Istanbul, continua la Resistenza, il diario

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Ecco l’aggiornamento da Istanbul

Mercoledì
Il primo giorno senza lacrimogeni si consuma velocemente, per me, che non posso partecipare allo sciopero della funzione pubblica indetto dalla confederazione del pubblico impiego KESK, a cui aderisce l’unione dei sindacati DISK e l’unione dei medici TTB. La situazione della mia scuola, straniera e privata, non mi permette di trasformare la mia adesione personale in qualcosa di più largamente condiviso.

Eppure… quando stamattina, prima di recarmi a lavoro, faccio un salto al parco e trovo Taksim già straripante di gente in febbrile attività, fra bandiere di partiti della sinistra extraparlamentare, di gruppi della società civile, dalle femministe alle realtà LGBT, dai curdi agli anarchici, dai musulmani anticapitalisti ai marxisti, dai pensionati al sindacato del cinema, da coloro che commemorano le vittime delle stragi di Reyhanli (recente attentato riconducibile a terrorismo filo-Assad) e di Roboski (dove l’aviazione turca ha erroneamente bombardato dei civili credendoli dei terroristi curdi) ai pensionati, dai giovani nazionalisti turchi ai liceali, che si agitano alla brezza della mattina, fra persone che sospirano i primi sbadigli del risveglio, su materassini sparsi sotto gli alberi per la cui sopravvivenza questo popolo si scopre tale e in grado di fare la rivoluzione, gente che dipinge i prossimi striscioni, ragazzi che preparano la colazione e medici che si aggirano dando istruzioni (e avvisando che ogni cosa di cui c’è bisogno il Parco Occupato la fornisce gratuitamente per cui nessuno dovrà dare soldi a nessuno), insomma quando tutto ciò mi si presenta sotto gli occhi continuando a provocare lo stupore e l’ammirazione che provo ormai da una settimana, coltivo per un istante la pazza idea di proporre alla mia scuola di fare gli scrutini al Gezi parki. E’ solo una fantasia, di quelle che faccio io, definita in ogni dettaglio, e destinata a rimanere tale. Però si può perfezionare, continuo a pensare…
OLYMPUS DIGITAL CAMERAE’ una giornata convulsa per tutta la Turchia. Lo sciopero raccoglie tantissime adesioni, è la prima volta che assisto a uno sciopero di tali proporzioni. Un segnale molto forte in un paese come questo, giovane sotto tanti punti di vista.
I dettagli forniti dall’unione dei medici turchi sono da brivido. Ormai i feriti superano i quattro mila, i morti accertati sono tre, uno a Istanbul, uno ad Ankara e uno ad Hatay. Nulla ci vieta di pensare che, dato lo stato della censura in Turchia, si tacciano altri casi che ancora non è il momento di rivelare.

Ai funerali che si sono tenuti ad Hatay per il giovane 22enne rimasto ucciso, la polizia è di nuovo intervenuta con la mano pesante.Ankara è uno dei teatri di scontro dove la repressione della polizia è più dura. Ieri la polizia attaccava i residenti che portavano aiuti ai manifestanti e le infermerie non governative. L’associazione degli avvocati denuncia che i fermati (del tutto arbitrari) sono stati tenuti isolati per ore senza poter vedere un dottore né un avvocato. 8 persone sono state ospedalizzate in condizioni critiche. Denuncia inoltre maltrattamenti, percosse e quanto ormai ci possiamo bene immaginare.
http://www.bianet.org/english/human-rights/147224-police-attacked-infirmary-in-ankaraOggi ancora duri interventi, contro chi manifesta o sciopera e due giornalisti fermati.
http://www.hurriyetdailynews.com/police-quell-protesters-in-ankara-with-sudden-tear-gas-attack.aspx?pageID=238&nID=48306&NewsCatID=341

A Izmir, 24 persone sono sotto arresto e se ne cercano altre 14, per aver fatto un uso “indiscriminato” di twitter:
http://www.bianet.org/english/human-rights/147258-yield-to-ambulance-tweet-faces-prosecution-in-turkey

Però il BDP (il partito dei curdi) chiede in un documento che si faccia luce sulle responsabilità del governatore di Istanbul e del capo delle forze dell’ordine, nonchè sull’uso della violenza da parte della polizia. Speriamo sia ascoltata quella che finora sembra l’unica forza dell’opposizione in grado di esprimere la propria voce.

OLYMPUS DIGITAL CAMERASecondo il quotidiano Radikal anche ieri notte, al Dolmabahce, dove ci sono gli uffici di Erdogan, la polizia ha fermato 65 persone.Nonostante ciò le città non si arrendono e il popolo di Taksim e del parco reclama già adesso alcuni punti fermi. E’ stato stilato il seguente documento sulla seguente piattaforma web creata da un gruppo di attivisti:

http://www.whatishappeninginistanbul.com/?p=303#more-303

Al parco vengo rifornita di volantini dove, con sfumature diverse a seconda di chi li concepisce, i vari gruppi di resistenza specificano punto per punto gli obiettivi della protesta e della rivoluzione che, a detta di tutte le persone consultate oggi, durerà finchè non otterremo quanto richiesto. Eccovi un esempio degli obiettivi a cura di Kaldirac (un gruppo di attivisti il cui slogan è “per un mondo libero”):

