Phill Reynolds torna con A Sudden Nowhere: il folk allarga gli orizzonti (nonostante il lockdown)

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Le radici nelle colline dell’Alto vicentino, la pianura padana e le valli dell’Alto Adige delle tante collaborazioni costruite negli anni, gli orizzonti vasti del Nord America e dell’Europa centrale attraversati in oltre 400 date macinate in tour: sono i punti fermi della geografia artistica e umana di Phill Reynolds – Silva Cantele all’anagrafe, «nato» nel 2012 come one man band a cavallo tra blues, folk e cantautorato dopo anni di attività in innumerevoli progetti tra cui Miss Chain & the Broken Heels e Radio Riot Right Now.

Un moto perpetuo che era fonte di ispirazione continua e che la pandemia ha forzatamente fermato. Non a caso si intitola A Sudden Nowhere il nuovo album che esce in questo gennaio 2021, a sei anni dall’esordio di Love and Rage. «Durante il lockdown non ho scritto neanche una canzone. Non ho toccato la chitarra per due mesi, eccetto per i live in streaming – racconta Phill Reynolds –. Ma ho avuto moltissimo tempo per riascoltare gli appunti sonori che avevo nel mio telefono e nel computer. Li ho rielaborati, assimilati e ne ho fatto una selezione».

Phill Reynolds, A Sudden Nowhere

Così quello che nelle intenzioni iniziali doveva essere un EP si è trasformato in un album completo e coerente – che si può preordinare qui e ascoltare in anteprima qui – formato da 11 brani composti nel corso degli ultimi quattro anni e registrati a più riprese al Beat Studios di Bolzano da Andrea Polato e all’Happenstance Records nel Mantovano da Marco Degli Esposti che si è occupato anche del mix, mentre il master è a cura di Maurizio Baggio (La Distilleria). Unica eccezione l’ultimo pezzo, un live: la cover di Nancy di Leonard Cohen interpretata in duetto con Francesca Amati, voce dei Comaneci, al Centro Stabile di Cultura di San Vito di Leguzzano.

A Sudden Nowhere trasmette profondità e coinvolge in un flusso sonoro denso e lento, ma anche in grado di dosare con equilibrio gli ingredienti emotivi che lo compongono. Profonda è la voce, vera protagonista, e dilatate sono le atmosfere create dalle chitarre pizzicate in un fingerpicking che, rispetto a Love and Rage, concede meno agli assoli e agli abbellimenti. Fino addirittura a scomparire come accade in Officer, scritta di getto dopo l’omicidio di George Floyd, in cui Reynolds maneggia basso e batteria e si avventura tra funk e r’n’b, dando vita a uno dei brani più riusciti.

Convincenti anche altre soluzioni di arrangiamento inedite come il sax di Massimo Dosoli in Time is Now, l’hulusi di Giuseppe Dal Bianco, la sega ad arco e il violino di Elisa Dal Bianco in Spring on Second Fret, uno dei brani strumentali dove è la voce a ritrarsi per fare spazio ad atmosfere intense e delicate.

«Mi sono un po’ staccato dall’obbligo, tra virgolette, di dover aderire a un genere come il folk – spiega il cantautore –. Le mie radici sono nel blues, certo, ma quando un brano funzionava senza chitarra mi sono detto: va bene così. Ho giocato molto con la voce, lo strumento che è più mio di qualunque altro». E che ben si amalgama con altre voci femminili oltre a quella di Francesca Amati: i cori di Marion Moroder – giovanissimo talento altoatesino con cui Reynolds ha in serbo nuovi progetti – e di Laura Campana – anche batterista nel gruppo post punk Hallelujah!.

Un aspetto che invece Reynolds continua a portare avanti è l’approccio Do It Yourself: A Sudden Nowhere è autoprodotto e, per il momento, disponibile solo in edizione digitale. «La mia intenzione è stamparlo in copie fisiche quando avrò la possibilità di portarlo in giro nei live – spiega –. Nel frattempo a chi vuole pre-ordinarlo invierò per posta una cartolina personalizzata fatta a mano da me, in attesa di potergli recapitare il disco».

Nella dimensione live – sperando che i concerti tornino al più presto come le altre manifestazioni culturali – A Sudden Nowhere potrebbe essere presentato con una formazione allargata. Nel frattempo Silva Cantele ha in serbo una nuova uscita: il primo singolo del quartetto Hearts Apart, un ritorno alle sue origini punk-rock’n’roll.

Giulio Todescan

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