Concerto notturno in piazza Taksim (Istanbul, i giorni in cui tutto può accadere)

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Indovinate quando è stato girato e dove questo video?
Risposta: 2 ore fa a piazza Taksim, davanti al monumento di Ataturk, circondato da poliziotti in tenuta antisommossa.
Ma partiamo dall’inizio: dopo ieri e stanotte l’aria era tesissima. Mentre Nazioni Unite e Usa lo rimproverano (sono soprattutto i secondi che lo dovrebbero far preoccupare, dato che da sempre la Turchia è loro stretta alleata, e da un punto di vista geostrategico e dal punto di vista militare-essendo, fra l’altro, fra le maggiori forze armate della NATO), Erdogan dà l’ultimatum: sgomberare il parco in 24 ore. Gul, il presidente, intanto, rilascia un’intervista in cui si dice più possibilista ma ribadisce il punto: isolare i marginali e dialogare con tutti.
Ad Ankara una “finta” delegazione incontra E. per discutere la questione ma la piattaforma di Taksim e la Solidarietà di Taksim negano di essere state avvisate dell’incontro. L’incontro in realtà vede partecipare artisti e attori molto famosi che finora non hanno avuto alcun ruolo nell’occupazione del parco e nelle manifestazioni di piazza. Si tratta solo di un evento cosmetico, per dare la parvenza di un dialogo fra la società e il governo. Alle 5 arriva la notizia che il ragazzo di Ankara, in coma da giorni per essere stato colpito a pochi metri di distanza da un poliziotto (di cui avete sicuramente tutti visto il video), è deceduto. Sarebbe la quarta morte ufficiale dall’inizio delle rivolte (escluso il poliziotto in fuga).
Salgo verso le 3 la Siraselviler Caddesi, la barricata non c’è più (tolta dagli stessi manifestanti per permettere la viabilità. Sulla strada in questione ci sono anche 2 ospedali) ma a serrare l’entrata a Taksim aspetta il tempo che passa un TOMA circondato da poliziotti sorridenti. Passo a testa bassa (ho gli zainetti pieni di caschi, mascherine e il talcid, la “soluzione” salvifica in caso di crisi da gas, che ho fatto seguendo le istruzioni di una attivista incontrata ieri, per gli amici che verranno) e mi inoltro verso il parco. La piazza è circondata. Io ho l’impressione che i TOMA e i blindati siano aumentati rispetto a ieri, ma potrebbero anche solo essere distribuiti diversamente. Anyway, sia sotto l’AKM che verso le fontane a sinistra, non c’è via di fuga.
Il parco invece è festante. Il cielo grigio di oggi, le notizie ferali di ieri, l’aria pesante e il colore diffuso del blu delle divise creano un contrasto stridente con la vivacità colorata della piccola Comune di Gezi. Sì, una vera e propria comune, sembra. Ora sulle giacche gialle dei volontari del parco c’è scritto: “Gezi Belediyesi”- municipalità di Gezi.
Distribuisco i viveri che ho portato: latte (utile per la “soluzione”), medicine, carta igienica. Sono così pieni di volontari e donazioni che mi dirigo verso il Divan Otel che, insieme all’Intercontinental, ha offerto i suoi spazi all’allestimento di un’infermeria e di luoghi di spaccio e accoglienza.
Poi incontro a ondate diverse i vari amici, vecchi e nuovi, della Direnis-Resistenza.
Non ne parliamo molto ma siamo preoccupati. Il parco non è poi grande, la piazza che lo circonda è molto più spaziosa e, quando andiamo in avanscoperta, per capire quali e quante possibilità di scappare ci sono in caso di attacco massiccio, lo spettacolo è preoccupante: sono dappertutto. Non c’è modo. Li vediamo munirsi, indossare le maschere antigas, sistemare gli scudi e fare le prime manovre dentro i TOMA. Io non ho mai visto, in questi giorni, un tale dispiegamento di forze.
I racconti di chi si è imbattuto nella polizia nelle notti precedenti sono raccapriccianti. Questi non hanno pietà, acimasiz, dicono i turchi. Per questi non c’è alcuna umanità.
