Da Mostar a Montegrotto: un ponte di ragazzi
1992, Mostar, Bosnia Erzegovina: ha inizio la guerra che risulta ad ora con il più alto numero di civili al mondo; ogni 100 morti, 95 i civili. La città è spezzata in quattro religioni: ebrei, ortodossi, cattolici e musulmani. Nel 1995 la guerra finisce, vincitori? Nessuno. Morti e feriti? Milioni. Mostar non esiste più, le case dei cittadini sono solo macerie mischiate con ossa umane. L’anima dei suoi abitanti si è spenta e i cuori dei sopravvissuti feriti per sempre.
È il 16 agosto 2013, ore 5.30, patronato di Montegrotto Terme (Padova): parte un bus di 40 adolescenti, guidati da Don Paolo, dal promotore dell’iniziativa Silvio Nardo e da sei animatori del patronato. Direzione? Mostar, Bosnia Erzegovina. Cosa aspetta loro? Una settimana di incontri e visite tra coetanei di diverse religioni con la dura realtà degli effetti della guerra ancora viva in loro.
23 agosto 2013, ore 5.30: due bus di 40 adolescenti e accompagnatori ciascuno partono. Direzione? Montegrotto Terme, Italia. 30 agosto 2013, ore 5.30, il bus di 40 giovani di Mostar ritornerà a casa … direzione? Un futuro con ‘mir’, ‘pace’, quella parola che ogni giorno la Madonna rivela a Ivan il veggente e che sembra così estranea nell’uomo bestia che continua ad uccidere i suoi simili per un diverso colore della pelle o perché di diversa religione.
Quello che abbiamo vissuto non si può perciò definire il classico camposcuola e neppure una gita ‘di classe’. Il nome che gli si avvicina di più è ‘scambio interculturale con ragazzi che direttamente o indirettamente hanno subito gli effetti della guerra e che tutt’ ora li sentono a causa della propria religione, divisa in quattro in una stessa città’. Le attività e le classiche scalette di giochi sono ‘saltate’. Peccato? No, non credo. Una veglia alle stelle o una caccia all’animatore c’è sempre tempo per farla; un incontro con il nostro ‘vicino di casa’ diverso per nazionalità e culto e con un passato di dolore e che un camposcuola non sa che sia, no.
Per raccontare di cosa sia stata veramente la settimana a Mostar si potrebbe partire dall’ultimo giorno e in particolare dalla frase usata dal sindaco bosniaco la sera del 22 Agosto 2013: ‘ora non solo non riesco più a distinguere i ragazzi cattolici, musulmani e ortodossi, ma i giovani di Mostar da quelli di Montegrotto’. Davanti a lui 80 ragazzi e ragazze ballavano tutti mischiati assieme. Normalmente noi conosciamo i nostri vicini attraverso i mass media ma non ne abbiamo una conoscenza diretta, anzi spesso siamo pieni di pregiudizi. Durante la settimana abbiamo incontrato le diverse realtà, attraverso la visita delle Chiese, delle Moschee, dei Monasteri e delle Sinagoghe ma anche dei monumenti della città stessa, della vita politica e dei luoghi di lavoro e della vita sociale, di luoghi avvolti da fede e mistero come Medjugorje, dove sotto i riflettori c’è stato l’incontro con Ivan, il veggente a cui tutt’ oggi appare la bianca Madonna. Gli incontri sono stati tanti come quello con la Comunità di recupero per tossicodipendenti dove alla domanda ‘da quanto sei in comunità?’, ‘un giorno’ è stata ed è sempre la risposta perché come ci dice Gesù è un giorno in cui ci è dato di migliorare e di crescere … di vivere al meglio.
Con la nostra presenza noi giovani di Montegrotto speriamo di aver smosso anche solo il cuore di un ragazzino di Mostar, preghiamo per un futuro dove Musulmani e Cattolici si siederanno vicini in autobus senza problemi, dove Ortodossi e Cattolici entreranno serenamente nei ‘territori’ musulmani, dove l’università è una e studenti di diverse religioni studieranno assieme per avere la stessa educazione in campo umanistico e scientifico. Perché tutti siamo uguali davanti a Dio, perché ognuno di noi Cattolico, Musulmano, Ortodosso, Ebreo è un essere che prega e nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo fratello. Noi l’abbiamo visto, noi abbiamo provato su pelle che la convivenza è possibile e come disse un frate a Medjugorje, ‘là dove c’è un problema, c’è una soluzione’. E allora perché non continuare questo progetto?
Chiara Salvagno
C’è anche da salvare il cimitero partigiano di Mostar, oppure leggere di un viaggio in Bosnia.