Liquirizia salata, tabacco da succhiare e fiori: le manie dei norvegesi

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Il periodo iniziale di ambientazione è caratterizzato dalla fase stupore per cui ti trovi a passeggiare indicando tutte le casette di legno colorate (e sono tante), fare foto ai nomi delle vie che quasi sempre superano le otto sillabe e stupirti per il clima. Dopo qualche tempo capisci che le case qui si fanno così perché trattengono meglio il calore all’interno, le  vie hanno nomi lunghi perché sommano più parole in una e ti fai una ragione anche del clima: se confini col Polo Nord non possono esserci trenta gradi in estate. Ti guardi intorno come un alieno tra alti esseri umani biondi quasi sempre seguiti da una nutrita prole e cominci a chiederti come vivano queste creature nordiche. Ci sono cose che una mente italica, per quanto allenata all’approccio con altre culture, non riesce proprio a capire, come, ad esempio:

La suddivisione dei pasti: la giornata qui inizia con una colazione abbondante (molto abbondante) seguita dalla preparazione del matpakke (una sorta di pranzo al sacco). Di solito si tratta di pane, prosciutto o qualcosa di simile, formaggio, ma piace anche la combinazione banana e latte. Questo è il “pranzo”, uno spuntino consumato nella mezz’ora di pausa intorno alle 11.30. La giornata lavorativa comincia e finisce presto, per cui la maggior parte di chi lavora in uffici-negozi fa ritorno a casa alle cinque di pomeriggio. E qui arriva il bello: cosa fanno i nostri amici nordici varcato l’uscio del proprio domicilio? Cenano. Alle sei di sera, al massimo. E non lo fanno solo in inverno, quando almeno a quell’ora è buio, continuano così anche quando il sole tramonta all’una di notte.

Preferenze alimentari e paranoie: la dieta nordica ha dichiarato guerra a ingredienti base della maggior parte di ciò che normalmente un essere umano mangia: il sale e soprattutto la farina bianca. Il pane esiste praticamente solo nella versione integrale, arricchito con qualunque seme i criceti apprezzino. Anziché ringraziare il sale che per secoli ha consentito loro di conservare i cibi, i norvegesi lo hanno bandito dalla tavola. Peccato che poi mangino le caramelle alla liquirizia salata, un orrore, e impazziscano per i wurstel arrotolati nel bacon. Ma non diciamoglielo. Anche lo zucchero non se la passa molto bene da queste parti, non viene mai aggiunto per addolcire le bevande, ma si ripresenta a tradimento nelle torte ipercaloriche che si trovano ovunque.

Strana gestione dei vizi: il fumo fa male, qui sono tutti d’accordo. Ma sedendosi ai tavolini dei bar si noterà che se pochi tengono una sigaretta tra le dita, molti assumono strane espressioni labiali. E’ colpa dello Snuss, cuscinetti ripieni di tabacco concentrato e sale (ecco che torna) da sciogliere in bocca. E’ più forte delle sigarette, ma non da fastidio ai vicini.

Con l’alcool il rapporto è ancora più complesso: i prezzi sono proibitivi, le regole di vendita rigidissime, cosi come i limiti di età, ma l’atteggiamento delle persone è ancora più strano. In settimana non beve nessuno, una birra al massimo in occasioni particolari. Qualora invitati a cena o a una festa nel weekend, gli ospiti portano gli alcolici che intendono consumare e  il padrone di casa provvede alla propria razione. I regimi di consumo festivo sono direttamente proporzionali al disagio sui volti dei presenti il giorno successivo, distrutti dal dilemma “cos’ho fatto ieri sera?” e soprattutto “cosa penseranno di me?”.

E poi non mi spiego per quale motivo la domenica tutti i negozi siano chiusi tranne uno: il fioraio. Capisco la capacità ornamentale di una pianta, quanto un bel bouquet di rose possa rischiarare una giornata uggiosa, ma credo che si possa vivere un giorno della settimana senza rinnovare la varietà floreale esposta sui davanzali. Non sarebbe meglio tenere aperta almeno una farmacia? Quando ho mal di testa non credo sia sufficiente fissare le petunie, forse dovrei provare a farne un decotto.

Camilla Bonetti

Ti potrebbe interessare

Il Tacheles manifesta, ecco le foto da Berlino
Visti da là
Le guerre viste da Capa, a Verona fino a settembre
Le insane sanatorie
Saluti da Sarajevo