La medaglia dimenticata. L'oro olimpico di Giani Stuparich nell'Epica (Londra 1948)

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Le Olimpiadi di Tokyo hanno consacrato l’Italia come “la nazione più veloce del mondo” grazie alle medaglie d’oro conquistate da Marcell Jacobs nei 100 metri e della staffetta 4×100.
Questo, però, non può farci dimenticare che per decenni ci siamo vantati di essere “un paese di poeti, santi e navigatori” non di corridori.
È vero, i santi non possono partecipare alle competizioni olimpiche (ma si possono rifare con i calendari), i navigatori si sono fatti onore anche a Tokyo grazie alla coppia Caterina Banti e Ruggero Tita, ma in troppi hanno dimenticato la medaglia d’oro letteraria vinta dal triestino Giani Stuparich in occasione dei Giochi olimpici del 1948.
Quelli tenutisi a Londra, capitale di una terra che non ha più smesso di regalarci soddisfazioni, soprattutto negli ultimi tempi.
Per i meno attenti, ricordiamo che nelle edizioni dei giochi olimpici dal 1912 al 1948 si assegnarono anche una serie di medaglie “culturali” in varie discipline: architettura, letteratura, musica e pittura.
Discipline in cui abbiamo conquistato un discreto bottino: due medaglie d’oro in musica e pittura nel 1912 (rispettivamente Riccardo Barthelemy e Giovanni Pellegrini), una in letteratura nel 1920 con Raniero Nicolai, una in scultura nel 1936 con Farpi Vignoli e quella già citata, vinta dal triestino Giani Stuparich nel 1948.

Giani Stuparich

Di famiglia ebraica, Giani Stuparich ( Trieste 4 aprile 1891 – Roma 7 aprile 1961) si aggiudicò la sua prima medaglia d’oro in un contesto molto diverso da quello sportivo. Gli venne consegnata per il suo valore militare nel 1922 per quanto compiuto durante il primo conflitto mondiale. Partito volontario, venne ferito in battaglia e imprigionato nel lager ungherese di Sigmundsherberg dove restò per oltre due anni, mentre suo fratello Carlo e il suo migliore amico, Scipio Slapater, perirono in battaglia.
Terminata la Grande Guerra, si sposò con la scrittrice Elody Oblath (anch’essa di religione ebraica) e insegnò letteratura italiana al liceo (ora Dante Alighieri) di Trieste.
Le leggi razziali emanate dal regime fascista nel 1938 lo spinsero a lasciare l’insegnamento e nell’agosto del 1944 venne arrestato dalle Ss e rinchiuso nella Risiera di San Sabba insieme alla moglie e alla madre.
Grazie all’intervento del vescovo e del prefetto di Trieste, la famiglia venne liberata dopo una settimana, ma i segni di quanto avvenuto restarono indelebili e le sue pubblicazioni del dopoguerra risentirono del dolore per quanto accaduto alla sua famiglia e alla sua città natale durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi. Ricordiamo, tra le altre: “Trieste nei miei ricordi” (1948) e “Ricordi istriani” (1961).

Le Olimpiadi di Londra del 1948

Tornando alle Olimpiadi, le opere culturali che ambivano a una medaglia dovevano ispirarsi, secondo precise indicazioni di De Coubertin, allo spirito olimpico e ovviamente allo sport. Le opere letterarie erano suddivise in tre categorie: teatro, lirica ed epica. Proprio in quest’ultima categoria Stuparich ottenne il primo posto a Londra nel 1948.
La giuria era composta da quattro giudici britannici, tra cui Bernard Darwin, nipote di Charles, un danese ed uno svizzero e Stuparich ottenne l’oro con il componimento “La Grotta” che gli permise di sopravanzare il danese Josef Petersen con “Il campione olimpico” e l’ungherese Eva Foldes con “Il pozzo della giovinezza”.
Il racconto “La Grotta”, pubblicato per la prima volta nel 1933 e riedito numerose volte negli anni successivi, era di chiara ispirazione biografica. Narra le vicende di tre giovani amici impegnati nell’esplorazione di una caverna che precipitano in una voragine. Solo uno riesce a evitare la morte, ma resta annientato dal senso di colpa e dalla consapevolezza di dover rendere conto del privilegio conseguito senza particolare meriti, evidente riferimento alla morte del fratello Carlo e di Scipio Slapater durante la prima guerra mondiale.

Purtroppo, l’oblio ha quasi interamente coperto la vittoria olimpica di Stuparich, i motivi sono diversi, ma lo stesso vincitore non fece nulla per celebrarla.
Continuò a collaborare con il quotidiano “La Stampa” fino al 1955, ma il complicato secondo dopoguerra di Trieste finì per spegnere lentamente sogni e passioni di Giani Stuparich che morì il 7 aprile 1961 a Roma a causa di alcune complicazioni post-operatorie.

Massimiliano Boschi

 

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