Itinerario Alpe Adria, 175 chilometri di «turismo lento» fra montagna e pianura

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L’Austria arriva in Italia anche da Villach, sbarcando a Tarvisio. Zone di confine, dove il turismo ha portato sviluppo a tutti i campanili di un comprensorio mitteleuropeo che corre soprattutto sulle due ruote. Qui parte il tratto italiano della ciclovia Alpe Adria, forse il più felice e riuscito progetto europeo bike friendly ospitato sul suolo nazionale. Austria e Italia insieme, da Salisburgo fino a Grado. Di corridoi si parla in continuazione per portare gente in Italia nell’estate dell’emergenza, a partire da quei tedeschi e austriaci che da queste parti valgono gran parte del fatturato di ristoranti, alberghi e spiagge. Itinerario Alpe Adria è un corridoio verde già esistente, dalle Alpi del Friuli Venezia Giulia giù fino a Udine per sfogare infine nel mare Adriatico.

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Itinerario Alpe Adria, un necrologio particolare

La storia della ciclovia e itinerario Alpe Adria può valere perfino come ispirazione vista la ricostruzione appena avviata nel Paese. Nel cuore della Val Canale, il tratto ciclabile scende da Tarvisio fino a Gemona del Friuli, ripercorrendo a memoria lo stesso percorso del vecchio sedime ferroviario, riqualificato dopo la chiusura definitiva nel 1995. Nell’ex stazione di Chiusaforte – oggi ristorante e B&B per i tanti cicloturisti in arrivo – si conservano le immagini in bianco e nero dell’epoca e un particolare necrologio. «Dopo una lunga e penosa malattia – si legge – è mancata la vecchia linea ferroviaria Carnia-Pontebba». Sembrava tutto finito per quell’angolo del Friuli Venezia Giulia, finché il ferro non ha lasciato posto a una ciclabile. In bicicletta si percorre la leggera discesa dentro fresche gallerie e sopra ponti che conservano i segni del tempo e suggeriscono quanto il recupero dell’esistente possa risollevare un territorio.

Il tratto italiano dell’itinerario Alpe Adria, tutto in Friuli Venezia Giulia, è lungo 175 chilometri mappati tra ciclabili e strade a bassa percorrenza (le cosiddette ciclovie). La pedalata dà il giusto ritmo alla scoperta – sia programmata sia imprevista – di una regione che ha mescolato le genti e con esse arte e storia. A Pontebba, dove il fiume Fella segnava il confine tra Regno d’Italia e impero Austroungarico (caduto nel 1918), la Chiesa di Santa Maria Maggiore ospita il Flügelaltar, un ”altare alato” in legno tardogotico intagliato e dipinto nel 1517 pare da Enrico da Villach. In una giornata, partendo da Tarvisio, si arriva fino a Gemona del Friuli, un comune risorto dopo il tragico terremoto del 1976 (quasi mille vittime in tutto il territorio): entrando nel magnifico Duomo l’occhio è subito impressionato dal colonnato piegato dal sisma. Oggi l’amministrazione lavora per fare di questo centro un angolo bike friendly del comprensorio cicloturistico.

Montagna e pianura insieme

L’Alpe Adria è prima montagna e poi pianura. Quest’ultima si incontra pian piano, mentre si pedala verso Udine, il più grande centro urbano attraversato dall’infrastruttura e culla artistica del Tiepolo, che qui si trasferì da Venezia nel Settecento per lavorare alla decorazione di molti edifici. La città è la sosta ideale per chi vuole visitare chiese, musei e piazze. Proseguendo verso sud, sognando già il mare, il territorio porta verso la “città ideale” di Palmanova, patrimonio Unesco e  comune stellato che si riunisce nel cuore della Piazza Grande. L’altra gemma si incontra ad Aquileia, con gli splendidi mosaici della Basilica– la ciclovia le corre accanto – e le diverse zone archeologiche. Proprio dentro la Basilica, alla fine della Grande Guerra, una madre che aveva perso il figlio nel conflitto venne incaricata di un compito tanto struggente quanto storico: scegliere quale dei tanti caduti ospitati tra le mura sarebbe diventato il Milite Ignoto oggi sepolto all’Altare della Patria a Roma.

Da Aquileia a Grado mancano poche pedalate su una ciclabile che alla fine sfocia in mare percorrendo gli ultimi panoramici chilometri immersi nella laguna. Protetti dalla carreggiata, i cicloturisti si godono gli ultimi sprint avvicinandosi a una città che da decenni attrae i turisti della vicina Austria. Il centro storico della “piccola Venezia”, in gran parte chiuso alle auto, è come un piccolo presepe fatto di case basse dei pescatori e piccole vie dove si assaporano i sapori della cucina locale. Dal lungomare l’occhio si spinge fino a Trieste e su una fetta dell’Adriatico che oggi può ripopolarsi in sicurezza anche grazie a un turismo lento meno mordi e fuggi.

Alessandro Di Stefano

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