Da Aquileia a Trieste: le “Naturografie” di Roberto Ghezzi

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Per chi sa osservare, tutto è arte… tutti conoscono l’arte degli artisti, quella firmata…Esiste tuttavia una zona indefinita nella quale si incrociano il dominio elementare della natura – le contingenze- e il territorio marcato dall’uomo.” scrive Gilles Clèment nel suo trattato sull’arte involontaria. L’artista Roberto Ghezzi sa osservare molto bene la natura. Con spirito da esploratore, si è confrontato con i paesaggi naturali più diversi, dall’Alaska al Sudafrica. Lì nascono i suoi lavori, le Naturografie. Esse sono il frutto di cammini e di attese: tele su cui Ghezzi lascia agire la natura, il tempo e il meteo. Su di esse si depositano tracce, acque e venti, frammenti terrosi e vegetali. Il risultato sono opere intense, con una presenza estetica che fa pensare a un’intenzionalità umana. Opere immediate come l’atto del guardare, profonde come il respiro dei passi che hanno portato a realizzarle. Le Naturografie contengono un invito a fermare lo sguardo, a liberarci dall’automatismo del cellulare sguainato a tutti i costi e, in questo momento più che mai, a cogliere le possibilità di esperienze estetiche e di bellezza che ci circondano.
L’opera di Roberto Ghezzi è molto conosciuta e apprezzata sia in Italia che all’estero. Originario di Cortona, ha frequentato la Scuola di Belle Arti “Processi Percettivi” di Arezzo e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ma l’arte l’ha respirata fin da piccolo, nello studio di scultura del nonno, Gino Ghezzi. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come nascono, concretamente, le sue Naturografie e di parlarci dei suoi recenti lavori sul canale Anfora di Aquileia e sul Canale navigabile di Trieste.

Le tue Naturografie potrebbero essere definite delle opere d’arte a “quattro mani”, tra te, come artista, e la natura. Come avviene, concretamente, questa “collaborazione” cosi speciale?
La Naturografia©, prima di essere tecnica e opera, è stata ed è soprattutto un’idea. Alla base di questa ricerca artistica c’è infatti l’esigenza di entrare in profondo contatto con l’ambiente, al punto di abbandonare la rappresentazione in favore di un’opera d’arte viva, che si crea “nel” e “attraverso” il paesaggio, divenendo, alla fine, essa stessa paesaggio. Mediante questo nuovo e originale modus operandi l’artista, dopo un accurato studio e la stesura di un vero e proprio progetto, seleziona un luogo, un materiale, lo prepara al “dialogo”, con reagenti organici biodegradabili, e, infine, procede all’installazione. Da quel momento in poi l’azione dell’Uomo si ferma e inizia il lavoro della Natura. Che può durare un mese o tre anni, dipende dal risultato che voglio ottenere. In definitiva, quando si conosce bene l’ambiente con il quale si collabora, la Naturografia© non è molto distante da una tecnica pittorica. L’esperienza accumulata sul luogo diminuisce sempre più l’imponderabilità della creazione, tanto che in certi ambienti che frequento da anni posso affermare di “scegliere” il risultato finale proprio come se dipingessi io stesso, ma attraverso la longa manus della natura.

Roberto Ghezzi, Naturografia del Canale Navigabile di Trieste su crinolina. Foto Elisa Nocentini

Che tipo di “collaboratrice” si è rivelata la natura, nel corso dei tuoi progetti?
Ci sono eventi particolari o curiosità da raccontare? In vent’anni di ricerche mi è capitato proprio di tutto: dal perdere decine di tele installate durante tre giorni di fatiche, travolte come foglie al vento da una tempesta nell’Oceano Indiano, o spazzate via dal Rio Grande in piena. Ma anche ritrovarle, miracolosamente, dopo un anno e mezzo, tra le sabbie di un lago in Tunisia, dopo che si era completamente asciugato. La bellezza della natura è proprio questo. Essa non possiede alcuna velleità estetica umana. La sua forma segue sempre una funzione. E con sublime indifferenza si abbatte sulle mie piccole tele, con le quali, in tutti i modi e ovunque, cerco di inseguirla per rubarle una traccia di mistero. Forse invano ?

In uno dei tuoi recenti lavori hai messo a confronto il canale Anfora di Aquileia e il Canale navigabile di Trieste: cosa hanno “raccontato” le tue Naturografie su questi luoghi?
Si, il progetto Naturografie 2020, curato dalle bravissime Elena Cantori e Monica Mazzolini, ha permesso di estendere la mia ricerca anche in luoghi antropizzati. Il canale Anfora di Aquileia, come il canale navigabile di Trieste, è un luogo artificiale rinaturalizzato. Scavato in epoca romana, ha lasciato sulle mie tele la testimonianza di un ottimo equilibrio tra uomo e ambiente naturale, classico esempio di “terzo paesaggio” in cui la presenza dell’uno non è stata d’impedimento alla sopravvivenza dell’altro. Al contrario, il canale navigabile di Trieste ha “impresso” su tela tutti gli aspetti più drammatici dell’Antropocene. Una grande e soffocante monotonia grigio scura, senza alcuna traccia di vita se non qualche impronta di uccelli acquatici, che sul tessuto appaiono come graffi di animali chiusi in una gabbia.

Roberto Ghezzi, Naturografia del Canale di Anfora di Aquileia su crinolina. Foto Elisa Nocentini

Oggi tutti siamo immersi e bersagliati da un flusso continuo di immagini, come produttori e fruitori. Tu hai detto, credo provocatoriamente, che l’immagine allontana dalla realtà: cosa intendi, anche rispetto alla situazione attuale?
Basta osservare cosa fanno le persone di fronte ad un meraviglioso paesaggio naturale che vedono per la prima volta. Invece di gustarsi lo spettacolo, abbandonarsi alla meraviglia dei sensi, alzano lo smartphone o la telecamera, e fotografano, filmano. Non vedono, non ascoltano, non sentono. Preferiscono rivedere un’immagine, ascoltare un suono registrato.
Le immagini sono diventate un po’ dei simulacri, che invece di farci conoscere meglio la realtà, ci separano da essa, alzando un muro che ci impedisce di vivere il reale. Forse questo è uno dei motivi che mi ha spinto ad abbandonare, nella mia ricerca artistica, la rappresentazione in favore di un approccio diretto con l’ambiente. Senza mediazioni. Credo che in fondo, di fronte agli ultimi spiragli di magia che sa ancora regalarci il pianeta, sia necessario un passo indietro. Si, proprio come si fa per gentilezza, quando si vuole mostrare il panorama a chi è dietro di noi.

Prossimi progetti in cantiere in questo 2021?
Una bipersonale presso il Museo civico di Palazzo della Penna di Perugia che non vede l’ora di aprire le porte al pubblico, con l’ottima collega Ilaria Margutti, non appena l’Umbria tornerà in zona gialla. Alcune collettive. Due residenze, una molto vicina e una molto lontana, delle quali ancora, per scaramanzia e considerata l’incertezza del periodo, non voglio svelare nulla. E soprattutto, spero per me e per voi, tanta bellezza. Fuori e dentro.

Caterina Longo

Immagine di apertura: “Roberto Ghezzi, Installazione per Naturografie, Isole Lofoten, Norvegia, 2019. Foto courtesy of the artist”

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