La legge della domanda e dell'offerta (a pranzo con 14 ragazze)

 

Qualche tempo fa ho lavorato come comparsa a una pubblicità in cui c’era un immaginario gioco a premi: dovevo fingere di avvicinarmi a un immaginario tavolo da gioco, salendo alcuni scalini, e gridare felice, verso il muro verde, che avevo vinto. Questo muro verde non è un sistema per bloccare i pazzi, ma una tecnica usata in cinematografia, propriamente chiamata “Chroma key” (letteralmente chiave cromatica, ma un termine italiano più preciso è intarsio a chiave colore) ed è una delle tecniche usate per realizzare i cosiddetti “effetti di Keying” (come il Luma Key o chiave di luminanza ed il Matte), effetti speciali usati soprattutto in ambito televisivo, ad esempio per le previsioni del tempo. Il chroma key permette di unire due sorgenti video, sfruttando un particolare colore (appunto il “colore chiave”) per segnalare al mixer video quale sorgente usare in un dato momento: supponendo di avere un video di sfondo e il video di un presentatore che si muove su uno sfondo uniforme di colore chiave, la consolle video trasmetterà in uscita il video del presentatore soltanto nei punti con un colore diverso dalla chiave: nei punti del video in cui c’è il colore chiave, invece, la console userà il video di sfondo. In altre parole, il colore chiave viene interpretato dalla console video come “trasparente”.  

Nel ruolo di architetto indiano

un esempio di materiale pubblicitario realizzato a Singapore per il mercato dell'India del Nord.

 

A Singapore si fanno molte produzioni video e stampa e varie ditte piccole, medie o grandi creano contenuti e pubblicità non solo per Singapore o per i Paesi vicini, come Malaysia o Thailandia, ma addirittura per mercati più grandi come l’India. Dato che gli Indiani del Nord assomigliano agli Italiani, mi è capitato più volte di essere scelto per rappresentare un modello ideale di consumatore indiano. Poiché nel fantomatico gioco a premi, che doveva essere usato per pubblicizzare i casinò da poco aperti sull’Isola, servivano giocatori da tutto il Mondo, c’era anche una giovane donna Kenyota sulla scena, che chiameremo Melissa per la privacy. Incuriosito dalla sua presenza, le ho chiesto cosa la avesse attratta a Singapore, un mondo molto lontano geograficamente e culturalmente dall’Africa. Lei mi ha risposto che stava studiando all’Università e che fare la modella o la comparsa grazie all’unicità dei suoi tratti somatici per lei era un modo di intascare facilmente del denaro legittimo. la mia amica Keniota  

 Agli Asiatici non piacciono troppo gli Africani: la moglie Seychellese di un Italiano che lavora nel settore enogastronomico si è lamentata con me più volte che le sembra di essere “invisibile” in confronto a quando viveva in Italia. Eh, sì, non di solo pane si vive. Anche le piccole attenzioni sono un po’ come la luce del sole, della quale tutti noi viviamo. La bella Keniota è così in breve tempo diventata una conoscente con la quale ci si scambiano le dritte: “Giovanni, cercano un uomo mediterraneo per quella pubblicità” oppure io le mando un sms: “Melissa, c’e’ una sfilata di moda di Raoul e cercano una africana”.  

bellezze ambigue con probabile sorpresa finale

a grande richiesta dai viaggiatori Italiani

 

