Istanbul, continua la Resistenza, il diario
Ecco l’aggiornamento da Istanbul

I dettagli forniti dall’unione dei medici turchi sono da brivido. Ormai i feriti superano i quattro mila, i morti accertati sono tre, uno a Istanbul, uno ad Ankara e uno ad Hatay. Nulla ci vieta di pensare che, dato lo stato della censura in Turchia, si tacciano altri casi che ancora non è il momento di rivelare.
Ai funerali che si sono tenuti ad Hatay per il giovane 22enne rimasto ucciso, la polizia è di nuovo intervenuta con la mano pesante.Ankara è uno dei teatri di scontro dove la repressione della polizia è più dura. Ieri la polizia attaccava i residenti che portavano aiuti ai manifestanti e le infermerie non governative. L’associazione degli avvocati denuncia che i fermati (del tutto arbitrari) sono stati tenuti isolati per ore senza poter vedere un dottore né un avvocato. 8 persone sono state ospedalizzate in condizioni critiche. Denuncia inoltre maltrattamenti, percosse e quanto ormai ci possiamo bene immaginare.
http://www.bianet.org/english/human-rights/147224-police-attacked-infirmary-in-ankaraOggi ancora duri interventi, contro chi manifesta o sciopera e due giornalisti fermati.
http://www.hurriyetdailynews.com/police-quell-protesters-in-ankara-with-sudden-tear-gas-attack.aspx?pageID=238&nID=48306&NewsCatID=341
A Izmir, 24 persone sono sotto arresto e se ne cercano altre 14, per aver fatto un uso “indiscriminato” di twitter:
http://www.bianet.org/english/human-rights/147258-yield-to-ambulance-tweet-faces-prosecution-in-turkey
Però il BDP (il partito dei curdi) chiede in un documento che si faccia luce sulle responsabilità del governatore di Istanbul e del capo delle forze dell’ordine, nonchè sull’uso della violenza da parte della polizia. Speriamo sia ascoltata quella che finora sembra l’unica forza dell’opposizione in grado di esprimere la propria voce.

http://www.whatishappeninginistanbul.com/?p=303#more-303
Al parco vengo rifornita di volantini dove, con sfumature diverse a seconda di chi li concepisce, i vari gruppi di resistenza specificano punto per punto gli obiettivi della protesta e della rivoluzione che, a detta di tutte le persone consultate oggi, durerà finchè non otterremo quanto richiesto. Eccovi un esempio degli obiettivi a cura di Kaldirac (un gruppo di attivisti il cui slogan è “per un mondo libero”):
1) Scuse ufficiali del governo per aver dato dei barboni e degli alcolizzati alle migliaia di manifestanti scesi a protestare
2) Cancellazione definitiva del progetto che prevede la distruzione del parco e la costruzione del centro commerciale o di qualsiasi altra cosa. Il parco rimanga area verde e si commemori la resistenza con un monumento
3) Il nome della zona di Taksim sia cambiato in Taksim, luogo del 1 Maggio
4) Si riapra il processo per il massacro del 1 Maggio 1977
5) Scuse ufficiali al popolo per le pratiche di censura attuate dai canali NTV, CNN TURK e Haber Turk.
6) Ritiro dei reparti di polizia mobile in tutte le province, rilascio immediato di tutti i fermi, di tutte le persone arrestate indiscriminatamente, fine di tutte le ispezioni e indagini a loro carico
7) Indagini e giudizio sulle responsabilità del Capo della Polizia nazionale e di Istanbul e del Governatore di Istanbul
8) Cancellazione del progetto del terzo ponte sul Bosforo
9) Ritiro della polizia e dell’esercito dalle università

