New York e la tempesta (mediatica) perfetta

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Con questo post prende avvio il blog “Becoming a New Yorker” di Alessia Pirolo.

New York City si è risvegliata lunedì mattina sopravvissuta ad uno degli uragani mediatici più forti della storia, che ha inondato le trasmissioni televisive americane e mondiali, travolto la razionalità dei più rispettabili quotidiani nazionali e spazzato via le certezze di meterologici, più o meno esperti.

Dopo le scosse su Twitter causate dal terremoto di martedì 23, nello scorso fine settimana abbiamo avuto la riprova, se ce ne fosse stato bisogno, che New York è il centro del mondo. Il classico battito d’ali di farfalla newyorkese diventa uragano in tutto il resto del pianeta. Figuriamoci quando c’è un uragano vero e proprio.

E’ vero, di danni ce ne sono stati e seri: secondo la CNN, le stime ufficiali sono di 27 vittime in tutto il paese e di circa quattro milioni di persone rimaste a lungo senza energia elettrica. L’uragano che avrebbe dovuto affondare Manhattan, però, non si è verificato. Si sono verificati invece alcuni momenti di alto giornalismo d’azione, come in questo video – sempre della CNN-  dove un reporter narra l’orrore dell’acqua alta dell’Hudson River mentre i passanti camminano  tranquillamente alle sue spalle.

Non e’ stato l’unico reporter a farsi prendere dall’emotività del momento. Il meglio dell’informazione televisiva americana era schierato a dare notizie in diretta della pioggia battente che scendeva Downtown.

A voler essere stati vagamente razionali, il sito del centro nazionale delle previsioni del tempo, ha continuato a mostrare per tutto il fine settimana che Irene – probabilmente il primo urgano della storia ad essere dotato di account Twitter – avrebbe dovuto fare quello che poi ha fatto:  smorzare la sua forza fino a tempesta tropicale, al momento del passaggio su New York City. Sarà l’effetto mediatico, sarà la legittima preoccupazione di evitare ogni rischio, l’allarmismo ha iniziato ad esondare venerdì, quando il sindaco Bloomberg ha iniziato a dichiarare l’evacuazione obbligatoria in aree a rischio. Il sindaco – reduce da aspre critiche per come ha affrontato gli effetti della nevicata record dello scorso inverno – si è speso dando costanti aggiornamenti e consigli ai newyorkesi, tra cui, il formidabile: “La Natura è pericolosa”.

Le regole dei newyorkesi per affrontare un uragano

Con il  senno di poi, i pochi media che non si sono scatenati nel panico collettivo, hanno potuto dare la loro opinione sullo tsunami mediatico che ci ha travolti. Resta in piedi il New Yorker che definisce la colonna  sonora dei nostri il tempi: “l’amplificazione dell’evidente verso la creazione di una paralizzante paranoia preventiva, il cui vero scopo è spingerti a non fare nulla, tranne tenere la televisione, e la radio, costantemente accese”.

Il mio personale momento di massimo panico è stato quando mi sono trovata in coda al supermercato di venerdì alle 3 del pomeriggio,  chiedendomi se avrei dovuto anch’io fare scorta di bottiglie d’acqua e batterie come stavano facendo tutti gli zelanti cittadini assiepati alla cassa.

Fortunatamente, da rispettabile aspirante newyorkese, non avevo comunque in programma di rimanere in città durante un fine settimana estivo. Mi trovavo dunque in Connecticut durante la tempesta e posso testimoniare pioggia incessante per quasi due giorni, vento forte, laghi e fiumi strabordati, notizie di allagamenti in cantina e persone rimaste senza luce (tra Long Island e Connecticut, più che a Manhattan, per la verità). Nonché, tra i massimi disagi,  il pizzaiolo della zona rimasto senza ingredienti domenica intorno alle 7 di sera. Probabilmente dovuto agli autentici newyorkesi evacuati in zona che anche in mezzo alla tempesta non hanno mai smesso di piazzare ordini a domicilio.

Alessia Pirolo

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