Un giorno Melissa mi ha presentato una sua amica vietnamita dalle forme piuttosto procaci, seppur probabilmente artificiali. Io, lungi dal mostrarmi impressionato, mi sono comportato come se fosse una qualsiasi altra persona, il che l’ha incuriosita al punto che mi ha chiesto: -sei gay?-. Dagli Italiani maschi all’estero ci si aspetta che siano degli animali ipersessuati. Piu’ di una volta, durante i miei lavori come interprete dal natio Italiano all’Inglese per giovani e meno giovani imprenditori italiani, la domanda che mi veniva fatta quasi subito da questi era: -ma QUI, dove si va per divertirsi?-. E io: -dipende da come vi divertite-. Gli interlocutori, ammiccando, cadono quasi sempre sul: -cioè qui dove è che si tromba?-. Io, ancora legato all’idea romantica della possibilità filosofica di un incontro che nasce dalla curiosità reciproca, e dalla seduzione che la diversità può ispirare, ricordandomi i momenti in cui ero più giovane e facevo una serata fuori sul lungomare, o a ballare dico sempre agli Italiani importati: ci sono varie discoteche con tante donne come voi, che hanno lavorato tutta la giornata e hanno voglia di lasciare andare un po’ di stress scatenandosi. Questa idea della coincidenza di obiettivi tra uomini Italiani e donne “locali” non piace quasi mai agli imprenditori in visita e ai loro sottoposti. Un confronto reale contiene la possibilità della perdita del controllo, della sconfitta, del fallimento, elementi da tenere il più possibile lontano dall’immagine miticizzata della trasferta in Oriente. Per molti imprenditori Italiani le donne locali devono essere “povere”, “affamate” e naturalmente sottomesse e senza inibizioni, pronte a soddisfare il vero uomo italico che non è sottodotato come i maschi locali. In ogni caso un po’ di viagra non guasta mai, vedi mai il jet lag stia colpendo proprio la gioielleria  

Capendo quindi che i miei interlocutori, dai quali da interprete sono stato promosso al ruolo di guida turistica e, sperano loro, di ruffiano, hanno voglia di una situazione mercenaria, li informo che nell’organizzatissima Singapore, dove le prostitute registrate pagano le tasse e sono sottoposte a visita medica settimanale obbligatoria, ci sono vari segmenti di mercato, alla portata di varie tasche e pronti a soddisfare diversi gusti. A un livello di “entrata” c’è il palazzo detto Orchard Towers, dove i primi quattro piani dalle 22 in poi diventano “Four Floors of Whores”, una frase in rima che significa: quattro piani di prostitute. Giovani donnine dai Paesi vicini piu’ poveri, come il Laos, la Cambogia, il Vietnam, la Thailandia affollano i bar e le piccole discoteche di questo palazzo e si avvinghiano agli avventori tipicamente dalla cinquantina di anni in su, con pancia prominente, pelati e di solito anglosassoni. Con una bottiglia di birra, un mojito o un bicchiere di whisky e 25 Euro chiunque tra questi espatriati o viaggiatori di lavoro di seconda classe si trasforma in un dio, o almeno ne ha l’illusione per qualche ora prima di tornare alla sua realtà.  

Lo spettacolo è di una tristezza desolante. Un giorno un amico italiano che era venuto a farmi visita mi ha chiesto se lo portavo lì, perché’ in tanti gliene avevano parlato ed era curioso di vederlo. Una giovane filippina “vestita” in pantaloncini jeans ultracorti, ampia scollatura di vestito nero, trucco volgare ha subito avvicinato il mio amico dicendogli: per 50 Euro ti faccio vedere il Paradiso. Il mio amico è scoppiato a ridere, la ha abbracciata e le ha detto: -vedi quel panzone? Ecco, io non sono come lui. Se TU vuoi fare sesso con me, TU mi devi pagare 200 Euro-. La filippina ha colto l’ironia, ha sorriso e ce ne siamo andati. Per altre tasche ci sono la discoteca sotto l’hotel Hyatt o la megadiscoteca Attica dove vanno tutti, incluse le donne che lavorano negli uffici di banche, assicurazioni, compagnie petrolifere, ditte di trasporti internazionali e tutto il resto e sono pagate dai 3000 ai 7000 Euro al mese di stipendio.  

Adesso a Singapore si ha anche una grande “offerta” di prostitute dall’ex Unione Sovietica, soprattutto dalla “vicina” regione dell’Estremo Oriente Russo (Khabarovsk, Vladivostok, Murmansk). I Russi, appena usciti da 80 anni di ibernazione culturale, sono ancora degli Europei pre-Prima Guerra Mondiale: razzisti, maschilisti, carichi di pregiudizi sulla superiorità dell’uomo bianco e persuasi che tutte le donne siano indistintamente delle prostitute. Non amano le asiatiche e vogliono delle russofone.  

