Esoterismo, magia e religione: tour nei luoghi più enigmatici

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tourRichiami esoterici, cunicoli misteriosi, luoghi magici e rimandi religiosi. L’Italia restituisce piccoli gioielli arcani, fortunatamente poco conosciuti e battuti. Per uscire dal lockdown non c’è niente di meglio che iniziare a viaggiare in luoghi utopici. Vi portiamo in tre posti considerati tra i più enigmatici del Paese.

 

La Scarzuola

Dea Madre, uno degli edifici della Scarzuola

Se non hai mai capito cosa sono i castelli in aria allora devi andare alla Scarzuola. Qui ci si arriva con una piccola passeggiata a piedi. E’ un luogo nascosto, in un paese nascosto, in una provincia nascosta. Si tratta di un complesso esoterico nella frazione di Montegiove, nel Comune di Montegabbione in provincia di Terni. E’ stata definita la ‘città ideale’ ed è stata partorita dalla mente di Tommaso Buzzi, archistar milanese del primo Novecento.

In realtà questo gigante edificio metafisico sorge su un convento fondato di san Francesco che qui, nel 1218, costruì una capanna con una pianta palustre chiamata ‘scarza’. Buzzi nel 1958 la prende in mano e inizia a trasformarla. Nel ‘78 diventa quella che è oggi: una macchina teatrale in continua evoluzione. La Scarzuola è una grandissima dimora, veramente mai abitata da Buzzi e insieme un acropoli di sapienza. Sembra uscita da un’incisione di Escher che ha incontrato De Chirico e il Palladio.

Solo una visione surrealista può giustificare questo affastellarsi di scale, passaggi attorcigliati, palcoscenici e anfiteatri. Volutamente Buzzi ci ha voluto dentro Villa Adrian, Villa d’Este (Tivoli), il Partenone, Colosseo, il Pantheon, la Piramide, la Torre dei Venti, il Tempio di Vesta, la torre dell’orologio di Mantova e il giardino dei mostri di Bomarzo. Le sue parti non sono solo luoghi fisici ma anche del corpo e della mente. Ci si perde tra la Barca delle anime, la Balena di pietra, la Torre della disperazione, la Scala della vita, il Tempio di Eros, il Pozzo della meditazione e il Teatro delle api. Non può passare inosservata, anche perché oggetto di battute al vetriolo da parte di Marco Solari, nipote di Buzzi e custode della Scarzuola, una figura gigantesca femminile priva di testa.

La nudità della scultura e la prominenza delle curve sottolineano la volontà dell’alchimista di inserire nell’Opera il simbolo ancestrale della Grande Madre. Solari, personaggio eccentrico e a tratti provocatorio, che è l’unica guida ufficiale della dimora, vive qui dagli anni Ottanta quando lasciò Milano e la sua confusione. E’ lui a condurti tra questi teatri addossati e incastonati l’uno all’altro. Un occhio interiore troneggia sopra la Scarzuola e ti avvisa che è iniziato il tuo percorso urreale e visionario.

 

 

La porta Magica dell’Esquilino

La porta Magica in piazza dell’Esquilino a Roma

Mentre nel brulicante quartiere Esquilino si osserva quel senso intollerabile di tedio che solo Roma e i romani sanno avere, non ci si accorge, perché nascosta e poco famosa, che questo antico rione della Capitale, alle spalle della stazione Termini, custodisce un magico segreto: la Porta Alchemica.

Dietro quello che è considerato il più alto simbolo magico d’Europa c’è Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte che edificò la sua villa alla seconda metà del Seicento.  La storia racconta di un personaggio eccentrico, grande appassionato di alchimia, esoterismo e frequentatore della corte romana della Regina Cristina di Svezia. Ci sono numerose leggende dietro questa porta, l’unica rimasta delle cinque che costituivano l’ingresso di Villa Palombara.

Si narra che tale Francesco Giuseppe Borri, pellegrino ospite della dimora che cercava una pianta in grado di tarsformare le cose in oro, un giorno fu visto sparire attraverso questo uscio, lasciando dietro di sé una pagliuzza d’oro e delle formule alchemiche. Il marchese avrebbe deciso così di far incidere quegli sconosciuti simboli sui frontoni e sulle cornici delle porte della sua villa come istruzioni per la realizzazione della Pietra Filosofale.

Quel che rimane oggi è una struttura murata: alla base c’è una scritta palindroma Si Sedes Non Is (se siedi non vai) che al contrario si trasforma invece in Si Non Sedes Is (se non siedi vai). In alto, a sovrastare l’uscio, c’è una sorta di Stella di David con un tondo fregiato. La punta in alto ha una croce incastonata, quella in basso un oculus, simbolo alchemico che rappresenta il sole e l’oro. La porta magica di Roma è un oracolo a forma di porta, un monumeto parlante che ci spiega come il cammino verso la conoscenza non deve essere mai interrotto.

 

Abbazia di San Galgano

L’abbazia di San Galgano

Ha come tetto solo il cielo e all’interno, se si chiudono gli occhi, si può ascoltare il suono dei cavalieri, delle armi e dell’amore. L’abbazia di San Galgano è un pezzo d’Irlanda in Italia. Svetta in mezzo alla Val di Merse a 35 chilometri a sud di Siena, nel comune di Chiusdino. Qui leggende, storia, religione e architettura si fondano e danno vita a un luogo unico. Quel che è certo è che si tratta di un’abbazia costruita tra 1218 e 1288 dai monaci cistercensi.

La carestia nel 1329 e la peste nel 1348 colpiscono duramente la comunità e alla fine del quindicesimo secolo i monaci si trasferiscono a Siena. Da quel momento entra in scena il racconto e si narra che San Galgano, cavaliere medievale senza paura decide di passar qui gli ultimi anni della sua vita. Non solo ma isolandosi da tutto e tutti abbandona, come gesto simbolico, la sua spada nella roccia nella cosiddetta Rotonda, costruzione del 1182 più antica dell’abbazia. Un gesto di pace e di conversione dopo un’esistenza di battaglie e dissolutezze.

Un’azione simmetrica e opposta a quella di re Artù. Oggi l’elsa della spada è è protetta da una teca di vetro ed è ovviamente meta turistica. Accanto alla spada, per esempio, è stata rinvenuta una piccola cavità. Dentro una scatola sulla quale c’è scritto ‘ossa di San Galgano’, ma il tutto è ancora oggetto di ricerca. La spada, in base agli ultimi studi, pare risalga al XII secolo. Si sta cercando di capire che provenienza abbia il ferro: sapere che viene da miniere toscane o estere sarebbe un’utile indicazione storica.

Quello che è arrivato fino ai nostri giorni è un monumento unico, con il classico aspetto goticheggiante degli altri complessi cistercensi, con pianta a croce latina a tre navate, ricca di capitelli intarsiati, chiostro, sala capitolare e campanile. Un posto unico in Italia nel quale si riesce a cogliere al meglio l’armonia fra cielo, pietra e terra.

 

Denise Faticante

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