In ricordo di Giorgia

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E’ passato un anno dalla morte di Giorgia Iazzetta. Giornalista, appassionata, solare. Non saprei definirla in altro modo. L’avevo conosciuta all’Università, sui banchi di Scienze della Comunicazione, l’ho reincrociata da giornalista sulle colonne del Corriere del Veneto. E’ stato un onore. Questa sera (venerdì) a Cadoneghe viene assegnata la prima edizione del premio intitolato a suo nome. Un premio giornalistico riservato ai giovani under 35  ispirato ai valori che hanno contraddistinto il suo lavoro: la curiosità, la serietà e soprattutto la cura per l’umanità. La prima  edizione va ad ex aequo a un mio reportage dal Kosovo e ad Anna Giuseppina Milan per un servizio radiofonico sull’amianto.

Ripropongo qui di seguito il reportage dal Kosovo pubblicato sul Corriere di Verona lo scorso 6 marzo.. Lo dedico al Castello dei Sorrisi, l’associazione veronese che si batte per dare un futuro a tanti bimbi cardiopatici kosovari. E a Giorgia.

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KLINA(Kosovo) – Gloria ha 6 anni.  Quando compare sulla porta è a metà strada tra Pippi Calzelunghe e Cappuccetto Rosso.  Tiene stretto a sé un pupazzo con le trecce gialle, come potesse proteggerla dal dolore che sente al petto.  Siamo aKlina, cuore del Kosovo.  Ma oggi, una giornata di sole in cui la neve si scioglie sui prati, è come ci trovassimo in una sezione distaccata dell’ospedale di Borgo Trento.  Maria Antonia Prioli, responsabile della cardiologia pediatrica di Verona e dell’associazione «Il grande cuore di Moreno», Luca Tomasi cardiologo dell’Azienda ospedaliera, Paola Miglioranzi, pediatra, hanno allestito un ambulatorio all’interno del Campo Caritas.

Sono bastati due lenzuoli, un cartello scritto a mano, giochi e palloncini colorati. «Ho già un nodo allo stomaco», sussurra la dottoressa Prioli spiando dalla finestra la coda che si forma al di fuori dalla porta.  I tre medici sono qui in una missione organizzata dal Castello dei Sorrisi, onlus di Castel D’Azzano che da anni salva la vita a decine di bambini.  L’incidenza delle cardiopatie e di molte altre malattie in Kosovo è decisamente anomala.  Colpa di povertà, guerra, inquinamento.  Forse dell’uranio impoverito.  La cardiochirurgia non esiste e l’unica speranza è andare all’estero.

Gloria ha un difetto interventricolare, un buchetto che lascia passare sangue non ancora ossigenato nel ventricolo sbagliato.  Quando cammina respira in modo affannato.  Rischia di andare in insufficienza respiratoria e morire.  Su 22 bambini visitati domenica almeno 4 necessitano di un intervento urgentissimo, 7 devono essere operati entro un anno.  Solitamente il Castello dei Sorrisi si occupa di pagare viaggio e ospitalità, gli interventi rientrano nell’attività umanitaria della Regione Veneto.  Ma i fondi per il 2012 non sono stati ancora stanziati, e così, ad esempio, l’operazione di Ledri, l’ultimo bimbo kosovaro arrivato al Confortini, è stato pagata tutta dai donatori veronesi. «Il “conto” dei casi che abbiamo scoperto in questi due giorni – spiegava ieri Paola Miglioranzi – supera già i 200.000 euro».

La missione aveva lo scopo iniziale di effettuare visite di controllo sui bimbi cardiopatici già operati a Verona e di effettuare uno screening su una decina di nuovi casi.  Ma è stato il crollo di una diga.  Grazie al passaparola, aKlinatra domenica e lunedì sono arrivati da tutto il Kosovo.  I tre medici hanno visto di tutto: bimbi down i cui genitori non sapevano cosa fosse la sindrome di down, peacemaker con le pile in via di esaurimento, bimbi con glaucoma e dentature disastrose.

Anche Gloria non era nella lista.  E’ stato il parroco ad accompagnarla. «Un cardiologo ieri ci ha detto che era gravissima – raccontano i genitori – e che domattina dobbiamo andare a Tirana per un intervento.  Che avrebbe organizzato tutto lui.  Ma non ci siamo fidati».  E hanno fatto bene.  Gloria è grave, va operata in fretta.  Ma non certo a Tirana.  Il primario kosovaro in questione organizza viaggi della speranza a prezzo molto caro.  Più di diecimila euro, per gente che guadagna 100-150 euro al mese.  Pure con dubbi risultati.  Ma chi non venderebbe la casa pur di salvare la vita al figlio?  Non è un modo di dire. «Conosco una coppia di anziani – ci racconta Violeta, l’interprete – che si è venduta la casa per un’operazione in Bosnia: ma del figlio gli è rimasta solo la tomba su cui piangere».  Gloria non è l’unico caso urgente: Altin, 5 anni, ha un atrio unico; ad Ali, 11, manca metà cuore, la mattina si sveglia e vomita sangue, da mesi non va a scuola.  La dottoressa Prioli adotta la stessa tecnica con tutti: «Facciamo un patto: tu diventi un bravo medico, o un informatico e noi ti ripariamo il cuore…».

In due giorni ha prima promesso di tornare tra sei mesi per le visite di controllo.  Poi tra quattro, poi tra due.  Poi ieri, in un pranzo con il sindaco diKlina, ex ministro molto influente, l’abbiamo sentita dire di essere pronta a tornare anche tra una settimana per andare al ministero della Salute e strappare insieme una compartecipazione dello Stato kosovaro alle spese.  Sempre in ferie, sempre a spese proprie.  Luca Tomasi e Paola Miglioranzi stanno già studiando un modo per tornare, portare medicinali, coinvolgere altri colleghi.  Non si fermeranno.  Perché? «Perché davanti a questi bambini non possiamo far finta di nulla».

Luca Barbieri

 

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