Belle, la mia amica vietnamita

Belle, la mia amica vietnamita...come rifiutare un invito a pranzo da lei?

 

 Che relazione c’è tra questa breve descrizione del modus operandi a Singapore mestiere più antico del mondo, di come i maschi italici utilizzino l’offerta del mercato e la mia esperienza come attore descritta in precedenza? Mi ero fermato all’incontro con la vietnamita formosa, seppur artificialmente tale, che chiameremo Belle, sempre per la privacy. Avendo io pressoché’ ignorato le sue foto clamorose su facebook, e avendo invece commentato quelle in cui lei faceva volontariato in un ospedale per bambini nati con l’AIDS in Vietnam,  

Belle con i bambini presso i quali fa volontariato, nutrendoli e prendendosene cura

 

oltre a quelle con le sue ricette, mi ha preso in simpatia. Dopo aver visto che molte delle mie fotografie su facebook sono immagini legate al mio lavoro nel mondo del cibo e del vino, e che io amo esplorare le cucine altre, ieri improvvisamente mi ha chiesto d’impromptu: tu che ami il cibo, vuoi venire a pranzo da me? Invito anche la nostra comune amica Melissa e ti cucino quello che vuoi. Conosci la cucina vietnamita? Ci sono delle cose che non ti piacciono? Sono rimasto piacevolmente sorpreso e lusingato. In questa parte del mondo quasi tutte le donne locali vogliono che sia TU a portarle fuori in un ristorante per poi poter dire di essere state in quel ristorante. Se hanno un po’ più di amicizia, t’invitano a cucinare a casa loro, quando hai raggiunto una fama di buongustaio. Donne che t’invitano a mangiare a casa loro delle cose preparate da loro sono una rarità. L’idea quindi di essere stato invitato da una bella donna a mangiare la tipica cucina vietnamita fatta in casa da lei mi è ovviamente piaciuta moltissimo. Qui a Singapore quasi nessuno mangia a casa, particolarmente le donne di successo si fanno un punto di principio nel non avere tempo per cucinare: con tutti i food courts e ristoranti che ci sono, dove mangiare può costare, a sazietà, da 3 Euro fino a 300 Euro a persona, e anche a 3000 se si chiedono vini rari, etc., perché’ mangiare a casa? Questa cultura qui non c’è. E qui ho cominciato a pormi varie domande: dove mai vivrà una donna così bella, che ha moltissimi seguaci e ammiratori su facebook e che si presenta sempre così ben vestita? In un clima equatoriale, mi devo vestire in modo formale o informale? L’indirizzo mi confermava che Belle viveva in centro, tra Orchard Road ed il parco dove c’è la villa del Presidente, l’Istana. Mi ero reso conto che  a causa del traffico avrei tardato di circa 20 minuti, così ho avvertito Belle per sms.  

Qui ho ricevuto la prima sorpresa: mi ha riposto che le quattordici ragazze avevano fame, quindi loro avrebbero cominciato a mangiare. Non capivo se il suo messaggio fosse uno scherzo, o se, data la posizione geografica dell’indirizzo, stavo per entrare in una di quelle ville coloniali costruite dagli Inglesi dove mi ero immaginato una così elegante e procace dama potesse vivere.  

