«La Pelle», Palazzo Grassi ospita la retrospettiva di Luc Tuymans

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C’è tempo fino al sei gennaio prossimo vedere La Pelle la grande retrospettiva dell’artista belga Luc Tuymans (1958, Mortsel) a Palazzo Grassi a Venezia.

La mostra, a cura di Caroline Bourgeois e dello stesso Tuymans, presenta ottanta opere realizzate dal 1986 ad oggi.

La Pelle è una mostra sul guardare e sulla visione, in particolare sul nostro modo di guardare oggi, nella nostra epoca. Difficile che, dopo averla vista, il nostro sguardo non ne risulti cambiato, o almeno colpito. E il bello è che Tuymans ci colpisce in maniera sottile, sfiorandoci appena con un mezzo classico come la pittura, di cui è maestro indiscusso. Una mostra da attraversare nei superbi spazi di Palazzo Grassi, in cui le opere respirano in un’atmosfera di sospesa introspezione.

Che si tratti di fiori, volti di donna, interni, architetture, un canale olandese, una statua barocca, un dito, una gamba, l’occhio di un piccione, o il ritratto di un nazista: l’artista restituisce i suoi soggetti in pitture sfuocate, sovraesposte o irrealmente crude. Immagini che percepiamo costantemente velate, sottilmente filtrate, come filtrato è il nostro sguardo contemporaneo sulle cose.

Il titolo della mostra, La Pelle, viene ricondotto al noto romanzo di Curzio Malaparte pubblicato nel 1949 (in mostra la Villa Malaparte a Capri, riprodotta nel dipinto “Le Mépris”, 2015). Ma per l’artista la pelle è anche quello che sta dietro la superficie. E che sembra volerci svelare operando ciò che lui stesso chiama “falsificazione autentica” della realtà. I suoi dipinti sono infatti il risultato di un processo di montaggio, stratificazione e riproduzione su immagini estrapolate dal web, dai giornali, dalle fotografie.

In una società a “caccia di immagini” Tuymans ricorda che il linguaggio dei media e quello militare si assomigliano: mettere a fuoco, armare, scattare, catturare… Un po’ come avviene in Instant– il dipinto frontale di una donna che ci acceca con il flash nel tentativo di catturare un’immagine.

Le immagini di Tuymans non sono mai esplicitamente drammatiche, ma sempre sottilmente inquietanti. Come in Body (corpo): un torso a cui manca la testa – di una persona? di una bambola? O nella serie Der diagnostische Blick: frammenti di corpo nei toni rosa pallido – viso, schiena, una ferita- zoomati fino a perdere proporzioni e leggibilità. Resi in maniera clinica e fredda, parlano della nostra mortalità. Anche “K”, dipinto tratto da manifesti pubblicitari visti a Panama riporta un volto femminile svuotato da ogni realtà: quasi il ritratto di una morta in primo piano.

2019 Schwarzheide
Luc Tuymans, Schwarzheide 2019. Installation view ìLa Pelleî, Palazzo Grassi.
Photo credit Palazzo Grassi/ Foto Matteo De Fina

L’artista è infatti attento nel sezionare primi piani, tagliare i ritratti come negli schermi -delle tv, dei cinema, e dei cellulari. E’ un modo per segnalare la parzialità della nostra inquadratura, per spingerci a fermarci e guardare meglio, interrogandoci su ciò che vediamo, ma soprattutto su ciò che manca, ciò che resta fuori dalla nostra visione e che le darebbe un altro significato. Una questione di ampiezza, ma anche di profondità. Emblematica, in questo senso, l’opera Secrets, un ritratto di Albert Speer in cui l’”architetto di Hitler” è immortalato con gli occhi chiusi, simbolo di chi non vuol vedere gli orrori per non condividerne la responsabilità.

L’attenzione all’immagine e alla visione ha inevitabilmente anche una dimensione politica. Da sempre l’artista è interessato al tema del nazismo; per la mostra ha realizzato Schwarzwalde, un mosaico in marmo tratto dall’opera di Alfred Kantor, uno dei sopravvissuti ai campi di concentramento. Quello che a prima vista appare come un innocente paesaggio boschivo è in realtà il riassemblaggio di un disegno fatto a pezzi dall’autore per non farlo ritrovare dalle guardie naziste.

1990 Body
Luc Tuymans, Body, 1990
Collezione S.M.A.K. Stedelijk Museum voor Actuele Kunst, Gand. Foto Ben Blackwell. Courtesy David Zwirner, New York/London.

Le opere di Tuymans dimostrano come anche la pittura figurativa possa risultare decisamente contemporanea, mostrando i filtri, le distorsioni e le “omissioni“ che quotidianamente modificano le immagini che ci circondano e di conseguenza l’immagine complessiva della realtà. Da questo punto di vista, l’opera scelta come immagine guida dell’esposizione ne è una perfetta sintesi. Gli occhi della donna ritratta nell’opera “Twenty Seventeen” sono spalancati e conseguentemente sgomenti.

Caterina Longo

Luc Tuymans. La Pelle

Palazzo Grassi, Venezia

Fino al 6 gennaio 2020

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