Percorsi religiosi o vie di fuga? Mistero e fascino delle Vie Cave

Ci sono delle montagne spaccate nel cuore dell’Italia, attraverso le quali passa la storia, anche quella molto antica, la tradizione e la nostra cultura. Si chiamano Vie Cave e, nonostante gli innumerevoli studi, nessuno oggi è in grado di dire cosa siano state esattamente, ricostruire la loro origine e il motivo della loro esistenza. Fatto sta che sono lì, tra il Lazio e la Toscana in quel tratto di Maremma che appartiene agli etruschi. Partiamo dai dati certi e dalla geografia. Siamo tra Pitigliano, Sorano e Sovana: tre borghi in provincia di Grosseto, molto vicini ai confini col Viterbese.

Le Vie Cave, come una rete viaria, collegano i paesi tessendo una ragnatela immaginaria. Si tratta di antichi percorsi, una sorta di ciclopici corridoi tracciati nella roccia di tufo e risalenti, appunto, all’epoca etrusca. Le gente del luogo le chiama anche ‘tagliate’: sembrano delle ferite che affondano fino a venti metri. Passarci attraverso produce un effetto indescrivibile.

All’interno di una delle Vie Cave

Molte le teorie sulla loro funzione: ci sono storici che parlano di un sistema di deflusso idrico o vie di fuga durante un attacco militare. Altri che raccontano di arcaiche vie di comunicazione o percorsi sacri in cui svolgere processioni per onorare la Terra Madre e i defunti. Sta di fatto che fino a pochi decenni fa sono state usate come strade di transumanza e per viaggi commerciali.

Percorrendo le Vie Cave vi imbatterete in tombe ed incisioni del periodo etrusco, mentre di origine medievale o ancor più recenti sono i numerosi scaccia-diavoli: nicchie contenenti immagini sacre che avevano lo scopo di rassicurare i viaggiatori. Percorriamole insieme partendo dal primo borgo.

Pitigliano, ‘la piccola Gerusalemme’

Pitigliano

Viene chiamata ‘la piccola Gerusalemme’ per via dell’insediamento (nel XVI sec.) della comunità ebraica, di cui è possibile tutt’oggi ammirare la sinagoga e numerosi edifici. Pitigliano è plasmata sulla roccia di tufo. Il ritrovamento di vani rupestri ci induce a pensare all’esistenza di un primordiale insediamento umano fin dal periodo eneolotico. Con la comparsa degli etruschi il paese assunse l’aspetto di un agglomerato urbano.

Il nome risale all’epoca romana. Secondo un’antica leggenda due esuli, Petilio e Ciliano, rubarono la corona d’oro di Giove Statore dal Campidoglio e si rifugiarono sulle sperone di roccia per sfuggire ai loro persecutori. Successivamente è passato sotto diverse potenti famiglie quali gli Aldobrabdeschi, gli Orsini ed i Medici.

Monumenti rilevanti sono: Palazzo Orsini, l’antica residenza della famiglia Orsini, signori della contea di Pitigliano, Sovana e Santa Fiora e il Teatro Salvini, costruito nel 1823; il Ghetto, antico quartiere costruito dalla comunità ebraica che visse a Pitigliano a partire dalla fine del XVI secolo, qui si trovano la Sinagoga, il Forno delle Azzime, la Macelleria Kasher, la Cantina ed il Bagno Rituale e infine le mura medicee.

 

Queste ultime sono un’imponente opera che contraddistingue la parte sud-orientale del centro storico di Pitigliano. Tra la decina di Vie Cave esistenti, qui si trova quella di Fratenuti. Per raggiungere l’ingresso bisogna attraversare il centro storico del paese, uscire dalla Porta di Sovana, seguire la Via Cava di Poggio Cani, una volta arrivati alla strada asfaltata attraversare e proseguire verso destra fino all’ingresso.

 

Vie Cave: Sovana e il Cavone con la svastica

Sovana

L’altro piccolo gioiello che contiene una delle Vie Cave più importanti è Sovana. Qui si trova il cosiddetto Cavone. Interamente scavato nella roccia tufacea, attualmente percorribile solo per alcune centinaia di metri, è una delle Vie Cave più suggestive di epoca etrusca che collegavano Sovana alle pendici di Monte Rosso e alla strada verso il Monte Amiata.

A metà del percorso si trova, ben conservata, una svastica che apparteneva alla simbologia etrusca e che rappresenta un’immagine stilizzata del sole. Lungo il tracciato dalle dimensioni ciclopiche, si trovano alcune tombe etrusche appartenenti alla necropoli di Poggio Stanziale. Vedendo il piccolo paese si stenta a credere che un tempo sia stata definita la ‘regina della Maremma’. Ciò che colpisce è il silenzio e l’orgoglioso silenzio dei suoi monumenti.

L’abitato è delimitato alle sue estremità dalla cattedrale e dalla Rocca Aldobrandesca. Sorge sulle fondamenta di un castello dell’XI secolo. E’ caratterizzata da un torrione ed è inserita nel circuito delle mura medievali poste a difesa del lato più accessibile. Dal ‘700 in poi è ridotta allo stato di rudere. A Sovana si trova anche la Via Cava di San Sebastiano, all’interno del Parco Archeologico. L’ingresso è situato qualche decina di metri dopo l’ex chiesa di San Sebastiano.

Sorano, la Matera della Toscana

Sorano

Il terzo scrigno nel triangolo etrusco è Sorano, chiama anche ‘la Matera della Toscana’ grazie alla sopravvivenza dei villaggi rupestri. La pesenza a Sorano di acque benefiche l’ha resa un un luogo termale sin dai tempi antichi utilizzato dalle nobili famiglie degli Aldobrandeschi e poi dagli Orsini per i bagni.

Oggi rimane uno stabilimento per chi vuole godersi momenti di relax. Al centro storico si accede dalla Porta di Sopra, detta anche arco del Ferrini. L’altro ingresso è la Porta dei Merli, detta anche Porta di Sotto, si trova ai piedi del Masso Leopoldino (fortificazione medievale che domina il borgo) e presenta una cornice in pietra a bugne sovrastata da uno stemma.

A Sorano si trova la Via Cava di San Rocco e collega il paese con il complesso rupestre di San Rocco. All’interno delle Vie Cave si è sviluppato un piccolo microclima che ha contribuito alla crescita di una vegetazione pluviale con muschi, licheni ed edere che contribuiscono a regalare ancora di più quel velo di mistero e suggestione.

 

Denise Faticante

 

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