 Giunto all’indirizzo, vedo un ossimoro architettonico: un complesso che mi ricorda via Anelli a Padova, pur se con guardiano e parcheggio privato. Tutte le finestre hanno grate come in una fortezza. Tante porte al piano terra per diverse sezioni di questo caseggiato. Scruto e trovo il numero. Quando suono il campanello, il grande cancello si apre e salendo tre piani arrivo alla porta. Qui la sorpresa è totale: una vecchia senza denti mi sorride e mi dice qualcosa in Vietnamita che non capisco. Chiedo, sorridendo: Belle? L’anziana mi porta a un tavolo, dove sono sedute le quattordici ragazze del messaggio e stanno mangiando. Due di loro sono africane. E Belle? Compare, sorridente, facendo la padrona di casa, irriconoscibile: è in pantaloncini corti e maglietta, au naturel, come tutte le quattordici ragazze presenti che sono in sottoveste o in mutandine, per nulla imbarazzate, ma tutte sorridenti e scherzando. Appare un piatto dal profumo delizioso. E’ pollo cotto in un curry vietnamita, leggero, profumato, dove l’erba limoncella mitiga il piccante e il grasso del pollo aggiungendo freschezza. Propongo un Chianti. Appare un’altra ragazza africana da una stanza in cui intravedo un grande materasso a terra. Belle mi chiede: ti piace il mio curry? Le rispondo sinceramente: è buonissimo! Il piccante non prevale sulla freschezza dell’erba limoncella e sulla spezia del cumino fresco, inoltre ci sono ancora almeno altri due gusti piacevoli che si percepiscono: il latte di cocco anch’esso che non prevale, non rendendo il piatto dolciastro, e la foglia di curry. Il Sangiovese fruttato si sposa bene con questo piatto. Mi viene anche portata una ciotola di riso bianco al vapore, e un’altra ciotola con una zuppa di verdura. Il gusto mi ricorda lontanamente il nostro carciofo. La barriera linguistica m’impedisce di identificare il vegetale, ormai cotto, che loro conoscono solo col nome vietnamita. Belle mi magnifica la sua vita: ti piace qui? Siamo come una grande famiglia e tu sei benvenuto, puoi venire quando vuoi.  

RICETTA: 1 gambo di erba limoncella fresca 3 1 / 2 cucchiai di Curry in polvere ( o un rametto di foglie fresche) Pepe nero macinato fresco 1 cucchiaio di Zucchero 4 cucchiai di Sale 3 libbre di Pollo, tagliato 7 cucchiai di olio vegetale 3 patate dolci o 3 patate bianche sbucciate a cubetti 4 spicchi d'aglio, tritati 3 foglie di alloro 1 cipolla, tagliata a spicchi, 2 tazza di acqua 1 carota a fettine 2 tazze di latte di cocco

RICETTA: 1 gambo di erba limoncella fresca 3 1 / 2 cucchiai di Curry in polvere ( o un rametto di foglie fresche) Pepe nero macinato fresco 1 cucchiaio di Zucchero 4 cucchiai di Sale 3 libbre di Pollo, tagliato 7 cucchiai di olio vegetale 3 patate dolci o 3 patate bianche sbucciate a cubetti 4 spicchi d'aglio, tritati 3 foglie di alloro 1 cipolla, tagliata a spicchi, 2 tazza di acqua 1 carota a fettine 2 tazze di latte di cocco e Belle che cucina con amore

 

Una delle ragazze le chiede qualcosa in vietnamita, e Belle si porta la mano alla bocca e ride, dicendo in Inglese: no, lui è ok, è un bravo ragazzo, è il mio amico di facebook, amico della mia amica africana e l’ho invitato a mangiare. Mentre mangio, Belle prende una valigia e comincia a mostrare alle ragazze dei vestiti piuttosto provocanti. Ammicca e mi dice: non sono belle le mie ragazze? Guarda: Vietnam, Thailandia, Africa. Io continuo a mangiare, imperturbato, e annuisco: indubbiamente bellissime ma la più bella sei tu Belle! Poi: scusa Belle, che cosa è questo piatto? Indicando un vassoio pieno di gamberoni. Mi spiega che sono gamberoni saltati con manzo fritto. Giacché sono lì, perché’ lasciarmi prendere dal dubbio? Li mangio, e non me ne pento. Belle mi racconta che dormire nel suo appartamento costa 10 Euro al giorno. Con 25 Euro la settimana le ragazze possono mangiare abbondantemente pranzo e cena. Non è forse una soluzione da veri amici, mi chiede Belle, quella che lei offre alle ragazze? Una delle ragazze, Thai, esce dalla camera completamente trasformata. Ha deciso di comprare l’abito. Belle prende i 60 Euro e li appoggia sulla tavola. Mi chiede se sto bene e se voglio mangiare altro. Mi porge delle banane dolcissime. Poi riprende i 60 Euro, si china sotto la tavola lasciando vedere i suoi seni prosperosissimi e apre una cassaforte con due chiavi, riponendo il denaro lì dentro.  