Ci imponiamo di riflettere realmente sugli esiti e le modalità di un’offensiva della polizia. Sono le 9, la luce è quasi del tutto andata e loro sono lì, pronti ma immobili. A me non piace per niente. Inizia una pioggerellina fine. Ho l’impermeabile di Luca e do a Valerio il casco di Ozgur. Il welfare del parco ci fornisce di tutto, dalle mascherine agli occhialetti, dal cibo al cay. Tutto rigorosamente ucretsiz- gratis.
C’è una mia amica che ha quasi le lacrime, non si può pensare a quello che è successo senza chiedersi come. E’ chiaro che, visto che non lasciano alcuna via di fuga da nessun lato, le cose oggi potrebbero andare peggio di ieri, cioè di qualsiasi giorno precedente. L’eco delle parole del Vali-prefetto di Istanbul, le stesse di ieri, “i genitori prendano i loro figli con sé e si dirigano fuori perché si procederà all’evacuazione”, fanno rabbrividire.
Ci spostiamo verso Istiklal. Da lì è possibile esserci ma anche non rischiare la vita. Non facciamo in tempo ad arrivare che la notizia della prospettiva di un referendum ci sorprende tutti ed è una sorta di catarsi. La piazza reagisce bene, si diffonde improvvisamente la calma e soprattutto, cosa che mi stupisce ancora di più, sembra allontanarsi la minaccia della guerriglia. Non capisco: è vero che anche il solo aver ventilato l’ipotesi mostra l’ansia di E. di uscire da questa situazione da cui non riesce a venire fuori in nessun modo, senza perderci totalmente la faccia. E, volendo, è una piccola vittoria, almeno morale. Ma. Ma…E. ha ancora la maggioranza. E. compra i voti, lo ha sempre fatto, lo farà. Se poi pensiamo che i brogli non sono cosa rara da noi perché dovrebbero esserlo qui? Il fatto è che il PARCO NON SI DEVE TOCCARE. Non dovrebbe essere materia di Referendum. E inoltre: il referendum è un’arma pericolosissima perché se lo vincesse (molto probabilmente) ogni manifestazione diverrebbe impossibile.
E ancora: questo popolo, che canta “her yer taksim, her yer direnis”- “ogni luogo è taksim, in ogni luogo resistenza” non si accontenta, lo ripete da 2 settimane, qua la storia non finisce finché il governo non si dimette.
E la storia di questa Resistenza è continua creazione, un serbatoio di idee geniali da cui attingere a piene mani l’ispirazione per i tempi futuri. Mentre discettiamo sulle novità dell’ultimo minuto e girelliamo fra la folla, avvicinandoci agli avamposti della polizia per sondarne gli umori, un pianoforte a coda si fa strada e si posiziona davanti al padre della patria circondato dai poliziotti pronti all’attacco. La sua mossa li e ci spiazza. 2 amplificatori e uno sgabello, il pianista e il gioco è fatto: ci sediamo silenziosi per terra, ancora i caschetti in testa, le facce tese si rilassano, le giornate sono così lunghe e fatte di attese e ansie, quando non sono i gas a impegnare le forze, che il tempo scorre disordinato e disegna sul viso piccole rughe di preoccupazione e concentrazione… Imagine di John Lennon ma anche Bella cav e altre canzoni di lotta turche, sotto il cielo nero di Taksim, noi e loro, i poliziotti, dietro e impassibili.
2 lanterne volano per aria, il vento le porta subito lontano (lunedì sera io e 2 amici ne abbiamo fatta volare una che, neanche poi tanto simbolicamente, atterra nella stessa Taksim qualche decina di metri distante!) e la gente fra una canzone e l’altra urla le sue grida contro il fascismo e di solidarietà con il mondo in lotta. L’altro ieri un volontario del parco diceva che lui era lì perché questa è l’anticamera di una rivoluzione mondiale, dopo la quale non ci saranno più confini, come prima che iniziasse tutto…
Sono le 3 e mezza e, come ogni notte, da quando tutto è iniziato, faccio fatica a recarmi a letto e chiudere il sipario sul giorno passato.
Vado, domani bisogna essere lucidi.

Libera

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