Libere interpretazioni (il Medio Oriente che brucia visto da Beirut)

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Il Medio Oriente brucia. Certamente questa non è una novità, anzi probabilmente nemmeno più una notizia da prima pagina, soprattutto in questi giorni di vacanze agostane. Dal mio punto di osservazione, Beirut, vedo, in un crescendo di violenza, come i vicini “scomodi” del Libano siano in fermento.

Ma come spesso succede, quando le cose si guardano da vicino, invece di apparire più chiare si confondono maggiormente. I media occidentali non ci hanno messo molto ad identificare, in questa nuova stagione di conflitti e rivolte mediorientali, i buoni ed i cattivi di turno. In Medio Oriente invece le prese di posizione non possono essere così nette.

La situazione più drammatica è in Siria, dove il presidente Assad continua a reprimere le manifestazioni contro il suo regime sparando ed uccidendo manifestanti. Le informazioni arrivano però in maniera frammentaria e confusa, dato che non ci sono giornalisti stranieri in Siria. Molte domande rimangono senza risposta: chi sono gli oppositori? Con chi sta la maggioranza della popolazione? Che futuro bisogna aspettarsi: una guerra come in Libia o la restaurazione della calma con il pugno di ferro?

A complicare il mosaico, anche piccoli ma significativi segnali in territorio libanese: una bomba che esplode accidentalmente, il ritrovamento di alcune granate vicino ad un mercato, ed altri avvertimenti di cui non si conosce il mittente e nemmeno il destinatario. Tutto questo mentre il Tribunale Speciale internazionale per il Libano emette i mandati di cattura per i sospetti assassini dell’ex presidente Hariri nel 2005: tutti 4 esponenti del “Partito di Dio”, Hezbollah.

In questo scenario, ognuno dà la sua interpretazione. I libanesi, abituati a vivere in un paese che spesso è stato il campo di battaglia di guerre altrui, hanno sviluppato una conoscenza dei fatti, degli attori e degli interessi che si incrociano tale da permettere loro di lanciarsi in analisi politiche complesse ed articolate.

La mia impressione però è che pochi sappiano davvero come stiano le cose. Sono così tante le variabili da considerare, che ognuno può validarne alcune, ometterne altre, e costruirsi la propria verità. Una verità coerente con la propria appartenenza politica, i propri interessi ed anche i propri desideri.

Tutti hanno paura, ognuno dal suo punto di vista, che il conflitto si espanda al Libano. I cristiani temono un’eccessiva islamizzazione della Siria, altri vorrebbero cercare di affrancarsi dall’influenza di Damasco.

Molti libanesi con cui mi sono confrontato mi hanno confermato che preferiscono che Assad rimanga al potere. Ritengono che sia la soluzione migliore, perché la transizione verso un regime diverso porterebbe con sé sicuramente un periodo di caos ed incertezza. E sicuramente, egoisticamente, anche un probabile esodo di profughi siriani verso il Libano.

E poi tutti si interrogano su quale sarebbe il futuro della Siria senza Assad. Il timore che il paese si trasformi in una repubblica islamica come l’Iran è molto forte, specialmente in quella fetta di popolazione libanese che non condivide la politica dell’attuale governo di Beirut, in cui il partito Hezbollah ha un ruolo dominante.

Come sempre, quindi, il Libano vive questa calda estate camminando sul filo. Le questioni interne si mescolano ai conflitti vicini, ogni piccolo segnale viene ingigantito o interpretato in mille modi diversi.

Noi stranieri proviamo a nostra volta a costruirci uno scenario plausibile. Probabilmente, come tutti, abbiamo bisogno di un disegno in cui incastrare, con una certa logica, gli avvenimenti che accadono intorno a noi. Questo ci dà sicurezza, ma probabilmente è solo un esercizio teorico. Fino al prossimo episodio indecifrabile.

Francesco Pulejo

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