazione di Enrica Casentini, da In the North East, di Giorgio Guernier

Da qualche parte nell’entroterra veneto. Illustrazione di Enrica Casentini, da In the North East, di Giorgio Guernier

Tu vivi a Verona e hai vissuto e lavorato a lungo a Londra e a Parigi. Pensi che il Veneto, con le trasformazioni radicali del suo paesaggio causate da quel «progresso scorsoio» di cui parlava Andrea Zanzotto, sia un luogo particolarmente stimolante per la riflessione sul rapporto tra immagini e luoghi? Il successo di un progetto come Padania Classics, qualche anno fa, è dovuto a questo? La mia impressione è che il Nord est italiano abbia saputo generare un forte immaginario, ma che negli ultimi anni quella forza si sia esaurita. Come un tir lanciato in autostrada il cui serbatoio di senso sia da tempo in riserva.

È tutto vero, anche se i contributi ricevuti finora riguardanti il triveneto si concentrano su altri aspetti. Penso all’articolo di Amedeo Policante che ha tentato di tracciare una genealogia dell’immagine dell’orso tridentino, facendo emergere un’immagine storicamente radicata nel territorio e fortemente connotata, e che ancora influenza il nostro modo di vedere questo animale in queste regioni. Oppure penso all’articolo sulla terza colonna di Venezia, scritto da una ricercatrice dell’istituto di scienze marine, per cui la ricerca di qualcosa di antico e forse inesistente, in fondo, non è altro che un tentativo di corroborare la vitalità di una città che a molti appare mummificata. L’articolo di Vittorio Curzel riguardo al fiume Adige, o infine, il racconto di Giorgio Guernier, un affresco di una giornata di un ragazzino nel Veneto di 20, 30 anni fa, eppure ancora molto vivido e del tutto presente, proprio perché è riuscito a catturare quelle che sono alcune delle caratteristiche del nostro territorio e che fanno parte dell’immaginario collettivo. Quindi sì, il triveneto è anche questo.

Come si svilupperà il progetto? Avete in programma nuove iniziative?

Anima Loci diventerà presto cartacea, forse per provare a fissare in maniera un po’ più stabile le fluttuazioni, in una pratica meditativa che allontani il mal di mare.

Giulio Todescan

Foto di copertina: Hong Kong. Da Originally, © Gaëtan Chevrier

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