L'omofobia moderna vs la dolcezza di Saffo

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Simile a un dio mi sembra quell’uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, sùbito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell’erba; e poco lontana mi sento
dall’essere morta.
Ma tutto si può sopportare…

Così scriveva, 27 secoli fa, Saffo di Lesbo. In queste righe si respira struggimento, trasporto emotivo, batticuore, sensualità, sofferenza. Al di là di ogni idealizzazione, anche la poeta di Lesbo soffre per un amore, o meglio una passione forse non corrisposta, forse non corrispondibile. La forza del sentire non ha orientamento: potrebbe essere così omosessuale, quanto eterosessuale, tanto umano, quanto animale. La passione è, in sé, una forza, indipendente dal veicolo e dal recipiente.  Lei stessa sposerà, secondo alcune fonti, un uomo, tale Cercila di Andros. L’oggetto delle sue poesie sono, secondo i critici, le sue stesse studentesse, le giovani fanciulle che accedevano al tiaso di Mitilene (tempio e scuola) dedicato ad Afrodite, di cui la stessa Saffo era sacerdotessa ed animatrice.

Questa invece, è una immagine scattata qualche giorno fa a piazza San Pietro. E’ in corso l’Angelus e il gruppo di attiviste Femen, inizia ad urlare “Shut up, homophobe” verso il papa Benedetto XVI.

E’ una cosa insolita, si dirà: ci sono dei semplici uomini, o addirittura delle donne che contraddicono o persino dialogano con l’infallibile, il pastore. Le protagoniste non sono più le femministe ‘dure e pure’ degli anni ’70. Sono giovani modelle che, riprendendo una idea sviluppata da Peta e le strategie di notizialibità sviluppate anche da altri movimenti (basti pensare alle performance di Greenpeace), riescono a ‘bucare’ gli schermi di tutto il mondo con lo spettacolo di un bel seno, liberamente esposto in un luogo pubblico. Goffman ci insegna che il pudore dipende dalla situazione: non fanno scandalo i seni mostrati ‘in pubblico’ dal cattolicissimo Bruno Vespa in una puntata di Porta a Porta sulla chirurgia plastica, né quelli delle diverse Madonne dell’Abbondanza, nelle rappresentazioni classiche.

Ma davanti al papa, no, non si fa. Le reazioni delle forze dell’ordine italiane sono simili a quelle viste in altri contesti. Forse è un po’ ‘più italiano’ quel sorrisetto del carabiniere fotografato in questa fotografia: auto-celebra il machismo e la sua divisa, in qualche modo ‘ringrazia il cielo’ per la fortuna di svolgere un ruolo che gli permette di stringere due tette così per lavoro.

Lo immagino, mentre sorridendo, gli vengono in mente pensieri alla Vito Catozzo.

Ma la donna dell’immagine precedente, se vogliamo, è qualcosa di ancora più lontano dalla dolcezza di Saffo. La malignità con cui brandisce la punta del suo ombrello verso le nude carni della bella attivista da cui dista svariati centimetri, kilogrammi e galassie estetiche è piuttosto un’estemporanea riproposizione della caccia alle streghe di Salem, o la performance di una paladina del più moderno revanscismo anti-abortista, anti-scientista, vetero-eticista che contraddistingue il papato di B16 e quello di chi lo ha preceduto (qualcuno ricorderà il caso Eluana). In fondo, la credenza nelle streghe è un dogma: “Fra tutte le eresie, la più grande è quella di non credere nelle streghe e con esse, nel patto diabolico e nel sabba” recita il Malleus Maleficarum, testo dominicano del XV secolo, ispirato alle bolle papali di Innocenzo VIII.
La dolcezza di Saffo è davvero lontana 27 secoli o più. Ed è strano scrivere su un blog, in un contesto di enorme avanzamento tecnologico, che non si tratta di un evolvere temporale, ma di un involvere etico e sociale.

Vincenzo Romania

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