Lo scioglimento dei ghiacci porta alla luce i relitti della Guerra bianca

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Bottiglie, barattoli, lanterne, cartoline, brandelli di divise. E poi: semi di geranio selvatico, bilancini, munizioni, elmetti, monete, diari e pagine di giornale. È una parte del grande e in parte struggente campionario ritrovato e recuperato in una baracca militare austriaca della Grande guerra scoperta qualche anno fa sul Monte Scorluzzo, una vetta valtellinese che sovrasta il passo dello Stelvio. Gli artefatti verranno collocati in un nuovo museo che aprirà a Bormio nel 2022.

Tutto è rimasto intatto: il bivacco austro-ungarico sulla cima del Monte Scorluzzo, 3.095 metri di quota, nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio, fu scoperto nel 2015. All’interno – uno spazio angusto che ospitava 20 soldati – gli oggetti rinvenuti sono testimonianze della vita quotidiana dei reparti austriaci impegnati a presidiare il fronte lombardo. In quella che è conosciuta come “Guerra bianca”, le due parti in lotta furono costrette a combattere, per oltre tre anni e mezzo, una battaglia su postazioni di roccia e ghiaccio ad oltre 3000 metri di quota, tra le cime e i ghiacciai dell’Ortles-Cevedale, dell’Adamello e della Marmolada, tra Lombardia, Trentino Alto-Adige e Veneto, in condizioni ambientali e climatiche difficilissime. Solamente vivere a quelle altezze costituiva per i soldati un enorme problema: l’inverno durava otto mesi, con a temperature che superavano i 30 gradi sotto zero ed altezze medie della neve fino a 12 metri. In questo “inferno bianco” gli alpini italiani e i soldati austriaci, oltre a combattere fra loro, dovevano anche sopravvivere alle valanghe, all’ipotermia, alle cadute dalle montagne che, in proporzione, causarono più vittime che non gli effetti dei veri e propri combattimenti.

Come ricorda The Guardian in un articolo pubblicato nei giorni scorsi, dopo il conflitto, queste baracche di legno sul Monte Scorluzzo furono chiuse e vennero sepolte dal ghiaccio. Ora tuttavia, quei reperti recuperati e venuti alla luce anche grazie (o per colpa) dello scioglimento del ghiaccio, troveranno spazio all’interno dell’ex caserma Pedranzini di Bormio. Un allestimento per il quale verranno investiti 2 milioni e 600 mila euro, che vedrà la luce nel 2022. Mostrerà ai visitatori una sorta di “fotografia” della vita quotidiana dei militari. Del progetto fanno parte Regione Lombardia, il Parco dello Stelvio, l’associazione Museo della Guerra Bianca in Adamello, i comuni di Bormio, Valdidentro, Valdisotto e Valfurva, Ersaf e la Comunità montana Alta Valtellina.

“Le baracche sono come una capsula del tempo della Guerra bianca: ci aiuta a capire la fame e le condizioni estreme che hanno sofferto i soldati” ha detto al Guardian Stefano Morosini, storico del Parco Nazionale dello Stelvio. Che sottolinea: “La conoscenza che possiamo raccogliere oggi dai reperti è un risultato positivo della realtà negativa del cambiamento climatico”. I ghiacciai, infatti, ogni anno perdono decine di metri di fronte e sulle cime dove si è combattuta la Guerra bianca, più di 100 anni fa, riaffiorano ricordi delle battaglie ma anche resti umani. Così è accaduto la scorsa estate sull’Adamello, sulla cima del Cornicciolo di Presena, ad un escursionista che sulla via del ghiacciaio si è imbattuto in un tricolore che spuntava tra il ghiaccio e la roccia nuda. “Ogni due o tre anni viene ritrovato un cadavere, di solito nei luoghi dove c’è stata una lotta per il ghiacciaio”, ha detto Marco Ghizzoni, membro del Museo della Guerra Bianca in Adamello.

Elmar Burchia

Nella foto d’apertura: una lanterna trovata nella caverne sul monte Scorluzzo, in Lombardia. Immagine: Parco Nazionale dello Stelvio.

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