Gaza e il dilemma comunicativo di Israele

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Non sottovaluto affatto il disagio e i problemi degli Israeliani che combattono un nemico per certi versi debolissimo, per altri fortissimo. Le scelte del governo e del popolo di Israele sono complicatissime. Il mio primo articolo (Niente guerra in terra santa) era chiaro nel rilevare la necessità di comprendere lo stato d’animo se non proprio le ragioni di Israele e del suo governo.

In questo intervento voglio parlare della comunicazione. Io non sono né a Gaza né a Gerusalemme quindi non posso esprimere giudizi diretti e mi devo affidare ai media. I media europei e internazionali hanno due posizioni prevalenti: alcuni trascurano la notizia relegandola nelle pagine interne (media europei); la gran parte prende posizione decisamente a favore degli assediati a Gaza con tutte le foto, le interviste e i commenti che inondano i siti e i social network. Avendo visto le foto e la copertura dei media, l’opinione pubblica non ha dubbi con chi stare e aumenta l’odio contro Israele soprattutto nelle periferie delle metropoli europee in cui i poveri immigrati trovano nell’Islam una ragione di riscatto.

L’opinione pubblica può avere torto, vedere solo una parte della realtà, parlare per principi, ecc. Ma il dato di fatto è proprio quanto la gente pensa, forse quello che vuole sentire. Bisogna tenerne conto e prendere provvedimenti se si pensa di avere le ragioni della giustizia dalla propria parte. Si dovrebbe riuscire a convincere quelli che criticano Israele che il suo governo sta facendo di tutto per evitare la guerra. Purtroppo il governo di Israele ha bisogno anche di dimostrare forza e arroganza per ottenere voti da parte dei propri elettori. La conseguenza è che si attira la riprovazione dei perbenisti occidentali (tra cui mi ci metto anch’io) che non vivono la situazione di tensione e talora di terrore.
Quando non si conoscono i fatti di persona, la reazione di chiunque è pensare e parlare solo sulla base di principi astratti. Però la comunicazione fa parte della realtà politica. Per molti versi questa è una fortuna perché induce a rispettare valori umani e di giustizia e a limitare l’uso della forza. Non si può giustificare di fronte a nessuna opinione pubblica la morte di bambini. Persino il più cinico dei governanti deve tenere conto di questo! Perché Hasbara, l’ente di propaganda israeliano, non è capace di dare una versione dei fatti in grado di giustificare di fronte all’opinione pubblica del mondo la propria azione? Perché i palestinesi sono così abili a sfruttare a loro vantaggio la propaganda? Forse che Hasbara è incapace di comunicare? Forse che i palestinesi sono geni della manipolazione delle notizie? O forse perché a qualcuno mancano gli argomenti e agli altri abbondano? Forse perché Hasbara deve servire due padroni: l’opinione pubblica interna e quella internazionale?
Corrado Poli

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