Giap è morto, viva Giap

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giapQuel che sappiamo di Vo Nguyen Giap (l’uomo, il militare, il filosofo) lo dobbiamo in gran parte a Giap (la newsletter di Wu Ming) e al libro Asce di Guerra. Umiliò il colonialismo francese a Dien Bien Phu, guidò la resistenza agli americani nel suo Vietnam, ha concluso la sua lunghissima vita (102 anni, forse…) polemizzando con il suo Vietnam per la svendita delle miniere di bauxite all’imperialismo cinese. Vogliamo ricordare l’inventore della guerriglia (una guerriglia non solo militare, ma culturale, quasi di marketing) attraverso un brano tratto da un lungo articolo di Tommaso De Lorenzis (qui la versione originale) e alcuni filmati che spieghino, per chi non la conosce, l’importanza della sua figura

Nella primavera del 1954, sulle sponde del fiume Nam Yum, nella valle di Dien Bien Phu, nacque il mito del generale Giap.

Le sanguinose vicende che sconvolsero il Vietnam tra la seconda guerra mondiale e la metà degli anni Settanta, dall’inizio della resistenza anti-nipponica alla caduta di Saigon (30 aprile 1975), sono marchiate a fuoco nella memoria degli alti comandi d’Occidente. La capitolazione delle truppe giapponesi e la vampa insurrezionale dell’agosto 1945, la disfatta dell’esercito transalpino nella guerra d’Indocina e la débâcle americana nel conflitto con il Nord socialista dimostrarono al mondo la fragilità delle potenze coloniali. La sproporzione delle forze in campo e la straordinaria capacità di colmare la differenza di mezzi tecnici trasformarono il Vietnam nel simbolo della resistenza all’imperialismo. Nacque così l’epica di un popolo indomito, guidato da scaltri maestri della guerra.
La scienza militare vietnamita è indissolubilmente intrecciata alla «guerra di guerriglia», versione novecentesca del duello biblico che oppose Davide a Golia. La stessa filmografia statunitense, con il popolare filone dei Viet-movies, ha affibbiato al “Giallo” «accovacciato nella giungla», a “Charlie” come lo chiamano gli sciroccati marine di Apocalypse Now, i panni d’un nemico astuto e infido, ubiquo e invisibile, più simile a un partigiano senza volto che al disciplinato milite di un esercito regolare.
“Charlie” «s’imbucava nella terra troppo profondamente o si muoveva troppo in fretta», considera Benjamin Willard mentre risale il corso del fiume Nung alla ricerca del colonnello Kurtz. «In Vietnam non esiste la prima linea» chiosa il sergente Clell Hazard in Giardini di pietra. E perfino John Rambo finirà per applicare, nella cittadina di Hope, quella destrezza e quell’attitudine al mimetismo, che l’iconografia è solita conferire al combattente vietnamita. Il reduce incompreso “vincerà” nella patria ostile con le armi che resero insuperabile il nemico.
Eppure, il mito fondativo dell’imbattibilità viet, il vero inizio dell’epopea, l’accadimento che portò alla disfatta francese, e al riconoscimento della Repubblica democratica sotto la guida del Presidente Ho Chi Minh, fu una terrificante battaglia campale, durata sette settimane e culminata nella conquista delle linee francesi al termine di un durissimo assedio.

Giap_Ivan_Federico

A Dien Bien Phu fu scavato un fitto groviglio di trincee e vennero concentrate decine di migliaia di uomini. Da ambo le parti si registrò un massiccio impiego dell’artiglieria. I francesi provarono a impiegare i cacciabombardieri. Il Vietminh rispose con un inatteso fuoco di contraerea. Per entrambi i contendenti si materializzò il famelico mostro della no man’s land: la terra di nessuno. E in alcuni momenti lo scontro divenne un combattimento all’arma bianca sotto il diluvio delle piogge monsoniche.
Il viatico di Giap per l’Olimpo dei guerrieri fu un confronto nel quale si contrapposero due eserciti regolari, due efficienti macchine belliche registrate nei minimi dettagli. L’intuizione del generale asiatico consistette nel ribaltamento dei rapporti di forza attraverso l’imposizione della superiorità numerica e la creazione della supremazia tattica. Giap vinse nei termini della più canonica delle guerre regolari e l’apice del conflitto coincise con il momento topico della “grande battaglia”.

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