Romania, la Corte Costituzionale reincorona Basescu

La Corte Costituzionale si è finalmente espressa in merito al referendum organizzato il 29 luglio per la destituzione del presidente della repubblica, Traian Basescu. Anche se il referendum è stato giudicato valido, non si è raggiunto il quorum richiesto di 50% più uno, quindi è fallito. I nove giudici costituzionali hanno messo così fine al conflitto tra il governo Ponta, appoggiato dalla maggioranza del parlamento, e il presidente Basescu che tornerà alla guida del paese.

In seguito alla formazione della nuova maggioranza parlamentare tra liberali e socialisti, il governo ha provato di forzare l’uscita di scena del presidente di centro-destra, troppe volte accusato di aver superato i limiti del suo mandato. In una sola settimana la nuova maggioranza ha destituito i presidenti delle due camere, l’avvocato del popolo, ha messo la gazzetta ufficiale sotto il controllo del governo e ha provato di svuotare le competenze della Corte Costituzionale. Azioni che hanno allarmato la società civile e l’Unione Europea, la stampa parlando di un vero colpo di stato a Bucarest.

Nemmeno davanti al mancato quorum al referendum il governo non si è fermato. Ha provato in tutti i modi di modificare le liste elettorali in modo di abbassare il quorum necessario per la destituzione del presidente.

Adesso però la Corte Costituzionale ha deciso l’esito di questa guerra politica senza esclusione di colpi.Chi ha perso? Tutti, ma soprattutto il paese. Il presidente Basescu esce indebolito visto che quasi metà degli elettori hanno votato per la sua sospensione. Il governo Ponta ha dimostrato di non sapere rispettare le regole della democrazia a soli pochi mesi dalle elezioni politiche di novembre, deludendo l’elettorato.

Ma il conto più salato sarà pagato dal paese. La profonda crisi politica ha buttato all’aria la fragile stabilità di una Romania alle prese con gravi problemi sociali ed economici, dilaniata da una corruzione endemica. Il paese non riesce ad allinearsi ai standard europei. Il 40% della popolazione vive in condizioni da medioevo, in mancanza di reti fognarie e di acqua corrente. Lo stipendio medio non supera i 350 euro nelle città, mentre nei piccoli centri regna l’autarchia. Per quanto riguarda il sistema sanitario e quello educazionale sono ormai ridotti allo stremo. L’ aspettativa di vita è crollata di 8 anni sotto gli standard europei, mentre l’istruzione è proibitiva nelle campagne. I giovani, l’ultima speranza del paese, sono partiti a milioni verso i paesi dell’Occidente. Guarderanno mai indietro con speranza?

Mi viene in mente una battuta che girava sotto il regime di Ceausescu, ma molto attuale: “L’ultimo che va via che spenga la luce!

Teodor Amarandei

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