Che parla apertamente, a titolo personale ma anche rappresentativo del gruppo a cui è affiliato e che sembra essere d’accordo sui caratteri fondamentali di questo movimento. L’economia del parco e della piazza sembra un sfida al sistema capitalistico che tutti i nostri interlocutori additano come la ragione della distruzione della società. La capacità di fare fronte alle situazioni di emergenza appare a sua volta come una sfida alla politica del terrore con cui questo governo e i suoi apparati di sicurezza vogliono impedire l’espressione del dissenso.Stamattina era una festa. Al tramonto era una festa.
Al parco c’è la libreria! Al parco hanno piantato nuovi alberelli! Al parco ogni albero è l’occasione per affiggere elenchi, scritte, poesie, slogan, numeri di telefono utili, fotografie, nastri. Al parco oltre agli stand di ogni associazione o partito o organizzazione che vi ho citato sopra (e di altre che sicuramente mi sono persa) ci sono cucine, dormitori, angoli dove ammassare provviste, materassi, coperte, asciugamani, punti di ascolto e accoglienza. Al parco si va, si rimane, si dorme, si mangia, si condivide un pasto o una partita a carte, si legge un libro e si parla di politica e ideali, di programmi di lotta e resistenza.
Porto un asciugamano, della carta, dei fazzoletti, delle lampadine, del nasto adesivo. Mi viene voglia di dipingere un albero e un pugno sinistro alzato, di stabilire lì una parte della mia vita quotidiana. Il parco sembra diventato una roccaforte inespugnabile. La gente a ogni ora intona canti, suona, balla, fischia. Se passa un elicottero in perlustrazione, pronto a sganciare il suo gas al peperoncino, ci si mette tutti a urlare verso l’alto, è un coro, una risata collettiva e un grido di indignazione che ci fa trovare tutti abbracciati.
Passo al tramonto, dopo aver concluso il mio lavoro. La stanchezza che provavo scompare subito mentre mi aggiro e, pur travolta da una quantità di gente che continua a sembrare inverosimile (continuo a ripetere che siamo nel mezzo della settimana lavorativa, non era per niente scontato che sarebbe continuato così), non faccio che incontrare persone che conosco, non ultimi i miei studenti, sempre più felici di scoprire tanta variegata umanità, unita per lo stesso scopo. C’è ancora la mia studentessa Cagla, le scintillano gli occhi, e dopo cinque minuti di conversazione mi rivela che la mano nascosta dietro la schiena tiene una sigaretta. Mi chiede timidamente se può fumare e mi fa una tenerezza incredibile. Però mi sembra un’occasione meravigliosa per spiegarle che è libera, che né lei è al parco come studentessa né lo sono io come insegnante. Io sono lì come una persona. Tutti sono lì come persone.
Arriva la mia amica, compagna di lotte, e inziano le interviste. Il coro sembra unanime, pur venendo dalle voci più disparate e corrisponde in pieno alle sensazioni che questa insurrezione ha suscitato in me fin dal primo istante: quello che il governo vuole impedire, ordinando alla polizia di disperdere la gente anche nei momenti più impensabili, è questo stare insieme, questa unione di intenti, questa condivisione e gestione della cosa pubblica che si autoregola senza bisogno di leggi scritte. Questa partecipazione ma anche la felicità che leggi sulle facce di tutti. All’entrata del parco, laddove prima c’era il quartier generale della polizia, ora c’è il Devrim Muzesi, il museo della rivoluzione, con tanto di fotografie, di maschere antigas appese e copertine di giornali satirici.

Per la prima volta, oggi, quando al tramonto mi aggiravo felice nella moltitudine festante, cercando a fatica di infilarmi fra la folla, ho pensato che ce la faranno, che c’è speranza, che stanno realizzando quello che vogliono, che sono diventati un soggetto politico, con cui interloquire alla pari.
Erdogan è fuggito in Maghreb, al suo ritorno, domani, ci sarà al parco un concerto di Sezen Aksu, famosa cantante turca, impegnata e in prima linea, in molte battaglie politiche.
Chissà cosa succederà. Ce lo chiediamo tutti, ancora non si sa, non lo sanno nei palazzi del potere, non lo sanno fra le tende al parco, non si sa nelle strade dietro le barricate. Ma per una volta questa incertezza non è carica di delusione, tutto il contrario.Oggi era il Kandil (una festa musulmana), tutti offrivano piccoli simit (ciambelle turche). Domani è un altro giorno, il nono della Resistenza.
http://fotogaleri.hurriyet.com.tr/galeridetay.aspx?cid=69780&rid=2&p=1