Microcosmi e paesaggi: la geografia «in cammino» di Carlo Rubini racconta il Nordest

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Il geografo veneziano Carlo Rubini riflette sull’identità del paesaggio ambientale, culturale e sociale del Nordest, camminando per le sue terre e lasciando vagare lo sguardo e il pensiero. Il risultato è Microcosmi e paesaggi. Geonarrazioni a Nordest, volume edito da Ediciclo Editore. Un libro che è una narrazione dei diversi paesaggi del Nordest italiano, a partire da situazioni geografiche e ambientali di luoghi rappresentativi – litorale, collina, pedemontana, area delle risorgive –, affrontate con diversi approcci. Quello dell’esperienza personale e della memoria, e quello della descrizione geografica e dell’itineranza a piedi. Microcosmi e paesaggi compone così un mosaico di immagini – non solo in senso figurato: ogni percorso è accompagnato da una mappa disegnata – che testimoniano come, al di là delle apparenze e delle contraddizioni, il Nordest possieda una grande ricchezza ambientale e paesaggistica. Pubblichiamo di seguito un estratto dall’introduzione del volume, che si può acquistare sul sito della casa editrice.

 

Microcosmi e paesaggi copertina

Microcosmi e paesaggi: introduzione

Al lettore vorrei raccontare il Nordest, la mia regione, una delle mie tante patrie, attraverso i suoi paesaggi, piccoli mondi territoriali. Non tutti i paesaggi, perché sarebbero infiniti, ma alcuni paesaggi-tipo, rappresentativi delle diverse situazioni geoambientali presenti.

Per poterlo fare c’è però bisogno di qualche chiarimento. Si deve allora partire da un parente stretto del paesaggio, più statico, un fratello maggiore più saggio e meno emotivo, il territorio.

Il territorio è un palcoscenico nel quale si muovono e recitano donne e uomini, in buona o cattiva compagnia con altri viventi, animali e piante. In un insieme apparentemente disarmonico e senza regia e che invece, forse, risponde a un qualche ordine e a una qualche razionalità. E tutte le cose e tutte le forme nel territorio si compongono in un insieme plastico che a un certo punto, non più di quattro, cinque secoli or sono, è stato chiamato paesaggio o landscape nella versione inglese. Senza per questo eliminare l’idea di trovarsi in un palcoscenico. Penso al titolo eloquente di un importante libro del geografo veronese Eugenio Turri: Il paesaggio come teatro. Qui non solo il territorio è un palcoscenico, ma in esso tutti i protagonisti, animati e inanimati, costituiscono nell’insieme il paesaggio, facendone un unico attore plurale. La metafora di Turri è efficace nella misura in cui il teatro è l’insieme della platea con gli spettatori, del palco, della scena, degli attori che, interpretando, comunicano sensazioni e conoscenze.

Prima di allora il paesaggio era assente nominalmente e soprattutto concettualmente. L’hanno inventato i pittori con le loro vedute, pare per primi i fiamminghi nel tardo Rinascimento, aiutati dai poeti e dai letterati, con le loro descrizioni.

Il marchio di quell’origine, emotiva ed estetica, è ancora pienamente in voga, e nei processi di conoscenza del territorio aiuta e confonde. Soprattutto se lo si trasferisce in geografia, la disciplina che, con una prova di forza, in un bel momento se ne è appropriata facendone un suo cardine, forse l’elemento principale attorno a cui ruota. Uno scippo non riuscito del tutto. Infatti, nonostante quella svolta semantica, pregi e limiti dell’origine si sono mantenuti. Tra questi due scogli si muove il racconto della regione che, attraverso il paesaggio e i paesaggi, vorrei proporre al lettore.

Riprendendo e approfondendo lo stesso concetto da Alexander von Humboldt, il padre fondatore della geografia moderna, il geografo contemporaneo Franco Farinelli, nel suo libro L’invenzione della terra, definisce l’orizzonte del paesaggio come «lievemente brumoso», essendo il paesaggio un aggregato di cose diverse, indistinte, non precisamente delimitate. Perché è chiaro che l’indeterminatezza della percezione dell’insieme da un solo angolo visivo, così vuole essere visto il paesaggio, mantiene un alone vagamente confuso e per questo “brumoso”, che ha bisogno di essere interpretato, essendo il punto di vista qualcosa di estremamente soggettivo.