Appare una ragazza alta e dalla pelle bianchissima. Belle la loda. Mi dice: hai visto che bella? Lei è Mongola. La mia reazione le sorprende. Io non ho mai incontrato nessuno della Mongolia prima di oggi. Per me è il paese vittima delle istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale che ha costretto la Mongolia a de-industrializzarsi, provocando povertà. Ho davanti a me una persona reale, di ventiquattro anni, che mi potrebbe raccontare qualcosa del suo Paese. Chiedo il nome di questa ragazza; mi dice che si chiama Altantuya e io so che significa Raggio d’Oro, perché’ una modella con questo nome, mongola, era stata uccisa in Malaysia alcuni anni fa. Altantuya resta incuriosita da me che conosco alcune cose del suo Paese che qui invece a Singapore nessuno sembra saper localizzare. Le chiedo se ha qualche moneta del suo Paese. Sorride e mi risponde che hanno solo banconote e me ne porta due. Incredibile: in filigrana c’è Gengis Khan. Su un lato della banconota, in cirillico, che leggo, c’è scritto Mongol Uls e Tugrut. Sull’altro lato è scritto in alfabeto mongolo, derivato lontanamente dall’arabo attraverso il contatto con gli Uighuri al tempo di Gengis Khan.  

Penso ridendo che probabilmente per un moralista io sono semplicemente a tavola con una ventina di puttane. Per me sto facendo un’incredibile esperienza culturale, gastronomica e umana. Dico a Belle che è una bravissima donna di affari. Non le piace questa definizione. Lei si sente come un’emarginata in questa società di Singapore, alla quale fornisce pero’ un servizio: compagnia a uomini desiderosi di divertirsi in un certo modo. Altri servizi li fornisce alle “ragazze” che vogliono uscire dalla miseria di casa: vitto e alloggio, vestiti da “lavoro” e rotazione simile alla famigerata “quindicina” di quando esistevano i bordelli in Italia: le ragazze, che non sono qui come studentesse, devono uscire da Singapore dopo due settimane allora a rotazione vanno a Hong Kong, in Thailandia, a Seoul e in Giappone e poi ritornano. In ognuno di questi Paesi trovano una situazione a loro familiare e una rete di supporto cosi’ il denaro guadagnato non se ne va in spese di sussistenza.  

Una Vietnamita esce da una camera con una borsa di Louis Vuitton. E’ il regalo del suo amico di ieri, se ne vanta. Non c’è, nell’eufemismo di queste donne, un commercio, ma c’è un’amicizia. Belle si è addormentata e alle 15 io dovevo andare via per incontrare qualcuno in città. Altantuya mi distrae: mi ha appena portato del dolcissimo ananas fresco tagliato a pezzetti. Parliamo ancora un po’. Mi ha detto che i suoi genitori sono ingegneri ma che in Mongolia l’economia va molto male. E’ rimasta incuriosita dal fatto che io potessi leggere il cirillico. Ci siamo scambiati il numero di cellulare perché’ mi ha promesso xhe la prossima volta che tornera’ da Ulaan Batoor a Singapore mi porterà un barattolo di kumiss, il latte di cavalla fermentato e parzialmente alcolico gia’ bevuto da Marco Polo. Saluto tutte ed esco.  

Chiuso il portone pero’ non vedo un tasto per aprire il cancello grande. Non c’è: c’è invece una superfice rettangolare dove appoggiare la chiave magnetica. Prigioniero del cancello chiamo Altantuya e le chiedo se mi può liberare. Lei scende ridendo, apre la porta con la chiave magnetica, moderna bacchetta magica, e mi bacia. Penso… Marco Polo quante ne avra’ combinate, allora, lui che poteva farlo?  

Giovanni Lombardo

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