Biennale Gherdëina, l'arte va ri-conosciuta

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A Ortisei, alla ricerca di modi di fare il mondo. Oltre trenta artisti e artiste internazionali in mostra in Val Gardena per ‘a breath? a name? – the ways of worldmaking’, settima edizione della Biennale Gherdëina. Fino al 20 ottobre 2020.

Se l’Alto Adige fosse una pasticceria, Ortisei sarebbe una meringa: l’aspetto è bello, ma prevedibile, il sapore buono, ma facilmente stucchevole. La cittadina ladina è uno dei cuori pulsanti del turismo altoatesino, d’estate in primis italiano, di quello che ama sfoggiare le sneakers urban chic all’ultimo grido, le cui suole, poco adatte ai sentieri di montagna, trovano degno riposo sotto i tavoli della casa dello speck o dello strudel in centro paese.

Inoltre, come è noto, la valle vanta una lunghissima storia e tradizione nella scultura lignea. Un contesto “succulento” insomma, in cui azzardare una biennale di arte contemporanea si presenta, di volta in volta,  come una sfida affascinante, per scardinare schemi, proporre visioni e, perché no, provocare. Sfida doppia in questo annus orribilis. Nonostante le restrizioni e difficoltà la biennale è infatti riuscita comunque ad aprire, lo scorso otto agosto, seppur in ritardo (l’apertura era prevista per fine giugno).E chiuderà il 20 ottobre.

Biennale Gherdëina: i temi

La Biennale Gherdëina 7 affronta temi come sfide nel processo attivo di ricreazione del mondo. Come dichiara il titolo della biennale, l’atto di respirare (la vita) e quello di nominare (il riconoscimento) costituiscono la cornice di una natura politica, gli elementi essenziali di una ecologia degli altri” si legge nel concetto della mostra, curata da Adam Budak (Praga).

La necessità della collaborazione, il legame con lo spazio naturale, il corpo, lo spazio e la sua definizione e quindi il distanziamento sociale. Questi, semplificando, i temi affrontati dalle opere in mostra della Biennale Gherdëina, che, spesso con tocco lieve e ironico, imbastiscono un rapporto con le specificità del territorio gardenese e altoatesino.

Il gioco del “ri-conoscere” l’opera d’arte è messo in atto in diversi momenti riusciti nel percorso di opere nello spazio pubblico (a Ortisei e dintorni). A questi fa da pesante contrappunto la mostra ospitata all’interno della sala Trenker, sempre a Ortisei, in cui sono esposte molte, troppe opere, in un horror vacui espositivo che, al contrario di quanto auspicato dal titolo della mostra, non lascia respiro.

Biennale Gherdëina, il percorso

Arrivati a Ortisei, nella centrale “Strada Rezia” iniziamo un percorso che si configura subito come una caccia all’opera, da scovare qua e là sulla via. Un po’ per la cartina in dotazione, piuttosto sommaria, e un po’ perché con l’arte contemporanea il ri-conoscere è parte del gioco e come sopra detto, nelle esplicite intenzioni degli organizzatori.

In fondo alla via, lo sguardo è catturato da due grandi quanto grezze figure in legno color acquamarina, perfettamente abbinate alla facciata rosa sullo sfondo e meta di selfie turistici.

Si tratta di un furbo arredo urbano o di un’opera d’arte? La seconda ovviamente: l’opera, dell’artista Myfanwy MacLeod (Londra), è ispirata a una scultura in miniatura della collezione del museo Gherdëina con Adamo ed Eva. Non lontano, altre opere si muovono sul filo dell’ironia. Sulla via si sente russare sonoramente.

 

Caccia all’opera

Il paese si è forse addormentato? In realtà si tratta di “Birdhouses”, l’installazione sonora di Petrit Halilaj e Alvaro Urbano. Gioca con lo spiazzamento la luminaria di Marinella Senatore, tipica delle feste del Sud, ma che riporta i versi del poeta altoatesino Franz Josef Noflaner, originario di Ortisei.

Anche il celebre Giorgio Moroder è di Ortisei. A lui è dedicato l’omaggio musicale che fa da sottofondo alla “Disco for One” una mini baita dell’artista greca Marina Papadimitriou. Come dice il titolo, si entra solo uno alla volta per un balletto in solitudine, o meglio in compagnia della propria immagine, che si riflette in un gioco di specchi caleidoscopici. Così è la disco ai tempi del Covid.

Pavel Büchler, OPEN and Lang/Baumann, Beautiful Entrance #8, 2020. View at Hotel Ladinia, Biennale Gherdëina 7. Ph. T.Sorvillo / L.Guadagnini

Un percorso tra leggerezza e impegno insomma, in cui gli interventi più forti e che valgono la visita sono quelli intorno all’Hotel Ladinia, ormai in disuso dagli anni ’90 (Strada Rezia). Aggirarsi tra le stanze abbandonate e polverose, tra il vecchio bancone in legno e acciaio, immerge immediatamente in una dimensione altra.

Arte nella reception

L’atmosfera si fa sospesa nelle salette che ospitano le proiezioni del “Cinema Of Worldmaking” dell’austriaco Josef Dabernig e diventa quasi magica nell’ ex ufficio della piccola reception, tra le sculture dell’installazione di Antje Majewski e Pavel Bűchler “It happened this morning”. Quando riemergiamo, il nostro sguardo cambia e appena si posa, all’esterno, sulla scintillante perfezione degli alberghi e delle strade del paese ne rimane quasi accecato, disturbato.

 

Carlos Bunga, Planes of Color Suspended #2, 2018-2020 (Courtesy of the artist and Galería Elba Benítez, Madrid) and Pakui Hardware, Thrivers, 2019 (Courtesy of the artist and Polansky Gallery, Prague). Exhibition view at Sala Trenker, Biennale Gherdëina 7. Ph. T.Sorvillo / L.Guadagnini

Nella carrellata delle opere da non perdere si segnalano, infine, le installazioni di Paolo Icaro, sottili, filigrane eppure potenti  nel segnare lo spazio (come ad esempio Forma di Spazio, zig-zag, 1967; Spazi di Spazio, 543;Distanza, 1976). Sono esposte nella sala Trenker, tra un troppo fitto bosco di opere, in cui lasciarsi incantare dalle conchiglie cantanti di Agnieszka Brzeżańska o dalle sculture di luce e opere del duo Pakui Hardware, inquietanti costruzioni organiche, realizzate con materiali biomorfi.

 

In pratica

Oltre alla sede principale, Ortisei, la biennale comprende un bosco di sculture dell’artista Antje Majewski al Pilat, terrazza panoramica sopra Ortisei (attenzione, 40 minuti di un sentiero ripido che non perdona), e la suggestiva installazione di Henrik Håkansson “A Tree Mirrored (Pinus Cembra)” a Vallunga, Selva di Valgardena. I pannelli esplicativi e i poster sono costellati dalle ironiche  “Martellate” di Marcello Maloberti, celebri frasi slogan dell’artista, tratte da “Scritti fighi, 1990-2019”, con versioni anche in tedesco e ladino (ad es. Le montagne sono i denti di Dio / Urlare il cielo). Infine,  è parte della manifestazione anche un programma di eventi collaterali, messi a disposizione anche online in streaming.

L’ingresso alla biennale è libero salvo per la mostra presso la sala Trenker, 5 Euro. Tutte le info su biennalegherdeina.it

 

Simone Wild

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