Si può applicare il concetto di paesaggio come elemento unitario, qualcosa che crea un’immagine unica, a un territorio vasto come una regione? Dipende. Se dici Scozia o anche Normandia o Liguria o Toscana, magari se dici persino una super regione come il Canada, la risposta è sì, è pienamente possibile. Perché immediatamente il pensiero formula un’immagine tipica, che si ripete in ognuna di quelle regioni, offuscando o eliminando le altre immagini, che pure esistono, ma non sono tipiche e nella mente e nella memoria vengono letteralmente sepolte. In molti casi invece è più difficile. Per il Nordest, che in questo libro è il protagonista, è impossibile. Tuttavia rivendico la correttezza del Nordest come entità regionale ben definita, a prescindere dal fatto che amministrativamente sia diviso in tre regioni, di cui peraltro due a statuto speciale.

Carlo Rubini

Carlo Rubini

È infatti una regione ben delineata anche a partire da un perimetro fisico. Possiede i famosi confini fisici, su cui cadevano frequentemente i miei allievi, che preferivano di gran lunga i politici o amministrativi, molto più facili da ricordare. Se mi dimenticavo di specificare la domanda, partivano immediatamente da quelli politici, che per loro volevano dire niente più che gli stati o le regioni confinanti; e intanto li avevano detti, segnando mentalmente un punto a favore da far valere nell’immancabile trattativa per il voto. Ognuno se ha voglia e tempo vada sull’atlante di casa o anche in internet o, come si dice oggi, in “rete” a verificare i confini fisici del Nordest. A me comunque piace definirlo come quella terra che va dal Garda all’Isonzo e dalle Alpi al Po. Per innumerevoli ragioni è una terra precisamente definita, con, certo, all’interno un mosaico di microregioni e nicchie paesaggistiche. Microcosmi, appunto.

Quanto al nome in sé, anch’esso ha una sua storia, di poco più di quarant’anni. Come termine geografico Nordest è un neonato che emette ancora vagiti. E come affermazione nominale definitiva ancor meno di quarant’anni, essendo rimasto a lungo nel vago.

In precedenza nessuno si sarebbe mai sognato di chiamare così questa terra, per quanto esistesse un’idea d’insieme con nomi ancora più complicati. Come per esempio Tre Venezie, che da alunno delle elementari mi divertiva e sorprendeva non poco per il riferimento a quella che, per consuetudine che in seguito ho scoperto errata (Venezia nasce proprio come nome regionale e tale resta a lungo), ritenevo una città e basta, e non proprio una regione. E oltretutto al plurale, moltiplicata per tre. Oppure Triveneto, ancor più cervellotico e stravagante, perché moltiplicava per tre quella che conoscevo invece come una regione sola, ben nota. Mettetevi d’accordo, pensavo.

Nome rimasto a lungo nel vago, Nordest, seppure l’Istat e l’Eurostat, gli istituti di statistica rispettivamente italiano ed europeo, già da un bel po’ abbiano tagliato corto e l’abbiano assunto come entità compiuta proprio con questo nome, inserendo regolarmente dentro al termine macroregionale anche l’Emilia Romagna e facendone con tale variegato insieme l’oggetto dei loro dati, di cui sfornano come il pane utili aggiornamenti continui. Ma dubito che sia gli emiliano romagnoli da una parte che i veneti, i friulani e i trentini dall’altra, già abbastanza indifferenti, molto più di me, alla comune appartenenza, gradiscano o comprendano questa commistione così ampia, che pure qualche fondamento l’avrebbe. In realtà nell’identità che si va ormai creando con questo termine, Nordest, l’Emilia Romagna c’entra e non c’entra.

In questo mio racconto non c’entra, anche se sarà giocoforza evocarla e nominarla qualche volta. I lettori d’oltre Po, se non si sentono nordestini, e ne han facoltà, mi scuseranno.

Sia come sia, l’imprinting socioeconomico che gli istituti statistici hanno dato al nome è rimasto ed è ancora prevalente, diventando persino un elemento identitario unitario, molto più del paesaggio che unitariamente manca. Anche staccarsene non sarà facile, perché il mio Nordest cerca di andare oltre.

Microcosmi e paesaggi. Geonarrazioni a Nordest di Carlo Rubini
Ediciclo Editore
Estratto dall’”Introduzione”: pp. 9-11, per gentile concessione dell’editore

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