1) Scuse ufficiali del governo per aver dato dei barboni e degli alcolizzati alle migliaia di manifestanti scesi a protestare
2) Cancellazione definitiva del progetto che prevede la distruzione del parco e la costruzione del centro commerciale o di qualsiasi altra cosa. Il parco rimanga area verde e si commemori la resistenza con un monumento
3) Il nome della zona di Taksim sia cambiato in Taksim, luogo del 1 Maggio
4) Si riapra il processo per il massacro del 1 Maggio 1977
5) Scuse ufficiali al popolo per le pratiche di censura attuate dai canali NTV, CNN TURK e Haber Turk.
6) Ritiro dei reparti di polizia mobile in tutte le province, rilascio immediato di tutti i fermi, di tutte le persone arrestate indiscriminatamente, fine di tutte le ispezioni e indagini a loro carico
7) Indagini e giudizio sulle responsabilità del Capo della Polizia nazionale e di Istanbul e del Governatore di Istanbul
8) Cancellazione del progetto del terzo ponte sul Bosforo
9) Ritiro della polizia e dell’esercito dalle università

istanbul3Questo è solo un esempio dell’attività senza posa di questa gente.
Che parla apertamente, a titolo personale ma anche rappresentativo del gruppo a cui è affiliato e che sembra essere d’accordo sui caratteri fondamentali di questo movimento. L’economia del parco e della piazza sembra un sfida al sistema capitalistico che tutti i nostri interlocutori additano come la ragione della distruzione della società. La capacità di fare fronte alle situazioni di emergenza appare a sua volta come una sfida alla politica del terrore con cui questo governo e i suoi apparati di sicurezza vogliono impedire l’espressione del dissenso.Stamattina era una festa. Al tramonto era una festa. 
Al parco c’è la libreria! Al parco hanno piantato nuovi alberelli! Al parco ogni albero è l’occasione per affiggere elenchi, scritte, poesie, slogan, numeri di telefono utili, fotografie, nastri. Al parco oltre agli stand di ogni associazione o partito o organizzazione che vi ho citato sopra (e di altre che sicuramente mi sono persa) ci sono cucine, dormitori, angoli dove ammassare provviste, materassi, coperte, asciugamani, punti di ascolto e accoglienza. Al parco si va, si rimane, si dorme, si mangia, si condivide un pasto o una partita a carte, si legge un libro e si parla di politica e ideali, di programmi di lotta e resistenza.
Porto un asciugamano, della carta, dei fazzoletti, delle lampadine, del nasto adesivo. Mi viene voglia di dipingere un albero e un pugno sinistro alzato, di stabilire lì una parte della mia vita quotidiana. Il parco sembra diventato una roccaforte inespugnabile. La gente a ogni ora intona canti, suona, balla, fischia. Se passa un elicottero in perlustrazione, pronto a sganciare il suo gas al peperoncino, ci si mette tutti a urlare verso l’alto, è un coro, una risata collettiva e un grido di indignazione che ci fa trovare tutti abbracciati.
Passo al tramonto, dopo aver concluso il mio lavoro. La stanchezza che provavo scompare subito mentre mi aggiro e, pur travolta da una quantità di gente che continua a sembrare inverosimile (continuo a ripetere che siamo nel mezzo della settimana lavorativa, non era per niente scontato che sarebbe continuato così), non faccio che incontrare persone che conosco, non ultimi i miei studenti, sempre più felici di scoprire tanta variegata umanità, unita per lo stesso scopo. C’è ancora la mia studentessa Cagla, le scintillano gli occhi, e dopo cinque minuti di conversazione mi rivela che la mano nascosta dietro la schiena tiene una sigaretta. Mi chiede timidamente se può fumare e mi fa una tenerezza incredibile. Però mi sembra un’occasione meravigliosa per spiegarle che è libera, che né lei è al parco come studentessa né lo sono io come insegnante. Io sono lì come una persona. Tutti sono lì come persone.
Arriva la mia amica, compagna di lotte, e inziano le interviste. Il coro sembra unanime, pur venendo dalle voci più disparate e corrisponde in pieno alle sensazioni che questa insurrezione ha suscitato in me fin dal primo istante: quello che il governo vuole impedire, ordinando alla polizia di disperdere la gente anche nei momenti più impensabili, è questo stare insieme, questa unione di intenti, questa condivisione e gestione della cosa pubblica che si autoregola senza bisogno di leggi scritte. Questa partecipazione ma anche la felicità che leggi sulle facce di tutti. All’entrata del parco, laddove prima c’era il quartier generale della polizia, ora c’è il Devrim Muzesi, il museo della rivoluzione, con tanto di fotografie, di maschere antigas appese e copertine di giornali satirici.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAQuesto fa loro paura: il popolo di questa singolare rivoluzione ha già cominciato ad autocelebrarsi. E’ sconcertante quanto velocemente abbia preso coscienza di sè. Stanno, stiamo scoprendo che se vogliono qualcosa si possono autorganizzare e lottare per ottenerla!
Per la prima volta, oggi, quando al tramonto mi aggiravo felice nella moltitudine festante, cercando a fatica di infilarmi fra la folla, ho pensato che ce la faranno, che c’è speranza, che stanno realizzando quello che vogliono, che sono diventati un soggetto politico, con cui interloquire alla pari.
Erdogan è fuggito in Maghreb, al suo ritorno, domani, ci sarà al parco un concerto di Sezen Aksu, famosa cantante turca, impegnata e in prima linea, in molte battaglie politiche.
Chissà cosa succederà. Ce lo chiediamo tutti, ancora non si sa, non lo sanno nei palazzi del potere, non lo sanno fra le tende al parco, non si sa nelle strade dietro le barricate. Ma per una volta questa incertezza non è carica di delusione, tutto il contrario.Oggi era il Kandil (una festa musulmana), tutti offrivano piccoli simit (ciambelle turche). Domani è un altro giorno, il nono della Resistenza.

http://fotogaleri.hurriyet.com.tr/galeridetay.aspx?cid=69780&rid=2&p=1

Nella notte mi allontano, c’é un gruppo con la chitarra che cansta “Cav Bella”, “Bella Ciao” adattata al turco.
vostra Libera

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